Lunedì l'incontrai nel castagneto. Per fortuna Gigi mi accompagnava. Egli aveva il suo schioppo ad armacollo e cantarellava da lontano prima che si fosse accorto di noi.
Tu non sai che dolce voce egli abbia! Io lo riconobbi subito: mi sembrava che il cuore mi scappasse dal petto, e avrei voluto allontanarmi,fuggirmene, per quel solito sciocchissimo turbamento... Il suo cane, Alì, ci vide pel primo, e ci corse incontro latrando e facendoci festa. Bisognava rimaner lì, non è vero?... malgrado che mi fossi fatta di brace, malgrado che tremassi tutta... Egli si sarà accorto del mio turbamento. Si avvicinò e mi stese la mano; dovetti dargli la mia, perché qui si usa stringere la mano anche agli uomini, e non mi par bene... poiché egli dovette accorgersi che la mia povera mano tremava...Per tornare a casa si doveva attraversare la parte più fitta del castagneto, e sul limite, ch'è assai
roccioso, c'erano molti sterpi e spine. Egli volle accompagnarmi e darmi il braccio. Tremavo talmente ch'egli mi disse: «Appoggiatevi francamente, signorina; voi inciampate ad ogni passo». Ed era vero. Si fece un bel tratto di strada in silenzio, e camminando io spingevo apposta col piede le foglie secche che coprivano il suolo, per nascondergli il battito del mio cuore.
Egli avrà avuto pietà del mio imbarazzo, poiché tentò rompere quel silenzio dicendomi:
«Che bella giornata! che bella
passeggiata abbiamo fatto!» e sospirava... Anzi Gigi si lagnò che io gli camminassi sui piedi... Poi ci mettemmo a sedere su di un muricciuolo accanto alla vigna, e lui mi si pose al fianco. Io non vedevo che il calcio del suo schioppo che disegnava sulle zolle certe bizzarre figure. Alì venne a posare la sua grossa testa sui miei ginocchi sorridendomi con quei suoi begli occhi pieni di vita; io lo
accarezzavo ed esso mi ringraziava dimenando la coda. Il suo padrone mi disse: «Vedete come vi
vuol bene Alì? Lo amate voi?». Non so perché quell'innocentissima domanda mi commosse tutta, e mi parve d'amare immensamente quel povero Alì... E accarezzò anch'egli il suo cane...
e allora le nostre mani s'incontrarono, e sentii che la mia tremava. Il mio silenzio istesso m'imbarazza. Cercavo una rispostane non seppi balbettare che: «Come è bello il vostro cane, signore!...»Egli non disse più nulla e sospirò. Perché sospirava? Sarà anch'egli infelice, poverino! Infatti da
qualche giorno m'è parso più malinconico... ed in quel momento che egli sospirava provavo per lui
una gran tenerezza, e non più il solito sgomento, bensì un sentimento tanto amichevole che avrei desiderato essere un uomo come lui, un suo amico, un fratello, per gettargli le braccia al collo e chiedergli che cosa lo affliggesse così, per confortarlo o per dividere almeno con lui le sue pene.Oh! sì! son peccatacci grossi!... e chi sa quanto dovrò soffrire nel farne la confessione! Poi ne ho sulla coscienza un altro più grosso ancora... una viva curiosità... di conoscere che cosa lo rattristasse in quel modo... Noi altre donne siamo tanto curiose!... Ma capisci benissimo che non osai domandarglielo.
D'allora non lo vidi più che la sera, insieme ai suoi. Non ardisco più uscir sola. Agucchio, agucchio alla mia finestrella, e tutti i giorni allorché odo la sua voce o il fischio con cui chiama il suo cane, laggiù nel bosco, allorché mi sembra vedere un'ombra passare rapidamente fra i gruppi lontani degli alberi, il cuore mi batte come quando eravamo rimasti in silenzio, l'una accanto all'altro, colle mani posate sulla testa di quel bel cane.
Tutte le volte che l'incontro provo lo stesso turbamento, ed è perciò che evito d'incontrarlo. Ma accade delle volte che non posso sfuggirlo, capisci!... che devo dissimulare il mio soffrir e restar lì.
Quand'egli mi guarda, il cuore mi balza nel petto, e vorrei morire per nascondere il mio rossore...
Mi pare che tutti gli occhi sieno fissi su di me a domandarmi perché arrossisco... ed io, Dio mio!...
non saprei dirlo... non lo so! Pure appena posso approfittare del primo pretesto vado a rifugiarmi nella mia cameretta, a nascondere fra i guanciali il viso infuocato, e piangere... non so... ma mi pare
che il pianto mi faccia bene e mi alleggerisca di un gran peso!Frattanto ieri l'altro, mentre mi asciugavo gli occhi, vidi un'ombra alla finestra. Era lui! che appoggiava i gomiti al davanzale e si teneva il volto fra le mani... Ti lascio immaginare come rimanessi! Anche lui era assai turbato. Volle sorridere e mi parve che piangesse, tanto quel sorriso era
triste. Poscia balbettò: «Perché ci fuggite, signorina?». Avrei desiderato che il suolo si fosse aperto ad inghiottirmi. Per fortuna sopraggiunse mia sorella. Mi fu d'uopo uno sforzo miracoloso per calmarmi o piuttosto per imporre al mio viso di mentire, e andai a raggiungere la comitiva che si sollazzava sulla spianata. Giuditta era accanto a lui, gli parlava, rideva, era tranquilla, non tremava...lei!
Oh! il convento! il convento! Ecco quello che mi abbisogna, che è fatto per me. Al di fuori non c'è che turbamento e sofferenze.
Vedi... mi crederanno cattiva lui pel primo! Dio che mi legge in cuore sa che io non sono tale, che io non ci ho colpa se la mia timidità, le mie abitudini tanto diverse dalle loro mi fanno sembrar cattiva! Ma chi mi crederà?... Ieri mentre tutti rientravano in casa, perché il fresco della sera era divenuto frizzante, egli mi si accostò, triste, pallido, mi prese la mano, tremavo talmente che non seppi ritirarla, ero sbalordita... egli mi disse colla sua voce più dolce: «Che vi ho mai fatto, signorina?Perché mi fuggite?...».
Mio Dio! Mio Dio! Avrei voluto buttarmi ai suoi piedi, domandargli perdono, dirgli che s'ingannava, che non era colpa mia... Non so che cosa dissi, non so che cosa balbettai. Sopraggiunse Annetta, mi buttai fra le sue braccia, e mi sfogai in pianto.
Marianna mia, cerca un conforto per me, aiutami!... Anche tu mi
abbandoni! Son sola, sono triste,sono infelice!... Prega Iddio che mi faccia presto ritornare alla mia tranquilla e modesta esistenza, e
che nel silenzio di quei corridoi si estingua il soffio tempestoso che viene dal mondo a turbare la
sbigottita anima mia.Ti ho scritto cogli occhi velati di lagrime; non so nemmeno quello che ho scritto. Perdonami ed
amami, ché ho molto bisogno di essere amata.
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Storia di una capinera
ClásicosIncanto, tempesta, delirio in un sogno d'amore proibito. Libro di Giovanni Verga.