Meccanismo Infernale

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L'orologio aveva ancora una volta ripreso il suo ticchettio. Con esso, i passi si muovevano. Solidi, pesanti, ma veloci, seguivano in perfetta sincronia il ticchettio dell'orologio. John, fissò oltre le lenzuola ingiallite del suo letto, l'entrata della sua cucina, assieme al movimento dei passi, John vide un'ombra sinistra venire verso di lui. I suoi occhi si spalancarono, ma i suoi passi non accelerarono, no, i passi di John erano perfettamente sincronizzati al vuoto ticchettio dell'orologio. Le sue mani si spostavano da una posizione all'altra, mai accelerando o rallentando, in sincronia coi ticchettii. L'orologio segnava le 11.46 e John, sapeva che mancava un minuto alla sua fine.

I pesanti passi continuavano ad avanzare verso la sua porta, e con loro, il grido, si fecero sempre più forti. Le lacrime di paura gli stavano rigando le guance, ma John non si poteva muovere. Paralizzato dalla paura o forse dalla curiosità o un misto terrificante delle due, John guardò il diavoletto di acciaio che si stava facendo strada verso di lui. I suoi occhi erano completamente rossi, brillavano di una gioia malvagia e di una terribile curiosità. La creatura ancora una volta fece un passo invisibile, così come l'orologio compì un passo inevitabile. L'orologio si mosse precisamente verso la sua inevitabile destinazione. John, allora, pensò che dovesse essere la morte venuta a prenderlo. Questo deve essere il modo in cui tutti coloro che hanno peccato, muoiono. John guardò come colui che gli avrebbe preso la vita si stava avvicinando, anche se dopo, John ne era sicuro, dopo un altro minuto avrebbe seguito un altro giorno. John si alzò e con gli ultimi quindi secondi dell'orologio, la creatura stava compiendo i suoi ultimi quindici passi per arrivare alla sua vittima.

Con un passo la creatura trafisse il cuore di John, con le sue dita affilate a forma di trapano. Il corpo di John fu lasciato lungo disteso sul letto, l'espressione nella sua faccia era congelata, nell'amara consapevolezza, che lui sarebbe dovuto essere morto, dal giorno stesso in cui era nato.


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