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Raskòlnikov si sollevò a sedere sul divano.

Fece un debole cenno a Razumìchin perché interrompesse il torrente di incoerenti e fervide frasi consolatrici rivolte alla madre e alla sorella; poi le prese tutte e due per le mani e per un paio di minuti rimase a guardarle in silenzio, ora l'una ora l'altra. La madre si spaventò del suo sguardo. Ne traspariva un sentimento intenso fino alla sofferenza, ma nello stesso tempo c'era in esso qualcosa di fisso, e perfino di folle. Pulchèrija Aleksàndrovna cominciò a piangere.

Avdòtja Romànovna era pallida; la sua mano tremava in quella del fratello.

«Andate a casa... con lui,» diss'egli con voce rotta, indicando Razumìchin. «Ci vedremo domani, domani tutto sarà... E molto che siete arrivate?»

«Questa sera, Ròdja,» rispose Pulchèrija Aleksàndrovna. «Il treno ha avuto un ritardo enorme. Ma, Ròdja, io adesso non ti lascerò solo per nessuna ragione. Passerò la notte qui, accanto a te...»

«Non mi tormentate!» protestò Raskòlnikov con un gesto d'insofferenza.

«Rimarrò io con lui!» esclamò Razumìchin. «Non lo lascerò nemmeno per un istante, e vada al diavolo tutta quella mia gente; facciano un po' quel che gli pare! Tanto là c'è mio zio che fa gli onori di casa.»

«Come, come potrò ringraziarvi!» cominciò a dire Pulchèrija

Aleksàndrovna, stringendo di nuovo le mani a Razumìchin, ma ancora una volta Raskòlnikov le interruppe:

«Non ne posso più, non ne posso più,» ripeteva fremendo.

«Non tormentatemi! Basta... Non ne posso più!...»

«Andiamo, mamma... Usciamo almeno un momento dalla stanza,» mormorò Dùnja spaventata. «È chiaro che gli facciamo del male.»

«Ma lasciatemelo guardare un po', dopo tre anni!» e Pulchèrija

Aleksàndrovna si mise a piangere.

«Aspettate!» le fermò di nuovo Raskòlnikov, «voi non fate altro che interrompermi, e mi confondete le idee... Avete visto Lùžin?»

«No, Ròdja, ma egli sa già del nostro arrivo. Abbiamo sentito, Ròdja, che Pëtr Petròviè è stato tanto buono da farti una visita quest'oggi,» aggiunse timidamente Pulchèrija Aleksàndrovna.

«Già... È stato tanto buono... Sai, Dùnja, poco fa ho detto a Lùžin che lo avrei buttato giù dalle scale, e l'ho anche mandato a quel paese...»

«Ma come, Ròdja?... Non vorrai mica dire...» cominciò Pulchèrija Aleksàndrovna, tutta spaventata, ma si interruppe lanciando un'occhiata a Dùnja.

Avdòtja Romànovna fissava il fratello e attendeva il seguito. Erano già state informate del litigio da Nastàsja, per quel tanto che essa aveva potuto comprendere e riferire sull'accaduto, e avevano sofferto moltissimo di quell'incertezza e di quell'attesa.

«Dùnja,» proseguì con uno sforzo Raskòlnikov, «io non desidero questo matrimonio, e quindi tu, domani stesso, fin dalla prima parola, devi dire di no a Lùžin, e che lui non si

faccia più vedere.»

«Dio mio!» esclamò Pulchèrija Aleksàndrovna.

«Fratello, pensa a quel che dici!» esclamò Avdòtja Romànovna accalorandosi, ma subito si trattenne. «Forse tu, in questo momento, non sei in grado... sei stanco,» si limitò a dire.

«Credi che stia delirando? No... tu sposi Lùžin per me, e io non accetto questo sacrificio. Perciò, domani devi aver già scritto una lettera... di rifiuto... Domattina me la darai da leggere, e l'incidente sarà chiuso!»

Delitto e Castigo - F. DostoevskijDove le storie prendono vita. Scoprilo ora