Capitolo 2

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Il giorno seguente decisi di montare gli ultimi mobili per cercare di distrarmi il più possibile fino all'indomani, primo giorno di servizio in quella cittadina.

Nel pomeriggio finii di visitare il centro e comprai qualche cosa nei negozi che stavano applicando degli sconti di fine stagione.

La giornata passò abbastanza in fretta e riuscii a non pensare all'omicidio del giorno precedente.

Purtroppo la notte riportò alla memoria i miei tremendi ricordi e non mi permise di chiudere occhio. Esausta dai continui incubi, mi addormentai verso le tre di notte.

La sveglia squillò. Con la velocità di un bradipo addormentato, le feci cadere la mano sopra, spegnendola. Pigramente aprii gli occhi, vidi l'ora: le sette e mezza. Era terribilmente tardi! Balzai fuori dal letto e in poco tempo ero già fuori casa.

Chiedendo informazioni in giro, riuscii ad arrivare in perfetto orario davanti al dipartimento di polizia. Fui colpita dall'imponenza dell'edificio che dava un senso di autorità e austerità. Aspettai qualche secondo ed entrai.

Davanti a me avevo una sala con alcune scrivanie e computer. Appena mi videro, alcuni poliziotti fecero un capannello e iniziarono a bisbigliare, altri si limitarono a guardarmi con curiosità. Venne verso di me una donna: indossava una camicetta bianca e una gonna grigio scuro che finiva sotto il ginocchio. I suoi occhi erano di colore verde scuro e i suoi capelli erano bruni.

«Immagino che lei sia l'agente Lynn Winter» disse. «Benvenuta, questo è il nostro dipartimento. Mi chiamo Roxanne Green e sono il capitano di questo distretto. Ho letto il suo curriculum, non è male nonostante sia così giovane. Mi perdoni la domanda, ma non è chiaro un aspetto. Sa sparare?».

«Sì, ma... credo che io abbia bisogno ancora di un po' di pratica...».

Mi guardò un po' perplessa, successivamente riprese il suo discorso: «Bene, ora le posso chiedere una cosa più personale?» e, senza che io rispondessi alla domanda che mi aveva posto, continuò «Molti testimoni hanno detto che lei era presente quando hanno sparato a quel ragazzo...».

Io dissi ridendo: «Non penserà che sia stata io a ucciderlo?».

Tutti si girarono verso di me e ricominciarono a bisbigliare. Roxanne mi fece cenno di seguirla.

«Mi scusi se le rubo del tempo, ma lei sa che è necessario raccogliere tutte le informazioni possibili».

Mi portò nella sala dell'interrogatorio: la stanza era completamente bianca e gli unici oggetti presenti erano un vetro a specchio, un microfono, due sedie e un tavolo.

«Accogliente questa stanza... Io le darei una pennellata di colore» dissi in tono sarcastico. Roxanne mi riprese freddamente: «Sia seria. Quindi lei conferma la sua presenza in quel ristorante nel momento in cui si è verificato l'omicidio?».

«Sì, confermo».

«Ebbene lei conosceva quel ragazzo?».

«Sì, lo conoscevo».

«È troppo vaga! Specifichi meglio la sua relazione nei confronti della vittima».

«Eravamo dei semplici conoscenti. Me l'hanno presentato a una festa qualche anno fa».

«Può dirmi qualcosa di più sul ragazzo? Sa se qualcuno avrebbe ottenuto qualche vantaggio dalla sua morte e perché?».

«Purtroppo non lo conoscevo così bene. Non ricordo nemmeno il suo nome!».

Il segno dell'odioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora