Capitolo 7 una nuova famglia

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Milano, Corvetto, 2003, 02.25 di notte

<<corri Nico, corri, ci stanno dietro>> gridavo stringendomi più forte a lui mentre lui girava con forza la manopola dell'acceleratore facendo schizzare lo scooterone bruscamente in avanti, mi ressi con più forza per non essere sbalzato indietro.

Le sirene dei carabinieri mi stavano fracassando i timpani, e i lampeggianti illuminavano la strada ad intermittenza, colorando palazzi, automobili, e alberi di un blu elettrico che per un attimo lo vidi pulsare alla stessa velocità del mio cuore. Avevo piena fiducia in Nicolò, sapevo che era un ottimo guidatore perciò mi fidai mentre sfrecciavamo a più di centocinquanta km orari in pieno centro città.

<<tieniti forte ora>> disse Nicolò con un ghigno stampato in faccia mentre saliva sul marciapiede per evitare le macchine che ci venivano incontro, la strada si divideva in due vicoli uno dei quali era un senso unico da cui stava fuoriuscendo una macchina. <<a sinistra>> gridai e Nico piegandosi con tutto il corpo curvò così rapidamente che senza nemmeno accorgermene stavamo già percorrendo il vicolo in contromano seminando i carabinieri che proseguirono dritti per l'altra via.

<<grande! Beddazzo>> dissi, tirandogli una pacca sulla spalla.

<<minchia il pilota>> gridava alzandosi in piedi sullo scooter con il braccio al cielo. <<Valentino Rossi>> sentivo il suono delle sirene diminuire ad ogni metro che percorrevamo, Nico continuò per qualche minuto ad esultare, poi si calmò.

<<Beddazzo andiamo in zona, così lasciamo il mezzo in box>>

<<ok Davìddu>> era così che mi chiamava quando era contento o quando avevamo fatto qualche cazzata, altrimenti mi chiama semplicemente Da!

Nicolò era un catanese, i suoi erano emigrati al nord da parecchi anni, il padre stava scontando vent'anni per una rapina finita parecchio male. vivevo con lui, i due fratelli più piccoli, la zia e la madre da quando scappai dal Kim. Più che una fuga dal Kim diciamo che non opposi resistenza all'adozione da parte di una coppia di Torino. Passai altri sei anni in collegio dopo che Angelo fu spostato. E l'adozione fu un'azione pianificata appositamente per poter fuggire una volta giunto nella nuova casa.

E così fu, dopo pochi giorni passati ad accumulare viveri, vestiti e un po' di denaro che rubai dai portafogli dei poveri malcapitati che mi avevano adottato, una sera scappai prendendo il treno per Milano con la speranza di tornare dalla mia famiglia, e di riuscire a ritrovare Angelo.

Ma così non fu, tornai a Milano, dopo un po' di ricerche riuscii a ritrovare il quartiere dove ero nato, ma purtroppo non trovai nessuno nell'appartamento. Mia madre non abitava più lì, me lo confermò Maria, una donna che abitava sotto di noi, che prese subito a cuore la mia storia e mi invitò a stare da lei. Poco dopo ci trasferimmo in un appartamento nelle case popolari di Barona, un quartiere vicino. Vivevo con Maria, sua sorella Barbara che aveva tre figli, Nicolò che aveva due anni in più di me, Maikol che ne aveva sette, e il piccolo Alessandro di quattro.

<<dai che con questo Tmax ci facciamo almeno due pali (2000)>> dissi mentre fissavo il mezzo che avevamo appena rubato

<<si, so già a chi piazzarlo tu Davìddu non ti devi preoccupare di niente, ci penso io>>

<<certo merda che ci pensi tu? l'ultima volta mi sono fatto io lo sbatti, e tu ti sei preso pure tre gambe e mezzo (350) in più>>

<<dai muoviti va! apri il box>> mi disse evidentemente irritato perché sapeva che avevo ragione.

<<a sto giro spartiamo uguale>> dissi <<capisti?>> mi misi a ridere

<<aaa! Pure siciliano ti mettisti a paillare?>>

Scherzavamo sempre e ci piaceva punzecchiarci a vicenda, la sua presenza in quegli anni passati insieme riempì se pur lievemente quella voragine che la separazione da Angi aveva lasciato in me. E anche se non eravamo fratelli, eravamo pronti a beccarci una coltellata se uno dei due era in pericolo.

Salimmo in casa, Barbara era l'unica sveglia piantata davanti alla tv, tutti gli altri dormivano

<<ma ancora sveglia sei?>>

<<perché ti do fastidio?>> rispose a tono Barbara

<<si! dai mamma dobbiamo metterci in sala, è da stamattina che stai mettendo le radici su quel divano>> disse nico spegnendo la tv

<<ei bello tu pensi di andare in giro tutta la notte a fare stronzate e poi ti presenti qui a comandare?>>. La madre aveva evidentemente bevuto, nell'aria si sentiva uno stagnante odore di wodka. La discussione non durò tanto alla fine Barbara cedette "come sempre" e noi ci appropriammo della sala.

Mi sedetti sul divano, aprii il pacchetto di sigarette per staccare la linguetta per farne un filtro, intanto Nico tirò fuori una piccola busta stropicciata contenete un tocco di fumo di color marrone nocciola. Ne staccò una pallina e me la pose, la mischiai a del tabacco, la chiusi in una cartina e l'accesi.

Tirammo quasi l'alba tra una partita di calcio sulla play e una canna. poi quando dalle tapparelle iniziò a filtrare uno spiraglio di luce ci addormentammo.

Sporca GioventùDove le storie prendono vita. Scoprilo ora