Capitolo 2.

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Il rumore dei miei passi pesanti riecheggia per l'immensa scalinata; con un lungo passo salto gli ultimi due scalini, provocando un tonfo che attira l'attenzione di quei pochi studenti che, stamattina, vagano per i corridoi. Mi osservano straniti, alcuni mi lanciano sguardi languidi, come se la visione di una figura femminile sia per loro qualcosa di totalmente nuovo.

 O forse la novità sono solo io: Dana Wilson.

Cammino veloce nel corridoio, scrutando con ansia i numeri incisi sulle porte, alla ricerca di quello giusto. Mi fermo di colpo quando noto la stanza 214 e, con fare furioso, inizio a batterci sopra i pugni, in preda all'ansia. Non ho idea del perchè tutto di me abbia deciso di reagire così, perchè siamo qui da nemmeno tre ore e ci credo veramente in questo cambiamento, ma ho bisogno di vederli.

Una chioma viola spalanca la porta con fare incazzato e io smetto finalmente di agitarmi sul posto, respirando a fatica.

Dovrei fumare di meno.

Lo sguardo di Michael si addolcisce, riconoscendomi, e senza dire nulla si fa da parte per farmi entrare.

Ashton è a petto nudo, sdraiato su quello che credo sia diventato a tutti gli effetti il suo letto: quello più vicino alla finestra. Sorrido tra me e me, perchè certe cose non cambiano mai: Michael ha sempre freddo, Ashton ha costantemente bisogno di aria fresca e la disposizione dei letti-che è identica a quella della nostra camerata femminile- li rispecchia a pieno.

«Dana stai bene?» Domanda il riccio, avvicinandosi velocemente alla mia figura ancora agitata e posandomi le mani calde sulle guance. Con i pollici mi accarezza gli zigomi ed io riesco ad annuire flebilmente, tranquillizzata dalla loro presenza.

«Vuoi sederti?» Domanda ancora e mi rendo conto di non aver ancora spiaccicato parola, ma forse sdraiarmi mi aiuterebbe ad analizzare meglio la situazione. Annuisco un'altra volta, incapace di fare altro. Michael mi osserva in silenzio mentre, con passo improvvisamente stanco e cadenzato, mi avvicino al letto del biondo.

Mi ci sdraio sopra e chiudo gli occhi. Tento di allontanare una serie di spiacevoli allucinazioni dalla mia mente malata, ma non ci riesco, perchè quando cresci nel marcio esso diventa l'unica cosa che riesci ad immaginarti. Cerco di pensare a un futuro migliore, di non lasciare che il panico si impossessi del mio corpo; tento di immaginare noi tre con una vita normale, ma in un posto circondato-ancora- da droga mi risulta difficile.

«Me ne voglio andare» Annuncio quindi.

«Cosa?.» Domanda shockato Michael, riesco ad immaginarmi i suoi occhi chiari spalancati e il pomo d'Adamo scendere e salire velocemente. L'ho osservato così tanto in questi anni.

«Me ne voglio andare» Ripeto.

Ashton rimane in silenzio, pare non esserci, ma la sua presenza è confermata dalla sua mano delicatamente posata sul mio addome. Michael, al contrario, è furioso, lo posso sentire dalle sue basse e veloci imprecazioni. 

Il rumore di una sedia che si schianta contro il pavimento mi spaventa, obbligandomi a spalancare gli occhi e ad alzare di scatto il busto. Ashton ha allontanato la mano dal mio corpo e, improvvisamente, mi sento spaesata.

«Tu sei pazza!» Urla Michael e si porta le mani tra i capelli, tirandoseli leggermente. Respira velocemente e profondamente, come un toro e io inizio ad averne seriamente paura: non lo puoi gestire uno come Michael, ti devi aspettare il peggio in qualsiasi momento da lui.

«Prima mi obblighi ad andare via da casa mia, poi dopo mesi decidi di andare via anche da qui, io non ti capisco Dana!Sei uscita completamente fuori di testa!» Continua ad urlare fuori controllo e io smetto, di punto in bianco, di aver paura di lui: non puoi aver paura di qualcosa che si avvicina tanto a te stesso. Non puoi aver paura del tuo riflesso.

Punto e virgola || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora