Seconda Parte

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«Sì?»
«Hey Harreh» mi annunciai al citofono ridendo nervosamente.
Percorsi il vialetto di casa sua a grandi falcate e raggiunsi la porta che il ragazzo aprì prontamente.
Un ammasso di ricci morbidi mi avvolse in un abbraccio e mi regalò uno di quei sorrisi che mi facevano perdere un battito.
Intrecciata una mano alla mia, mi condusse in salotto mentre si dirigeva in cucina a prendere qualcosa di caldo da bere per combattere il freddo invernale.
«Allora» esordì lui «A cosa devo questa piacevolissima quanto inaspettata visita?»
Sorrisi involontariamente, Harry era sempre così dolce che il coraggio mi venne improvvisamente meno.
Mi raggiunse, sedendosi sulla poltrona di fronte a me, e mi porse una delle due tazze fumanti che teneva in mano.
Inspirai a fondo l'odore del tè ai frutti di bosco, il mio preferito, e sorrisi pensando che lo aveva comprato appositamente per me dopo che gli avevo confessato di avere un debole per quella particolare fragranza: mi ricordava la mia famiglia, a chilometri di distanza.
Anche i genitori di Harry non erano con lui ma si trovavano a New York per lavoro, lì avevano
un appartamento dove alloggiare durante i loro lunghi periodi di assenza. Dovevano mancargli molto...
Mi riscossi dai miei pensieri quando Harry premette dolcemente le labbra sulle mie, non mi ero nemmeno accorto che si fosse spostato vicino a me.
«Boo, ci sei?»
«S-Sì» risposi esitante a quell'assurdo soprannome che aveva inventato per me
«Allora, volevi dirmi qualcosa?»
Riordinai i pensieri e mi preparai mentalmente all'inevitabile.
«Ecco, sai, domani è il 21 Dicembre e, ecco,» da quando non riuscivo più ad articolare una frase di senso compiuto?
«Respira, Boo» sorrise
Seguii il suo consiglio e ci riprovai, sputando la frase tutto d'un colpo «Ti andrebbe di fermarti da me per il solstizio d'inverno?» era una scusa davvero poco credibile, dovevo ammetterlo. Infatti mi guardò in modo interrogativo
«Sì, insomma, nulla di particolare, solo passare insieme la notte» farfugliai quasi tra me e me arrossendo.
Il suo sguardo si rabbuiò e la sua voce suonò  quasi forzata «Non... credo sia una buona idea»
«Perché?» mi uscì spontaneo.
Si alzò dalla poltrona e, dandomi le spalle, si mise a fissare un quadro sulla parete.
Quando riprese a parlare la sua voce era dura «Non è questo che voglio, non credo che tu possa capire»
Oh. Ecco. Chiusi gli occhi, tentando di ricacciare indietro le lacrime; mesi di dubbi e incertezze stavano per venire fuori e questa volta non avrei cercato di fermarli.
«Io non posso capire? Se non mi parli del problema è normale che io non capisca»
Da dove mi trovavo vidi i  suoi muscoli contrarsi come chiaro sintomo di fastidio «Lascia stare, non avrei dovuto baciarti quel giorno»
Mi morsi con forza l'interno della guancia fino a che il sapore metallico del sangue non mi fece storcere il naso «L'importante è riconoscere i propri errori, giusto?» affermai risentito fingendo un sorriso.
Dopo aver atteso invano una risposta afferrai il giaccone che mi ero sfilato pochi minuti prima e uscii sbattendo la porta dietro di me.
Mi ero affrettato verso la mia macchina con la mente da un'altra parte e il cuore pesante per poi guidare fino a casa, dove mi trovavo ora. Presto l'ira aveva lasciato spazio al dolore e allo sconforto.

«Che gran bastardo»
Il commento di Cole mi riportò alla realtà e al pavimento gelido su cui mi trovavo.
Un groppo alla gola mi impediva di parlare ancora, così cercai di chiudere la conversazione il prima possibile, congedandomi da un Cole ancora incredulo.
A fatica mi alzai dal pavimento e mi diressi in camera, spogliandomi durante il tragitto.
Rimasto in boxer mi buttai mollemente sul piumone: essendo inverno il sole tramontava prima del solito, così approfittai del pretesto per infilarmi sotto le coperte e cercare di dormire.
Non avevo cenato ma sinceramente mangiare era l'ultimo dei mei pensieri in quel momento.

Mi svegliai la mattina seguente sentendomi uno straccio, dire che avevo passato una notte terribile sarebbe stato un eufemismo bello e buono.
Rigirandomi tra le coperte presi in mano il telefono che avevo lasciato ai piedi del letto la sera precedente e controllai lo schermo: nulla.
Fino al giorno precedente non passava mattina che non venissi svegliato da una chiamata o da un messaggio di Harry e ormai mi ero abituato. L'interruzione di quel dolce rituale rendeva l'accaduto più reale.
Ecco che il groppo in gola tornava più opprimente di prima.
Cercando di non pensarci andai in salotto e accesi la TV, passando lì gran parte della mattinata: era lunedì 21 ed erano da poco iniziate le vacanze natalizie, ciò significava che avrei potuto passare intere giornate a deprimermi nella mia solitudine, fantastico.
Evidentemente qualcuno non era del mio stesso parere poiché mentre mi crogiolavo in questi pensieri vibrò il cellulare.
«Non pensare che perché sei depresso ti lascerò in pace» chi poteva essere se non Cole?
«Ti voglio pronto alle undici, stasera usciamo e non è una domanda» riattaccò senza darmi il tempo di rispondere e sbuffai: spesso i comportamenti di quel ragazzo erano frustranti.
Passai il resto della giornata sul divano, incapace persino di alzarmi.

Venti minuti prima dell'appuntamento con Cole, che non avevo nemmeno tentato di respingere sapendo benissimo che sarebbe stato inutile, mi trascinai in camera per rendermi presentabile dopo aver fatto una doccia veloce. Jeans neri con una t-shirt bianca e sopra una camicia a quadri nera e blu di una taglia più grande, le mie Vans nere a completare il tutto.
Dopo aver afferrato la giacca mi sistemai i capelli passandoci più volte una mano e infilai in tasca telefono e portafoglio.
In macchina con Cole e Brian, compagno con cui conviveva da due anni, per la prima volta mi fermai a pensare al pomeriggio precedente ed ecco riaffiorare il dolore.
«Smettila di farti del male» esordì Brian al volante, avendo visto dallo specchietto retrovisore la mia espressione «Insomma, cosa hai fatto di sbagliato tu? Non è lecito volere che dopo tutto questo tempo la vostra relazione vada oltre al bacio della buonanotte? La tua richiesta è del tutto naturale e se lui non la pensa così....beh, meglio averlo perso!».
Cole rincarò la dose «Dio, Lou: guardati, chi non vorrebbe farlo con te? Forse ti ha ingannato e tutto questo non ha significato niente per lui, magari è l'ennesimo coglione che ha finto solo per prenderti in giro con gli amici». Lo perdonavo per quelle parole che non avrebbe mai pronunciato da sobrio, Dio solo sa cosa avesse già bevuto in quel momento, ma purtroppo stava dando voce a tutte le mie più terribili paure.
Ecco di nuovo quel fastidioso groppo in gola che aumentava con ogni parola di Cole «Sì, insomma, non è che lui ti abbia mai dato prova di volere qualcosa di stabile, non ha nemmeno mai detto di amarti...».
Come gli uscirono di bocca quelle parole si fermò sgranando gli occhi: perfino nel suo stato aveva compreso l'errore commesso.
All'improvviso quel nodo si sciolse trasformandosi in calde lacrime e un'improvvisa ira mi assalì.
Avevano ragione. Non aveva mai detto di amarmi, non voleva fare l'amore con me, aveva detto di rimpiangere quello che per me era stato un momento unico ed ero io quello che doveva soffrire?
A quanto pareva quei mesi avevano significato qualcosa solo per me.
Tutte le mie insicurezze mi investivano come un fiume in piena e ad ogni nuova considerazione mi sentivo più carico di ira e rancore; magari proprio in quel momento stava ridendo di me, convinto che avrei passato settimane chiuso in casa a deprimermi per quella che, ne ero sempre più sicuro, era stata una rottura.
Beh si sbagliava. Non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi crollare e il mio riprendere in mano la situazione aveva inizio proprio quella sera.

Insecure ~ L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora