CAPITOLO 6 | LA VERITA' DI UN PAIO D'OCCHI.

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Fabian OVA


Eravamo ormai agli sgoccioli.

L'avevo ferita sul serio adesso, lo sapevo bene, ma non potevo fare altro che farmi odiare se volevo continuare a proteggerla. Mi tenni la testa fra le mani con i gomiti appoggiati sul banco in cerca di una via d'uscita da quella maledetta situazione, per me disastrosa.Mi tornarono in mente le parole dell'angelo che mi mandò qui: "dovrai proteggere l'umana, senza innamorartene", ma io non la stavo proteggendo, anzi, la stavo uccidendo con le mie stesse mani. Ma che cavolo stavo facendo? La mia mente tornò lucida dopo quelle tempeste e maremoti che mi stavano travolgendo, le mie mani tornarono slegate, finalmente avevo centrato l'obbiettivo. Mi alzai di scatto per correrle incontro. L'avevo capito adesso, non avrei dovuto correrle dietro, ma camminarle accanto fin quando non avessi assolto al mio dovere. Ero pronto adesso. Sentivo la pelle bruciare terribilmente, come stessi andando a fuoco. 

«Lily!» dove si era andata a cacciare? Mi domandai ormai all'esasperazione.Fermai due ragazze nel corridoio col respiro regolare, mi faceva uno strano effetto. «Sapete dove è finita Leilah? L'avete vista?» timidamente mi guardarono col sorriso di chi è stato colto sul fatto mentre parlavano del soggetto stesso che si son ritrovate accidentalmente davanti agli occhi.Sorrisi con fare da ragazzo impudente.«Uscirò con entrambe se mi dite ciò che voglio sapere» sussurrai suadente, sorridendo a mezza bocca.Arrossirono immediatamente, indicandomi il bagno delle ragazze con le dita e con lo sguardo.«Grazie ragazze» correndo verso il bagno tornando improvvisamente serio.Bussai ad una porta dove avevo intravisto dei piedi, riconoscendo le sue scarpe, e i singhiozzi che rimbombavano all'interno del bagno. Mi faceva male sentirla piangere, però era colpa mia. Sentivo il mio cuore muto spezzarsi in briciole a quei singhiozzi strozzati che tentava di celare.«Leilah...» mormorai appoggiato contro la porta con la speranza di vederla aprire.«... Aprimi, per favore» accarezzai la porta sentendola scoppiare sempre di più in lacrime.Stavo diventando un mostro. In ogni sua goccia d'acqua versava sè stessa, insieme a tutta la mia rabbia.

Leilah OVA

Ero devastata.

Udivo la sua dolce voce attraverso quella porta, e volevo aprirgli, ma le mie mani si rifiutavano di obbedire. Di seguire il mio volere. Appoggiai la mano alla porta, così come la fronte singhiozzando rumorosamente. Non sapevo come reagire, sentivo solamente un gran bruciore alle gambe, laddove avevo passato la lametta che accidentalmente, avevo scordato nella borsetta. Non avrei voluto, la mia mente non era lucida. Mi facevo schifo per quello che mi ero fatta. Mai più avrei toccato quella merda. Sentii delle ragazze entrare nel bagno con delle risate da galline che mi squassavano il corpo. Il mio sguardo si fece vitreo alle loro parole. 

«Hai sentito cos'ha detto William? A quanto pare Leilah glie l'ha data anche a lui, l'ho sempre detto che è una poco di buono quella ragazza, anche se fa tanto la santarellina. Invece l'ha data a tutta la scuola». Le mie gambe tremarono. Poi sentii solo un corpo sbattuto contro una porta con violenza.

«Prova a ripeterlo se hai coraggio, stronza. Prova a dirlo davanti a me adesso. Controllerò se tu le gambe le hai tanto chiuse o ce l'hai sfondata, ma è più probabile che ti abbiano sfondato la bocca dato tutte le cazzate che dici. Azzardati ancora una volta a dire certe cose su Leilah, e ti farò pentire di avere la vagina e di emettere aria. Sono stato chiaro?» misi le mani alla bocca per trattenere un qualsiasi verso. Fabian mi aveva appena difesa? Davvero? Nessuno lo aveva mai fatto, erano anni ormai che ero vittima di bullismo, ma nessuno mi aveva mai protetta.Non capivo. Perché l'aveva fatto? Per quale ragione? «Scusami, io non... mi dispiace. Non succederà mai più. Lo giuro!» gridò la ragazza spaventata, ormai in lacrime. «Vattene.» Le disse Fabian un attimo dopo. La sentii correre fuori dal bagno, ripresi lucidità, e aprii la porta. «Mi hai... difesa. Perché?» gli chiesi abbassando la testa.Si avvicinò a me, anch'egli con la testa abbassata, evitando il mio sguardo. «Ti ho ferita in classe, mi dispiace. Sono stato uno stronzo. Però ti assicuro che non ti farò mai più una cosa del genere. Voglio esserti amico, non voglio più... farti la guerra, Lily. Mai più.» Abbozzai un sorriso sollevando il capo, pronta a reggere il suo sguardo. Così fece anche lui, sorridendomi. 

Dio, com'era bello il suo sorriso.

Annuii.

«Tagliamo? Andiamo via. Andiamo a fare un giro. Ti va?» mi domandò divertito.

«Dici sul serio? Sei forse diventato pazzo?» rise seriamente divertito prendendomi per mano.

Correndo verso la segreteria cercando di non farsi vedere, e con abilità sfuggimmo ai controlli di quella bacchettona che lavorava lì.

Tornammo in classe sempre mano nella mano, ed io continuavo a guardarle. Amavo il suo tocco, nonostante fosse ghiacciato. Era insolito. Prendemmo le rispettive borse, mentre Avery, Erik e Alex mi studiavano incuriositi e confusi. Avery mi tirò per i capelli per avvicinarmi a lei.

«Che stai combinando con quello lì? Dove state andando?» chiese sospettosa. Ridacchiai mordendomi il labbro. «Stiamo per evadere da scuola.» Le risposi divertita. Rise anche lei. «Allora veniamo anche noi, giusto ragazzi?» Alex mi guardò con un velo appena accennato di rabbia, o fastidio, non sapevo dire cosa prevaleva nei suoi occhi. Ma sicuramente non era nulla di buono. Dopodiché, annuì acconsentendo nel venire. 

Erik era già pronto.

Fabian mi lanciò uno strano sguardo di disapprovazione, riprendendomi per mano, forse inconsapevolmente. 

Alex lo incenerì.

Intrecciò le dita alle mie accompagnandomi verso la porta per l'uscita.

Guardai in direzione della segreteria notando con piacere che non c'era un'anima lì intorno.

Ci dirigemmo tutti in macchina felici, tranne il ragazzo che mi amava.

Lo guardavo di sottecchi cercando di calmarlo con lo sguardo.

«Guido io, tu puoi metterti davanti con me se vuoi» disse Fabian, sorridendo.

Feci cenno di sì accomodandomi accanto a lui (nella mia macchina), ridacchiai. 

In effetti, non avevo granché voglia di guidare.«Dove vogliamo andare, ragazzi?» domandò a tutti mettendo in moto.

Li sentivo borbottare qualcosa di incomprensibile.

Lui non distolse neanche per un attimo gli occhi da me.

Mi facevano da seconda pelle ormai.

Sorrisi fra me e me, perché sapevo perfettamente che la domanda "dove volete andare" era riferita a me, così come penso che lui sapesse per certo, fin quando ci fosse stato lui al mio fianco, del "dove" non mi sarebbe mai importato.






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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 28, 2015 ⏰

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