Terza Parte

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Dopo essermi ricomposto attesi con ansia il nostro arrivo al locale, una nuova apertura a quanto diceva Cole, cercando di scacciare dalla mia mente Harry e tutto ciò che lo riguardasse.
In una trentina di minuti arrivammo a destinazione, rabbrividii per il freddo scendendo dall'auto e mi strinsi nella giacca. Di fronte a me l'insegna luminosa attirava non poco l'attenzione e il rumore assordante che proveniva dall'interno non prometteva nulla di buono.
Mi voltai verso Brian, l'unico tra i due ancora cosciente «Non doveva essere un locale tranquillo? Sai che non sono un appassionato di questo genere di cose» dissi indicando l'entrata del locale.
Il ragazzo alzò le spalle «Pensavo che Cole ti avesse avvisato. In ogni caso è il tipo di locale perfetto, ora che sei single» disse strizzandomi l'occhio per poi girarsi a chiudere l'auto.
Esitante mi diressi verso l'entrata di quel locale di periferia.

Subito dopo aver sorpassato i due gorilla mi investì un forte odore di fumo, sudore e alcolici.
Il posto consisteva in una vastissima sala con la console vicino all'entrata, da dove un DJ urlava al microfono tra una canzone e l'altra, e con un bancone nell'angolo opposto, dietro il quale si affaccendavano un paio di baristi.
Tutto in quel locale era rosso e nero; la poca luce che c'era proveniva dai faretti colorati sul soffitto che giravano per tutta la stanza, il volume della musica era assurdo e molto probabilmente oltre il limite consentito dalla legge, come se non bastasse era impossibile vedere le persone in viso anche a causa del fumo. Odiavo quel genere di posti ma per quella sera me lo sarei fatto andare bene.
Mi diressi subito al bancone: mi sarei adattato più facilmente a quel posto con una buone dose di alcool in corpo.

L'ora successiva la passai al bancone, ogni bicchiere che buttavo giù mi aiutava ad accettare il locale che non sembrava più così terribile già dopo il secondo bicchiere. O forse il terzo, non ricordavo più.
«Louis, stai bene?»
Ci misi un po' a mettere a fuoco la persona che mi stava parlando. Era Brian e dalla sua espressione preoccupata capii che qualcosa non andava. Riuscire ad articolare una risposta fu un'impresa
«Sì, benissimo»
«Non sembrerebbe, sei uno straccio»
«Mi avete portato voi in questo posto, ora non posso nemmeno divertirmi?» sbuffai stizzito «Quindi ora torna dal tuo amore e lasciami in pace» conclusi.
A fatica barcollai fino al centro della pista e iniziai a ballare in un modo che da sobrio mi avrebbe fatto sprofondare dalla vergogna.
In poco tempo mi si avvicinò un ragazzo notevolmente carino che non mi aveva tolto gli occhi di dosso da quando mi ero seduto al bancone; iniziò a strusciarsi dietro di me assecondando le mie mosse e io lo lasciai fare, provocandolo con lo sguardo.
Brian aveva seguito l'intera scena e aveva un'espressione da "domani te ne pentirai" stampata in viso, poi si voltò avvicinando il telefono all'orecchio: chi voleva chiamare all'una di notte?
Non ci feci troppo caso e continuai a ballare con il ragazzo sconosciuto che non distinguevo un granché in quell'atmosfera sfocata.
Dopo qualche canzone mi prese per mano e mi riportò al bancone, dove cercammo di conoscerci meglio davanti all'ennesimo drink: si chiamava Steven ed era il classico individuo tutto muscoli e niente cervello ma sembrava simpatico.
Dopo avermi offerto altri due bicchieri mi riportò in pista fino a quando, con uno sguardo che lasciava ben poco spazio a malintesi, mi chiese di accompagnarlo a prendere una boccata d'aria ed io accettai, sentendo un brivido salirmi lungo la spina dorsale.
Al contrario di quanto aveva detto si fermò molto prima dell'uscita per spingermi con lentezza contro una parete e schiacciarsi contro di me, guidando le mie braccia intorno al suo collo.
Chiusi gli occhi preso dalle vertigini, la stanza sembrava muoversi intorno a me.
Stavo facendo la cosa giusta? Perché dopo tutto quello che era successo mi sembrava comunque di tradire Harry? Al diavolo, per una volta non volevo essere io quello maturo che pensava alle conseguenze prima di agire.
Steven aveva iniziato a percorrere con la lingua il mio collo, facendo scivolare a terra la mia camicia a quadri e alzandomi la maglietta sottostante. Sobbalzai al contatto delle sue dita fredde con i fianchi ma lui continuò a toccarmi senza smettere di passare la lingua ovunque, dalla mascella alla spalla.
Ancora a occhi chiusi attesi che facesse la mossa successiva ma all'improvviso si staccò da me, o meglio fu staccato: aprii gli occhi per capire cosa lo avesse bloccato e quello che lessi nel suo sguardo era terrore.
Al suo fianco, a tenerlo strettamente per una spalla, c'era Harry.

Insecure ~ L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora