Capitolo 2 | Legami

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La seconda ora suonò poco dopo.

Quel ragazzo era davvero imprevedibile.

Il professore spiegava la lezione e di tanto in tanto poneva domande per valutare il nostro livello di attenzione alle spiegazioni.

La cosa che mi turbava era che Fabian, nonostante non seguisse, passando il tempo a stuzzicarmi con insinuazioni al quanto volgari, sapeva rispondere ad ogni domanda con precisione e chiarezza. Lo guardavo come se fosse un alieno. Per tutto il tempo non riuscii a distogliere lo sguardo da lui neanche sforzandomi con impegno.

Qualcosa in lui catturava la mia attenzione come una calamita, e lui lo sapeva e si divertiva nello scatenare in me sensazioni del genere.

Questa situazione m' imbarazzava e irritava al tempo stesso.

Si voltò verso di me, stavolta senza sorridere. Sembrava mi stesse studiando con accurata attenzione, come se cercasse qualcosa nel mio volto.

La sua espressione ora, si tramutò in dolore. Un dolore che a stento riusciva a nascondere. Mi fece male. Una fitta mi attraversò dalla testa ai piedi intorpidendomi completamente, ma si soffermò sul mio stomaco e sul cuore.

Percepii un nodo in gola, come se stessi trattenendo le lacrime, ma dentro me non ne capivo la ragione.

Mi prese una ciocca di capelli con le dita, intrecciandosela intorno senza parlare ed io inevitabilmente lo lasciai fare senza riuscire a muovere un muscolo.

In un sussurro quasi impercettibile disse una frase che mi scosse del tutto.

"Sei identica a lei." Sorrise con un'inspiegabile tristezza incastrata fra le labbra piegate in quel sorriso che somigliava ad una smorfia.

Ritirò immediatamente la mano.

Il mio cuore si fermò per un momento apparentemente lungo quanto una vita.

Gemette.

Prima che potessi controllare la mia curiosità divorante, gli posi la domanda che mi scoppiava in testa. - "A lei... chi?" - mi guardò con rabbia e disappunto.

Sbatté le mani violentemente sul banco, attirando l'attenzione di tutti su di noi."Fatti gli affari tuoi!" gridò facendomi tremare. Le lacrime mi bruciavano la gola.

Si prese lo zaino e, senza minima delicatezza uscì dall'aula sbattendo la porta. Rimasi seduta, ancora tremante e ansimante fissando la porta.

Il chiacchiericcio si alimentò, sopraffannando la voce dell'insegnante che tentava ostinatamente a richiamare l'attenzione, ma inutilmente.

Sentii Erik spostarsi al posto accanto al mio, laddove sedeva Fabian una manciata di minuti fa.

"Lilly, stai bene?".

La voce di Erik esprimeva una grande preoccupazione, tanto che la sentii tribolare.

Annuii.

Cercò dolcemente di darmi conforto accarezzando gentilmente la mia schiena. Ma la mia unica preoccupazione era Fabian. Il mio unico pensiero era lui. Il suo sguardo sofferente e intenso. Quel dolore che lui cercava a vuoto di soffocare, faceva male anche a me, ma non ne comprendevo il motivo.

Di lui non m'importava nulla.

Lo odiavo. Eppure le sue pene le sentivo mie.

Al rintocco dell'ultima ora, mi alzai dal mio posto rimettendo i libri nello zaino, ansiosa di tornare a casa e abbandonarmi ai pianti che soffocavo in gola dal momento dell'accaduto.

Stavo così male che a malapena mi accorsi dell' arrivo di Alex e Adam.

Entrambi parevano essere in forma alquanto penosa. Si tenevano una mano sulla testa come se quel gesto calmasse il dolore post-sbornia.

Ridacchiai vedendoli.

"Ciao ragazzi! Vedo che siete in forma smagliante oggi!" - sogghignai.

"Quanto sei simpatica, Lilly! A me sta esplodendo la testa!" rispose Adam.

Frugai nello zainetto e gli porsi una bustina di un antidolorifico.

"Prendila, ti farà bene. Ne vuoi una anche tu, Alex?" - mi guardò sorridendo - "No, grazie. Ho bevuto una bella spremuta con degli intrugli strani inventati da mia madre." rise, ed io lo seguii a ruota.

Uscimmo tutti insieme da scuola, ma davanti al portone una mano mi strinse il polso attirandomi. Feci per gridare, ma con l'altra mano mi tappò la bocca fin quando si allontanarono tutti.

Tolse la mano dalla mia bocca e mi voltai.

Lui mi guardò.

"F.. Fabian! Ma che ti é preso? Mi hai spaventata a morte!" Sbottai.

"Volevo scusarmi con te per la scenata avuta in classe. Sono desolato, non era mia intenzione." lo guardai storto."Ti scusi sempre, ma non fai che trattarmi uno schifo. Sono stanca, lasciami in pace e sta' alla larga da me!" - le mie mani tremavano come foglie.

Mi ignorò.

"Ti va di farti un giro con me?" - la sorpresa mi avvolse, ma per poco, su di me prese il sopravvento un'enorme carica di rabbia -"con te, io non vado da nessuna parte!" - annuì e mi liberò il polso andandosene senza proferire altre parole.

Rimasi appoggiata contro il muro laddove mi aveva lasciata.
I pensieri mi scorrevano velocemente, il calore della sua mano calda che mi stringeva il polso mi infiammò il corpo, facendomi fremere.
Il suo viso distante dal mio che bastava un respiro per unire le nostre labbra. Chiusi gli occhi provano ad immaginare che sapore potessero avere.
Una voce interruppe i miei pensieri.
"Leyla! Ma che ci fai lì? Ti stavamo cercando!" urlò Alex avanzando verso di me.
Sorrisi, cercando di apparire normale."Scusami, io sono stata trattenuta da Karen. Voleva sapere se domani ci sarà qualche prova." Mentii.
Non volevo raccontare la verità.
Non volevo pensare a lui.
Mi circondò le spalle con un braccio sorridendo, mentre io gli circondai la vita con il mio seguendolo fino alla mia gip, dove mi aspettavano tutti, molto ansiosamente.
Salimmo in macchina, accendendo la radio che trasmetteva la mia canzone preferita: Runnin' di Adam Lambert.
L'avevo scoperto da poco, ma persi la testa per lui e la sua voce mozzafiato.

Ci mettemmo a cantare stonando, ma ad ogni parola della canzone ridevamo come matti, perfettamente a conoscenza della nostra inesistente bravura nel canto.

Alex mi stringeva la mano che avevo posato sulla marcia. Da quando salimmo in macchina i suoi occhi non mi abbandonarono neanche per un misero istante.

Sorrideva sempre, ma completamente coinvolto dalla mia presenza.

Avrei voluto lasciargli la stretta, ma qualcosa dentro di me mi spingeva a stringere più forte, come se in quella mano cercassi di aggrapparmi a qualcosa di "normale".

L'arrivo del nuovo compagno di classe mi aveva completamente stravolto la giornata, e speravo di tutto cuore che il giorno dopo non si sarebbe ripetuta l'esperienza.

Il tocco dell'angeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora