Quarta Parte

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POV   HARRY

Se pensava che quelle parole sarebbero bastate a chiudere la nostra relazione si sbagliava.
Aveva tutte quelle insicurezze solamente per colpa mia, ma insieme avremmo superato tutto.
Con un'espressione sul volto che mi ferì profondamente si girò,intenzionato a tornare al locale, e io lo seguii.
Aveva fatto solo pochi passi quando lo vidi cadere sulle ginocchia e gli corsi accanto per sorreggerlo, impedendogli di sbattere la testa al suolo.
«Lou!» lo chiamai con voce strozzata dalla sorpresa ma non ricevetti risposta, aveva perso i sensi e io ero spaventatato a morte. Aveva bevuto così tanto?
Senza pensarci lo presi in braccio adagiandogli la testa sul mio petto e raggiunsi la mia macchina.
Lo stesi sui sedili posteriori aggiustandogli la mia giacca sotto la testa e mi fermai a guardarlo.
Con gli occhi chiusi e un'espressione serena che non gli vedevo da tempo sembrava dormire tranquillo, era così bello. Gli accarezzai delicatamente una guancia fino a sfiorargli le labbra e venni scosso da un brivido: quanto desideravo poterlo toccare in quel modo, ma non glielo avevo mai fatto sapere.
Per tutta la durata del tragitto lanciai occhiate allo specchietto retrovisore: aveva ripreso i sensi ma non aveva le forze per muoversi o parlare. Arrivato a casa mia lo portai dentro, superando il salotto e dirigendomi a passo sostenuto verso il bagno dove lo adagiai nella vasca avendolo prima spogliato di scarpe e giaccone.
Sostenendogli il capo aprii il getto d'acqua fredda e lo indirizzai verso di lui. Con mio enorme sollievo si riprese in poco tempo: la doccia gelata era da sempre uno dei migliori rimedi all'alcol.
Chiusi l'acqua e lo aiutai a uscire dalla vasca: era ancora visibilmente scosso e confuso ma non appena mi mise a fuoco cercò di respingermi con le poche forze che aveva, rifiutando il mio aiuto.
Non mollai la presa sulle sue braccia; ora che la paura era passata stava tornando la rabbia che avevo provato al locale nel vederlo così indifeso e ubriaco: mi doveva non poche spiegazioni.
«Lasciami» borbottò a mezza voce di fronte a me tremando per il freddo
«Nel caso non te ne fossi accorto sei rimasto incosciente per quasi mezz'ora e sono stato io a riportarti a casa, quindi la cosa riguarda anche me ora» non che prima non mi riguardasse.
Lo guardai con intensità negli occhi, afferrandogli con delicatezza il mento per impedirgli di distogliere lo sguardo. Lui annuì con poca convinzione ma me lo feci bastare.
«Bene, dobbiamo chiarire la questione che ci ha portato qui: possiamo parlarne civilmente?»
Louis fece una smorfia «È... è quello che volevo anch'io quando sono venuto a casa tua ieri, ma poi tu...»
La sua voce si incrinò e rivolse altrove gli occhi velati di lacrime.
Sentii un tuffo al cuore nel vederlo così per colpa mia.
D'istinto lo attirai a me stringendolo in un abbraccio rassicurante, le sue braccia rannicchiate sul mio petto e la sua testa appoggiata sulla mia spalla, lo strinsi con dolcezza e non mi importava che fosse bagnato fradicio, ubriaco e deluso dal mio comportamento: lui era il mio Lou e questo non sarebbe mai cambiato.

POV LOUIS

Solo quando mi trovai avvolto in quell'abbraccio capii quanto effettivamente ne avessi avuto bisogno in quei giorni: gli abbracci di Harry erano qualcosa di meraviglioso, riuscivano a farti dimenticare tutti i problemi della vita quotidiana e ti facevano sentire bene.
Certo ero ancora sotto l'effetto dell'alcol e forse per questo mi sentivo particolarmente poetico ma non mi importava: in quel momento c'eravamo solo io ed Harry e niente era più importante.
Il riccio interruppe il flusso dei miei pensieri «So di essere stato un coglione ma era davvero necessario buttarsi tra le braccia di un altro e rischiare il coma etilico per farmelo capire?» cercò di dare un tono leggero alla domanda ma notai una nota di rimprovero nella sua voce.
«Hai ragione...» affermai «...sei stato un coglione» e lo vidi nascondere un ghigno divertito
«In realtà non penso di essere svenuto a causa dell'alcol, non avevo poi bevuto così tanto» arrossii per la vergogna e Harry ebbe bisogno di qualche secondo per assimilare la mia risposta.
Sciolse l'abbraccio e mi guardò in modo interrogativo, incitandomi a continuare
«Non ho dormito molto questa notte, inoltre potrei essermi dimenticato di mangiare oggi....»
«Louis, esattamente da quanto non mangi?» chiese con aria allarmata
«beh, diciamo dall'ultima volta che ci siamo visti?» ribattei incerto
«Fammi capire: tu non mangi nulla da quasi due giorni?» sputò a denti stretti, non riuscendo a mascherare la disapprovazione. Annuii con poca convinzione, non avrei dovuto dirglielo.
Di colpo mi lasciò andare e uscì dal bagno, tornando poco dopo con un paio di boxer e una tuta sportiva pesante. Ignorandomi mi oltrepassò e aprì un armadietto vicino al lavabo per tirarne fuori un grande asciugamano bianco che mi porse subito dopo insieme ai vestiti.
«Asciugati e cambiati, ti aspetto in cucina» affermò con voce incolore evitando il mio sguardo e uscendo subito dopo dalla stanza.
Rimasi imbambolato fino a quando non sentii dei rumori provenire dalla cucina, allora mi riscossi e iniziai ad asciugarmi per poi vestirmi.
La tuta era di un paio di taglie troppo grande per me e fui costretto ad arrotolare le maniche e fare il risvolto ai pantaloni. Inspirai a fondo nella felpa marrone come i pantaloni per godere a pieno del profumo di Harry.
Dopo aver frizionato i capelli con l'asciugamano mi diressi in cucina senza far rumore, timoroso che Harry fosse ancora arrabbiato. Assurdo, Cole mi avrebbe preso a schiaffi se solo fosse stato lì: ero io quello che aveva tutte le ragioni per essere arrabbiato.
Il riccio dava le spalle alla porta, concentrato sui fornelli da cui proveniva un odore delizioso.
Con un colpo di tosse annunciai la mia presenza e Harry si limitò a indicarmi una delle sedie intorno al tavolo, dove mi sedetti senza replicare.
Pochi minuti dopo mi trovai di fronte un piatto stracolmo di pancake, così lo osservai di sottecchi
«So che ti piacciono e ne ho approfittato, visto che avevo gli ingredienti» si giustificò alzando le spalle con indifferenza «E non voglio che ti alzi da lì finché non li hai finiti» aggiunse con tono vagamente minaccioso.
Non me lo feci ripetere due volte, la fame dei due giorni passati iniziava a farsi sentire sul serio e mi gustai il piatto con calma mentre il riccio era intento a ripulire il piano cottura, lanciandomi ogni tanto occhiate furtive per assicurarsi che mangiassi.
Poi si sedette su una sedia accanto a me aspettando pazientemente che finissi di mangiare, per affrontare finalmente il discorso che attendevo e temevo allo stesso tempo.

Insecure ~ L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora