V

6.5K 578 785
                                    

Thomas percorse il corridoio che gli era stato indicato dall'infermiera e si fermò di fronte alla porta recante il numero 55. Era in quella stanza che avevano spostato Newt dopo l'intervento alla gamba, che lo aveva visto costretto sotto ai ferri per diverse ore. Thomas fece per bussare, la mano stretta a pugno a pochi centimetri dalla superficie di legno, ma si trattenne. Non vedeva il suo migliore amico dal momento in cui era stato caricato in ambulanza e trasportato in ospedale, sotto gli occhi di decine di ragazzi curiosi. Minho si era occupato di avvisare i suoi genitori, poi aveva preso l'auto e se n'era andato da casa Bennet, trascinandosi dietro Thomas, Brenda e una Teresa piuttosto confusa, che non riusciva a impedirsi di fare domande. Erano arrivati in ospedale e si erano fermati lì per parecchie ore. Brenda si era accasciata su una sedia in sala d'attesa, la testa appoggiata alla spalla di Minho, e aveva finito per addormentarsi lì. Thomas aveva continuato a camminare in cerchio, torturandosi le dita delle mani. L'immagine di Newt che cadeva nel vuoto, i suoi occhi scuri spalancati dalla paura, le labbra dischiuse in un respiro smorzato... tutto continuava a ripetersi nella sua testa in un loop infinito, mentre il senso di colpa che gli attanagliava gola e stomaco si faceva più pesante a ogni suo passo.
« È tutto a posto, ragazzi », aveva detto un medico, tentando di tranquillizzarli. « Il vostro amico sta bene. Non c'è alcun bisogno di restare qui. Andate a casa ».
Thomas avrebbe preferito accamparsi in quella sala d'attesa e non andarsene finché non avesse sentito Newt pronunciare quelle stesse parole, ma Minho l'aveva convinto a lasciar perdere, « ché hai delle caspio di occhiaie così profonde da far invidia a L di Death Note! »
Così se n'erano andati e Thomas si era ripromesso che sarebbe tornato presto in ospedale, magari il giorno stesso, gli serviva giusto il tempo di una dormita; ma già lungo la strada verso casa il suo coraggio era venuto meno, rimpiazzato dell'incertezza, dal senso di colpa, dalla paura di ciò che avrebbe visto negli occhi di Newt (accusa, collera, odio, delusione?) e il solo pensiero era così difficile da affrontare, così doloroso, che credeva non ci sarebbe mai riuscito davvero. Lo aveva ferito in così tanti modi e senza neanche rendersene conto...
Erano passati due giorni. Alla fine, Thomas non aveva trovato più motivi per rimandare ed eccolo lì, davanti alla stanza numero 55, le nocche a poca distanza dalla porta, il corpo rigido, la mente focalizzata sugli scenari peggiori che si potessero concepire.
Dall'interno non proveniva alcun rumore. Thomas non ne era sorpreso, aveva incrociato la madre di Newt al piano inferiore, accanto ai distributori automatici, e ciò significava che Newt era solo. Thomas inspirò a pieni polmoni un paio di volte, nel vano tentativo di mettere un freno al battito del suo cuore, prima di trovare il coraggio e dare qualche colpo esitante alla porta. L'aprì prima che chiunque potesse dargli il permesso e sbirciò all'interno.
La stanza era luminosa. La finestra aperta lasciava passare l'aria fresca del tardo mattino e i raggi del sole, che si riflettevano sulle pareti dipinte di un bianco sporco. Newt era sdraiato in un lettino singolo. La sua gamba era imprigionata in un gesso che già recava i segni di svariate visite: schizzi fatti a penna, firme, messaggi e auguri di pronta guarigione. Il ragazzo si voltò verso la porta. Confusione, sorpresa e irritazione si susseguirono sul suo volto nel tempo di un secondo.
Thomas si schiarì la voce. « Ehi, Newt », lo salutò, mostrandogli una mano tremante.
Newt tornò a rivolgere la sua attenzione alla finestra. Sembrava annoiato. « Tommy », disse solo.
Thomas si guardò intorno, a disagio. « Come stai? », si sforzò di chiedere, sentendosi molto stupido un attimo dopo. Gli occhi di Newt incontrarono i suoi e Thomas si pentì di aver desiderato che lo facessero: nel suo sguardo era visibile l'astio che ne consumava le iridi scure. « Oh, tutto bene, come puoi vedere ». Il sarcasmo nella sua voce costrinse Thomas a distogliere lo sguardo. Il ragazzo si morse l'interno della guancia e annuì. « Per quello che è successo... », mormorò. Newt inarcò un sopracciglio. « Ricordi quello che è successo, vero? »
La risata amara di Newt si diffuse nella stanza. Lui scosse la testa e si passò una mano tra i capelli biondi. « Forse sarebbe meglio per te se non lo facessi », disse, « ma, mi dispiace deluderti, non ho ancora cominciato a soffrire di Alzheimer ». Il suo tono era tagliente, la voce brusca. Thomas non ricordava di averlo mai sentito parlare in questo modo. Non a lui, almeno. La cosa gli faceva più male di quanto avesse immaginato. Thomas dischiuse appena le labbra per replicare e cancellare ogni traccia di quel silenzio insopportabile, ma non riuscì a trovare niente da dire e tacque. Newt gli indirizzò un'occhiata che gli bruciò la pelle come fuoco vivo, poi distolse lo sguardo e lo puntò sulla sua gamba, nascosta sotto strati di gesso e messaggi scritti di fretta. « Senti, vattene da qui, Tommy », disse alla fine e la rabbia nella sua voce aveva ceduto il posto all'esasperazione. « Vattene. Non riesco nemmeno a guardare la tua brutta faccia di caspio ».
Thomas spostò il peso da un piede all'altro, torturandosi le dita delle mani. La pelle gli bruciava, lì dove le unghie avevano scavato solchi rossastri. « Io - ».
Newt gli impedì di continuare la frase. « Perché sei venuto qui? », sbottò. La vergogna divorò Thomas dall'interno, come un tarlo, impedendogli di articolare alcun pensiero coerente. Newt si lasciò sfuggire un'altra risata priva di allegria. « Ti aspettavi un cacchio di abbraccio, eh? »
Thomas tentò di ritrovare la voce. « Mi dispiace », gracchiò. Avrebbe voluto dire di più, ma la sua gola si era stretta nello sforzo di trattenere le lacrime, e il dolore si irradiava come veleno giù nel suo petto, impedendogli di respirare.
Newt non lo guardava. « Questo non rimette a posto la mia gamba, Tommy ». Fece per aggiungere qualcosa, ma si trattenne, mordendosi l'interno della guancia. « Senti, vattene. Davvero. Va' via, adesso ».
Thomas deglutì e annuì appena. Raggiunse la porta della stanza e uscì, combattendo contro le lacrime.
Non ebbe neanche la forza di dirgli ciao.

Paranoia - NewtmasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora