ero tra il pubblico.

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-Jasmine muoviti, i clienti ti aspettano.
Disse un uomo appoggiato sullo stipite della porta del piccolo camerino sconcentrandola dalla sua immagine riflessa nello specchio intenta a ripassarsi il rossetto sulle labbra ben formate e carnose.
- sì Jhon.
Disse con voce sensuale voltandosi a guardarlo.
-così mi piaci.
Disse girandosi per uscire.
Chiuse poi la porta e si allontanò per andare a presentare la ragazza.
-così mi piaci.
Lo canzonò appena la figura sparì.

Jasmine uscì dal camerino e si posizionò poco prima dei piccoli scalini che permettevano di salire sul palco.
Salutò le ragazze che si erano esibite prima di lei; si stavano cambiando per tornare a casa, poi scostò dal suo viso un ciuffo di capelli neri ben piastrati.

Non appena Jhon; il proprietario del locale finì di presentarla agli uomini impazienti di vederla, salì sul palco.

Tutti gli occhi erano su di lei.
Erano occhi luridi, maliziosi e su alcuni vedeva una nota di disprezzo ma lei continuava ad ondeggiare i fianchi nel suo corpetto e reggi calze che lasciavano davvero poco all' immaginazione dei presenti che urlavano e fischiavano ad ogni suo movimento.

Alcuni uomini avevano una birra in mano, altri banconote e altri ancora entrambi.

Scese dal palco, si avvicinò con movimenti lenti e felini ai presenti che le diedero le banconote; alcuni approfittarono del gesto per toccarle il seno, il sedere e in alcuni casi in mezzo alle gambe.
Sentiva una sensazione orribile quando lo facevano; si sentiva violata.
Non era uno stupro quindi in realtà non subiva una violenza vera e propria ma non erano di certo attenzioni che fà piacere ricevere.

Dopo più di mezz' ora tornò sul palco e Jhon la raggiunse.
-allora vi è piaciuta Jasmine?
Urlò reggendo un microfono nero in mano.
Tutti risposero, chi con delle urla, chi con dei fischi, chi battendo la lattina di birra sul tavolo producendo un rumore poco piacevole per l' udito.
Lei li guardò fingendosi lusingata aspettando il momento in cui sarebbe scesa dal palcoscenico.

Si cambiò velocemente, mantenne il trucco che non aveva avuto voglia di togliere e si diresse verso la porta secondaria del locale con i soldi in mano iniziando a contarli.
Proprio quando stava per spingere la maniglia una mano le bloccò i movimenti facendola quasi saltare dallo spavento.
-i soldi.
Tagliò corto la voce.
Non c' erano luci, regnava quindi il buio di conseguenza non riuscì ad identificare la figura, ma la voce sì.
-Jhon mi hai fatto prendere un colpo.
Disse portando una mano al petto come per far rallentare i battiti.
-i soldi.
Ripetè aprendo la mano aspettando di sentire il denaro posarcisi sopra.
Lei alzò gli occhi al cielo.
-quanto vuoi? 200?
Chiese poi.
-200.
Confermò lui.
-ma cosi mi rimarranno solo 20 euro, Jhon!
Esclamò.
-cazzi tuoi, non sono problemi miei.
Disse alzando le spalle.

Se c'era una cosa che aveva imparato era non contraddire il suo capo, cioè Jhon e dargli la somma di soldi che chiedeva.
Nel caso non ne avesse avuti abbastanza si sarebbe appropriato del ricavato della sera tenendo conto della differenza non consegnata che andava sommata alla sera seguente, ovvero se lei o le altre ragazze avessero guadagnato 180 euro, lui se ne sarebbe appropriato ma la sera seguente avrebbero dovuto consegnare oltre alla somma base, cioè 200 euro altri 20 euro mancati la sera precedente.
In teoria il concetto non sembra semplice, in pratica, lo è.
Gli consegnò quindi il denaro e poi ebbe il permesso di uscire e così fece.

Si affrettò a dirigersi alla fermata del bus che distava poco dal locale ma se lo avesse perso sarebbe dovuta tornare a piedi e non rientrava nelle sue intenzioni farlo quindi camminava a passo svelto.

Si appoggiò al vetro della fermata scarabocchiato con scritte e disegni espliciti che ogni volta guardava con poco interesse come la strada illuminata a stento da lampioni che avrebbero dovuto illuminarla ma che irrimediabilmente non lo facevano.

Aspettava impaziente il bus.
Era stanca, voleva tonare a casa.
-ciao Jasmine.
Salutò una voce a lei sconosciuta.
Era una voce maschile non molto matura, il tono era discretamente sicuro e benevolo; non aveva una sfumatura maliziosa e losca come quelle che oramai era solita sentire alla fermata.
Guardò quindi la figura e ricambiò il saluto chiedendosi quali fossero le intenzioni del ragazzo.
-ci siamo visti prima, ero tra il pubblico.
Aggiunse lui avvicinandosi.
-ah, non sei un po' giovane per frequentare locali del genere?
Chiese.
Il ragazzo infatti non aveva dei lineamenti molto maturi e Jasmine pensò che non poteva avere più di diciotto anni.
-perchè quali locali dovrei frequentare?
-non lo so... Bar, discoteche...
-ad essere sincero sono venuto nel locale perché ero con amici; stavamo festeggiando, non sarei mai venuto nel locale di mia spontanea volontà.
Ammise lui.
-in quale locale andresti di tua spontanea volontà?
Chiese avvicinandosi al bus che arrivato alla fermata.
-non saprei.
Disse portando le mani nelle tasche di larghi jeans strappati all' altezza del ginocchio sinistro, senza però entrare sul bus.
-non sali?
-no, aspetto un' altra linea.
Disse poco prima che l' autista chiudesse la porta.

Nella città del Sole.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora