Capitolo 1

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Odio il lunedì mattina. Ma solo quello. Il resto dalla giornata mi piace molto.

Credo che la cosa peggiore sia doversi alzare presto il mattino dopo essere andati a letto tardi il giorno prima (nel mio caso, alle due di notte).

Quindi niente, il mattino sembro sempre uno zombie affamato, anche perchè mia madre non sa cucinare: a colazione mangio sempre i soliti cereali che scadono il giorno dopo, ma niente di speciale. Tanto ci sono abituata.

"Cassie, il latte è feddro." E riscaldatelo, vorrei rispondere a mio fratello, ma tanto qui tocca sempre a me fare tutto, e questo solo perché sono la più grande.

"Dammi qua." Prendo la tazza di Connor e la infilo con poca grazia nel forno microonde. Mentre il latte riscalda, finisco di mangiare i cereali che oggi hanno un sapore ancora più cattivo degli altri giorni. Controllo la scatola: scadenza 5 ottobre 2015. Ottimo, sono scaduti da quasi una settimana.

Il latte deve essere pronto perché il forno microonde si mette improvvisamente a suonare come se non ci fosse un domani, così recupero la tazza e la restituisco al più grande dei miei fratellini.

Filo in camera, indosso un paio di jeans (non che abbia molta scelta) e la mia amata felpa rosa, poi prendo la cartella e esco di casa.

Il McKinley dista pochi chilometri da dove vivo io, quindi per comodità prendo sempre il bus.

Per fortuna arrivo appena in tempo, timbro il biglietto e vado a sedermi sul fondo, dove vado sempre.

Credo di conoscere il ragazzo seduto accanto a me. In verità ne sono sicura visto che stava in classe con me alle medie.

Si chiama Simon Price, tipo interessante, dico davvero. Ha i capelli castano chiaro sempre tenuti un pò in disordine e gli occhi marrone chiaro. È proprio carino... e mi è da subito sembrato simpatico.

Il problema è che non parla mai con nessuno. Al McKinley è difficile farsi amici, se poi si è pure timidi, buona fortuna... Comunque mi ispira fiducia e il primo o poi gli parlerò.

Ha le cuffiette nelle orecchie quindi probabilmente non si è neanche accorto di me. O forse sì, ma mi ignora, il che è ancora più probabile.

Il bus si ferma e io scendo seguita da Simon. Prima ora: fisica.

***

Per fortuna fisica passa in fretta, come del resto tutta la mattinata.

All'ora di pranzo raggiungo la mensa in anticipo per poter prendere posto ad uno dei tavoli. Quando poi la sala inizia a riempirsi, due cheerleader dai capelli vistosi vengono a sedersi accanto a me. Una ce li ha ricci e scuri, l'altra rossi fiammeggianti. Non mi guardano neanche. Continuano a parlare fra di loro come se non esistessi.

Ad un certo punto la ragazza dai capelli rossi comincia a tamburellare le dita sul tavolo, successivamente aggiunge il suono prodotto dal cucchiaino battuto a tempo sul suo bicchiere.

Resto ad ascoltare quel bellissimo ritmo fin quando la cheerleader non si accorge di me e quindi smette di produrre quella splendida melodia.

Dopo poco lei e la sua amica si alzano e se ne vanno lasciandomi allibita. Io l'ho detto che i talenti nascosti esistono qui al McKinley!

***

A casa non vi dico come me la spasso. Anche perché non lo posso fare, visto che non me la spasso proprio per niente.

Ho tre fratelli più piccoli: Connor che ha otto anni, James che ne ha quattro e Louis che ne ha appena uno.

Non sono tutti miei fratelli biologici, solo Connor lo è. Gli altri due sono figli di mia madre e di un tipo con cui è stata per un bel pò, che proprio cinque mesi fa l'ha lasciata per poi andarsene di casa. Quindi adesso mia mamma è ricaduta in depressione dopo un lungo periodo durato otto anni e io devo badare a tutti questi bambini chiassosi e fastidiosi.

"James non indossare le scarpe della mamma. Hanno i tacchi, se cadi ti fai male." James è... come dire... molto femminile. Adora indossare i vestiti miei e della mamma e ancora di più mettersi il rossetto. E sì, ha solo quattro anni. Credo che sia stato anche in gran parte a causa sua se l'ex di mia madre l'ha lasciata. Era molto omofobo e forse non voleva crescere James.

Per fortuna mia madre si presenta a casa di buon'ora. Vado subito ad aprirle la porta. Vorrei stringerla in un forte abbraccio ma anche dirle che io ho una mia vita e che crescere i miei fratelli più piccoli non è mai stato scritto su nessun contratto. Ma rimango zitta, il che è sempre meglio.

"Non sono passata a fare la spesa. Ordina delle pizze perpiacere." E poi si dirige verso la sua camera da letto. Ora mi deprimo anche io... Non ha neanche controllato se i suoi figli stavano bene... Che vergogna.

Prendo il telefono e ordino una pizza margherita dal ristorante che sta proprio sotto casa nostra e che fa consegne a domicilio gratuite. Di fatti l'ordinazione arriva una decina di minuti dopo.

Vado ad aprire la porta e... Simon Price? Simon Price fattorino?

"Emh... Buonasera." Sinceramente non so come comportarmi. Dopo aver incontrato a mensa quella cheerleader dal talento così spontaneo ora mi capita pure di ricevere una pizza da un compagno di classe delle medie.

"Ciao." Il biondino sembra aver fatto uno sforzo incredibile solo per pronunciare questa parola così breve.

"Emh... quanto ti devo?" Simon mi mostra lo scontrino. Gli dò i soldi e lui sorride in modo debole. Chissà, forse sta facendo un'enorme sforzo anche per questo.

"Grazie." Aggiungo con un sorriso un pò incerto. Per ragioni a me sconosciute, Simon resta fermo impalato davanti all'uscio.

"Emh... Ci vediamo domani a scuola allora, eh?" Questo sarebbe un modo cordiale per dirgli "grazie mille per la pizza, ora puoi pure andartene". Questa volta annuisce e poi se ne va.

Appena sparisce dietro l'angolo del corridoio, una strana nostalgia mi invade il cuore. Mi levo di dosso quell'emozione e torno dentro casa chiedendomi perché l'ho appena provata.

"Chi vuole una fetta di pizza?" Ovviamente tutti alzano la mano.

Ask: Cosa ne pensate di questo inizio?







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