8. Cappelli e allenamenti

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N/A: Sì, ok, ammazzatemi dopo...

***

"La vita fa schifo."

Alzai gli occhi al cielo. "Benvenuta al liceo, Addie. Un po' tardino, dato che sei all'ultimo anno, ma meglio tardi che mai, no?"

"Non peggiorare la situazione", disse fulminandomi con lo sguardo. "Che amica sei che non mi dici che avevamo un test?"

Mi girai a guardarla, mentre inserivo il codice dell'armadietto. "Cosa, scusa? Questa è buona. Chi era quella che ieri in mensa invece di ascoltarmi mentre formulavo queste esatte parole, Sei pronta per il test di domani?, sbavava dietro a Drew Spencer? E, giusto per rinfrescarti la memoria, hai anche annuito." Continuai a guardarla, alzando un sopracciglio. "Ho i testimoni," la sfidai.

"Beh, potevi assicurarti che stessi effettivamente ascoltando. Lo sai che quando passa Dr-Oh mio dio, eccolo!" Non riuscirei a descrivere adeguatamente le emozioni che si susseguirono veloci sul suo volto a parole, quindi non ci proverò nemmeno. Quello che posso dirvi è che, un secondo prima se ne stava in piedi davanti a me, l'aria stanca, i capelli arruffati come una che ha passato un'intera ora a tormentarli cercando di staccarseli per la disperazione, e il pacchetto di Cheez-it in mano; quello successivo, aveva la schiena appoggiata al mio armadietto, ora chiuso (sì, quello che finalmente ero riuscita ad aprire dopo innumerevoli tentativi...Grazie, Addie), la mano tra i capelli -magicamente di nuovo in ordine- , mentre guardava sorridente e con occhi colmi d'amore il ragazzo corvino passarle davanti.

Possiamo dirlo tutti insieme, ovviamente non se ne è curato minimamente.

Sbuffó, sconfitta. Poi riprese il pacchetto di Cheez-it dalle mie mani -che, per inciso, non so come ci fosse finito.

"Che stavo dicendo?" chiese, tornando a ruminare.

"Che quando passa Spencer non ci sei per nessuno. Concetto cristallino, adesso."

"Ah, giusto. Quindi, la prossima volta assicurati che il mio cervello abbia recepito."

"Vuoi che inizi ad indossare il grembiule con scritto Baby-sitter, pure?"

Lei ci pensò su, poi si voltò a guardarmi con un sorriso, mentre valcavamo l'uscita dell'edificio.

"Addie-sitter sarebbe meglio, non trovi?"

***

Spiegatemi a cosa pensavo esattamente quando, all'ingenua età di sette anni, ho praticamente pregato in ginocchio i miei di "regalarmi" una sorellina.

Ero una bambinetta piccola e incoscente, certo, ma chi se lo immaginava che quella sorellina tanto desiderata otto anni dopo si sarebbe rivelata la causa per cui in quel momento ero praticamente sull'orlo dell'omicidio?

"Guarda che se non ti fai mettere la sciarpa e il cappello chiamo Gabriel e gli dico di non scomodarsi a venire."

Mi ascoltò? Ovviamente no. Erano le sei meno dieci, e mia sorella aveva deciso che quello era il momento perfetto per esibirsi in un capriccio inutile.

Era martedí, il che voleva dire che quella sera saremmo andate a vedere gli allenamenti di basket di Gabriel, e di certo quella che fremeva all'idea non ero io.

Potevo tranquillamente risparmiarmi di stare seduta per due ore a fissare un branco di ragazzi sudare e correre da una parte all'altra del campo esibendosi in strane mosse per schivare gli avversari che sembravano una qualche danza polacca, con l'assefuante sottofondo di una palla che rimbalza ripetutamente e le suole delle scarpe che stridono sul parquet della palestra.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 13, 2017 ⏰

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