1) Work

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Mi sedetti sul muretto, all' interno dei cancelli della scuola e accesi una sigaretta, mentre aspettavo il mio migliore amico.

Gli studenti mi passavano davanti. Conformisti del cazzo. Sono tutti uguali: stessi gusti, stessi vestiti, stesso modo di pensare. Non voglio dire che i loro gusti sono una merda e i miei sono migliori. Ma nessuno, in tutta quella marmaglia di gente si distingueva. Tutti che seguono le tendenze.

Una figura alta si avvicinò a me. Lo riconobbi subito dai suoi capelli biondi, e il suo vestire tutto di nero, come il mio.

Presi l' ultimo tiro dalla mia sigaretta, poi buttai il mozzicone e scesi dal muretto, per avvicinarmi al mio migliore amico.

"Ehi Lukey!" Gli posai un bacio sulla guancia e lui mi sorrise.

"Ciao Mess!" Aggiustai la tracolla della borsa nera dei 'Three Days Grace' sulla spalla e ci incamminammo verso casa.

"Ci sarà un concerto di beneficenza il mese prossimo, che ne dici di andarci?" Luke interrupe il silenzio che si era creato tra di noi.

"Devo chiedere a mia madre, ultimamente è molto impegnata con il lavoro e vuole che l' aiuti."

"Si tratta solo di una giornata Mess-" Mi supplicò e io lo interruppi.

"Devo cercarmi un lavoro, Lukey. Quest' anno abbiamo l'esame e sai che non voglio continuare con l' università. Quindi, prima mi trovo un lavoro e meglio è." Si morse il labbro inferiore, facendo scontrare i suoi denti bianchi con l' anellino del suo pearcing.

"Tua madre non aveva convinto il signor George a farti lavorare al 'RockDisc'?" Chiese confuso.

"Si, ma non mi piac-" Mi bloccò, alzando gli occhi al cielo.

"Non piace a nessuno lavorare, Mess. Pensaci, fare la commessa in un negozio di dischi, non è niente male. A meno che tu non preferisca stare dentro ad una fabbrica." Si lasciò sfuggire una risata.

"Già, hai ragione. Comunque sia inizio domani, e se mi pagano entro il concerto, verrò." I suoi occhi si illuminarono e mi abbracciò. Ricambiai la stretta, aspirando il suo profumo.

"Adesso vado Lukey. Ci vediamo." Gli stampai un bacio sulla guancia ed entrai nel mio vialetto di casa.

"A più tardi, metallara." Risi per il nomignolo e mi chiusi la porta di casa alle spalle.

"Mess, sei tu?" Domandò la voce di mia madre, proveniente dalla cucina. Appoggiai la borsa sul divano ed entrai nella stanza.

"Ehi mamma." La salutai e mi sedetti al tavolo

"Il pranzo è sul tavolo. Com'è andata a scuola?" Disse posizionandosi vicino a me.

"Oh, bene. Non vedo l'ora di finire gli esami, così non dovrò più studiare." Addentai un pezzo di carne.

"E quando iniziano gli esami scritti?" Chiese, appoggiando i gomiti su tavolo curiosa.

"La prossima settimana." Continuai a mangiare e mia madre mi osservava, come sempre. Era così forte. Mi ha cresciuta senza l'aiuto di nessuno, senza un uomo al suo fianco. E questo perché mi ha concepito quando aveva diciotto anni e "mio padre", l'ha abbandonata per paura di non saper gestire la situazione.

Mi ha sempre parlato di questa cosa, in generale. E io non ho mai avuto il coraggio di approfondire la questione, perché ogni volta che parliamo di questo argomento i suoi occhi si colmano di tristezza, ed io non voglio vederla così.

"Allora sei decisa sul fatto di non andare all'università." Abbassò lo sguardo sulle sue mani, guardando lo smalto viola rovinato.

"Ne sono sicurissima, mamma. Voglio aiutarti con la casa e con il lavoro. Non voglio che spendi soldi per qualcosa di cui non ne sono convinta." Appoggiai le posate dentro al piatto, ormai vuoto, e le afferrai una mano, stringendogliela. "Voglio il meglio per te, Mess." Mormorò, con gli occhi lucidi.

"Non ho bisogno del meglio, mi basta ciò che ho." Le sorrisi, contagiandola.

Si alzò dal tavolo, avvicinandosi alla porta finestra che portava sul retro della casa, al giardino.

"Bene. Hai una sigaretta? " Chiese ridendo. Le sorrisi, per l' ennesima volta. Ecco perché amavo mia madre: era spericolata e viveva giorno per giorno. Lei voleva sentirsi libera, e si rifugiava nel suo mondo tramite il fumo. Ed io ero così, come lei. Era una sorella per me.

Mi alzai dalla sedia, raggiungendola. Porgendole il pacco di sigarette aperto. Ne estrasse due, dandomene una e io l' afferrai.

"Mmh.. non le ho mai provate le 'Lucky Strike'.." Disse guardando il nome della marca scritta sulla piccola sigaretta.

"Ma che me ne frega, basta che si fuma." Risi alla sua affermazione e aprii la porta finestra per far uscire il fumo.

Ecco il primo capitolo di "Black Heart". Spero vi piaccia e che continuerete a leggerla. Scrivetemi cosa ne pensate e votate!

Buone feste a tutti e buon Natale in ritardo! <3

#imTorn29 xx


Black Heart || M.C.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora