2. Roseville High School

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Tic-Tic-Tic...

Chiusi gli occhi respirando a fondo, infastidita.

Tic-tic-tic...

Era da all'incirca dieci minuti che il mio amatissimo compagno di banco si dilettava a darmi fastidio, sbattendo la punta della matita sul banco, ed era da circa dieci minuti che cercavo di ignorarlo.

Da quando gli avevo fatto notare che mi dava fastidio, non perdeva occasione di farlo. Tanto di seguire la lezione a lui non interessava. Se ne stava sbracato sulla sedia, giusto per riscaldarla immagino, con le gambe allungate sotto al banco.

Tic-tic-tic....

Potevo sentire il suo sguardo divertito trapanarmi la testa, e ciò non aiutava a concentrarmi sulle parole della professoressa.

Tre secondi fa stavamo parlando di tutt'altro, come diamine eravamo arrivati ai Conquistadores?

All'ennesimo tic persi la pazienza, e con uno scatto mi girai verso di lui, gli sfilai la matita dalle mani e la spezzai a metà, lanciandola poi per terra. Dopodichè sospirai soddisfatta, e tornai ad ascoltare la lezione.

Mentre prendevo appunti, vidi di sottecchi Gabriel, che fissava scandalizzato la sua matita.

"Ops.." sussurrai sorridendo.

Lui si ricompose, mettendosi seduto come una persona normale, e si schiarì la gola.

Cercavo di annotare il più velocemente possibile le spiagazioni della Prof, ma sembrava farlo apposta a parlare veloce come un treno. Ma, dico io, siamo mica macchine?

Ogni tanto dovevo fermarmi per sgranchire il braccio, poichè a causa del tanto scrivere mi veniva sempre un dolore lancinante all'altezza del gomito.

Dopo un pò, iniziai a sentire qualcosa pizzicarmi il fianco, e istintivamente mi portai una mano nel punto dove avevo sentito quel qualcosa.

Non appena tornai a scrivere, lo sentii di nuovo, e capii. Chi, se non lui?

Mi guardava con gli occhi scuri che brillavano divertiti, e il suo immancabile sorrisetto sghembo stampato sul volto.

"Gabriel. Finiscila." sussurrai con i denti stretti.

"Eddai, ho appena cominciato!" mormorò lui di rimando.

Mi passai una mano sulla faccia, irritata dal fatto che non potessi urlargli liberamente quanto cretino e insopportabile fosse.

Decisi di ignorarlo ancora una volta, rincuorata dal fatto che mancassero solamente dieci minuti alla fine di quella tortura.

Così, lasciai che continuasse a bucarmi il fianco destro con la penna.

"Peró non è divertente se non ti incazzi" biascicò qualche minuto dopo.

Alzai un angolo della bocca in un piccolo sorriso soddisfatto. "Lo so." dissi spostandomi un ciuffo che era sfuggito dalle grinfie del mio chignon fatto alla bell'e meglio.

Alla mia affermazione riprese a punzecchiarmi con più frequenza, sembrava di avere un trapano conficcato sotto le costole.

Gli lanciai un'occhiataccia. "Se il tuo obiettivo è quello di arrivare al fegato, ci stai riuscendo più che bene!"

Sorrise e basta.

Dopo un anno di convivenza allo stesso banco, aveva capito cosa servisse a farmi imbestialire. E sapeva perfettamente quando odiassi quando ignorava ciò che dicevo e come risposta si apriva in quell'odioso sorrisetto della serie: Ehi, non me ne frega un cazzo di quello che hai appena detto!

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