Capitolo 7: Cellulare

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Alla fine ho dovuto seguire Dokyeom a mio discapito senza proferire parola sul mio cellulare perduto; non ho potuto fare altrimenti.

E, se mio fratello osa anche solo chiamarmi durante questo periodo di tempo, sarò definitivamente finita.

Chiunque abbia ora in mano quel cellulare vedrà infatti sul display il nome "Chan oppa" e, sebbene in Corea sia pieno di omonimi, chiunque si stupirebbe visibilmente del fatto che io, pur essendo ai loro occhi un maschio, abbia rinominato un altro maschio "oppa". Al massimo dovrebbe essere hyung, e comunque si insospettiranno sicuramente.

È tutta colpa mia che non ho pensato di rinominarlo diversamente, dal momento che pensavo che non mi sarei mai separata dal mio cellulare nemmeno per un secondo.

Quando arriverà l'occasione giusta cercherò in tutti i modi di riappropriarmene, ma ora devo solo aspettare e sperare che Chan non chiami e non mandi nessun messaggio finché io non ne sarò di nuovo in possesso.

***

Dopo un'ora di lungo viaggio nel nostro pullman privato per andare dall'altra parte di Tokyo, giungiamo finalmente nel luogo prestabilito.

Ovviamente ci siamo dovuti fare tutti la doccia, visto lo stato indescrivibile in cui eravamo (o meglio, "erano") tutti ridotti dopo ore e ore di interminabili prove.

Io fortunatamente ho saltato l'ultima ora, altrimenti non so come diavolo sarei ridotta ora.

E comunque sono stata molto cauta, infatti ho chiesto espressamente al manager se, al posto di darmi una lavata nelle docce comuni, potessi utilizzare un box doccia privato, inventandomi la scusa che essendo un tipo cagionevole di salute avrei potuto ammalarmi o attaccare loro qualcosa.

Il manager, dopo l'iniziale opposizione, ha però fortunatamente acconsentito alla mia richiesta, per mia grande gioia.

E così ora sono qui, in questa stanza per i set fotografici, a sfoggiare assieme ai miei compagni di band uno dei miei migliori sorrisi. Ma in realtà dentro di me sto morendo di paura: se mi mettessi a cercare anche solo furtivamente il mio cellulare, essendo io una che è capace di tutto tranne che fare i sotterfugi, sicuramente risulterei sospetta.

Questo però, al contrario di come avrei pensato, può essere il momento perfetto per escogitare qualcosa. Tanto dovrò stare qui immobile, o tanto più cambiare posizione una volta ogni morte di papa, per altre due interminabili ore.

E quindi quale momento migliore per pensare a qualcosa, se non questo?

Anche se sto morendo di fame, e quando ho fame so benissimo che non riesco a pensare lucidamente, cerco di spremermi metaforicamente le meningi, ma dalla mia testa bacata non ne esce proprio un bel niente.

Nessuno di questi dodici ragazzi è (o meglio, è ancora) a conoscenza del mio segreto, ed in teoria non posso fare affidamento su nessuno di loro.

Ci sarebbero Dokyeom e Joshua che forse potrebbero aiutarmi, ma per ora non mi fido ciecamente di nessuno da poter confessare un segreto simile.

Quindi, se non voglio rischiare l'immediata espulsione dal gruppo, devo per forza agire da sola. Devo mettere in funzione i miei neuroni, cosa che non sono per niente abituata a fare.

Poi, con questi strani vestiti alla moda che non sono capace per niente di indossare, e del fondotinta che mi brucia in tutta la faccia, le mie facoltà intellettive non possono decisamente dare il meglio di sé.

«Dino, sorridi! La tua espressione in questo momento è troppo riflessiva, devi sorridere!» mi urla il manager che se ne sta poco più indietro dell'equipe di fotografi, riportandomi alla realtà.

13 Boys, 1 Heart ❥SEVENTEENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora