Come avrei tanto voluto risvegliarmi da quell'incubo. Eppure non riuscivo. Ero inseguito dall'assassino che uccise i miei genitori quando ebbi 7 anni. Sono passati 9 anni da allora, ma il suo viso liscio, con qualche ruga sulla fronte, il sorriso freddo, la corporatura grossa e la mano grande che teneva un coltello non potrò mai dimenticarlo. Io riuscì a nascondermi in un piccolo armadio con il telefono di casa. Anche se avevo 9 anni, i miei mi fecero ripetere sin dall'inizio i numeri di telefono d'emergenza, quindi chiamai il 9-1-1 e senza farmi sentire dall'assassino diedi alla centrale di polizia le indicazioni per arrivare alla nostra villetta ad Atlanta. Ma ora non c'era nessun telefono, solo un corridoio, un lungo corridoio. Ogni volta che aprivo una porta mi ritrovavo in un corridoio identico a quello di prima; e l'assassino si avvicinava sempre di più. I miei piedi d'improvviso toccarono qualcosa che non poterono scalciare, un gradino. Eppure i corridoi erano tutti gli stessi, quindi questo voleva dire che mi stavo avvicinando alla fine di quell'orrendo incubo. Il dolore alle gambe in quel momento passò in secondo piano e quando arrivai alla porta l'assassino non era più dietro di me. Doveva esser inciampato anche lui e disintegrato in una maniera che solo il mio cervello sa. Perciò apro la porta e non ho nemmeno il tempo di sgranare gli occhi che eccolo lì davanti a me. Dovevo indietreggiare, ma non c'erano altre vie di uscita. Il corridoio che percorrevo fino a qualche secondo prima era svanito e c'era solo il vuoto più totale. Quindi per svegliarmi dall'incubo c'erano due opzioni: cadere nel vuoto o farmi accoltellare. Ho sempre avuto paura dell'altezza e in ogni incubo in cui cadevo da una piattaforma abbastanza alta per poi schiantarmi al suolo, sentivo come se la mia anima fuoriuscisse dal mio corpo per salire fino in paradiso. Era una sensazione quasi piacevole, l'impatto lo si sentiva poco e l'ascesa in paradiso non mi dispiaceva. Quindi senza esitare misi un piede avanti e caddi nel vuoto. Come previdi la sensazione impatto-ascesa non era così male, ma non avevo pensato al fatto che la mia anima potesse anche andare all'inferno. Ed eccomi lì circondato da pluriomicidi, maniaci, pedofili. Ma quelli che mi stupirono non furono loro, bensì le due persone di cui non potevo dimenticare i volti nonostante non li vedessi da ben 9 anni. I miei genitori. Il viso di mia madre così delicato, di una donna frustrata e stanca di tutto, pure della morte e quello di mio padre, di un uomo che è appena stato torturato. Solo dopo mi rendo conto della corda legata attorno al loro collo da un'estremità, e l'altra legata al ramo di un albero. E lì capii che era meglio essere ucciso da un assassino che vedere i miei genitori impiccati.
Un dolore lancinante mi colpisce la maggior parte del corpo e quando apro gli occhi mi trovo steso per terra. Sono di nuovo caduto dal letto. Non faccio in tempo ad alzarmi che ecco la mia mamma adottiva aprire la porta in cerca della causa del rumore.
-Tesoro!- si porta una mano alla bocca - oh su vieni qua, adesso mamma ti porta in bagno e ti sciacqua la faccia-.
-Mamma. Lo sai che ho 15 anni, vero?-
-In realtà adesso ne hai 16. Auguri amore mio- . Sento le sue labbra toccare la mia fronte. Fortunatamente tra tante famiglie mi è capitata una stupenda. Lei è sterile e non riesce a fare figli, quindi insieme al marito mi adottarono. Ne hanno sempre voluto avere uno e , dopo aver adottato me, adottarono anche Emily. Quanto adoro quella bambina. Ha solo 8 anni e ha i capelli ricci e scuri. Non le abbiamo ancora raccontato cosa è successo con i suoi genitori, mamma e papà vogliono che scopra la verità a 10 anni , così come hanno fatto con me. Da quel che mi hanno raccontato, i genitori di Emily la lasciarono all'orfanotrofio quando non aveva nemmeno 2 settimane di vita. La madre era un hostess e il padre uno stilista molto famoso che viaggiava in giro per il mondo. Non avevano mai tempo per occuparsi della figlia e decisero per il suo bene di lasciarla lì davanti con un bigliettino con scritto "lei è emily. Per favore prendetevi cura di lei". Quando arrivò all'orfanotrofio non aveva un nome, era segnata con un numero: 7-1-3. Io ero 7-1-5, due camere dopo di lei. Quando lei arrivò io avevo solo 5 anni e quando la vidi ebbi l'esigenza di proteggera come fratello maggiore. Quando aveva 5 anni iniziò a uscire dalla stanza e a pranzare con le bambine e i bambini della sua età. Un giorno a pranzo mi sedetti vicino a lei e vederci parlare era come vedere un fratello e una sorella di natura. Quando vennero mamma e papà avevamo ancora 10 e 5 anni e fummo felicissimi di andare via da quell'orrendo posto. Sentivo gli sguardi degli altri bambini su di noi. Erano un misto di rabbia, gelosia ed invidia. Non potei mai dimenticare il viso del mio amico 7-1-8 di 3 camere dopo la mia.
-Dove ti fa male?- mia mamma mi risveglia dai miei ricordi. Odio quando fa così. I ricordi sono una cosa importantissima e, seppur brutti, mi piace ricordarli.
-Stai tranquilla è passato tutto-
-Va bene. Adesso vestiti mentre io preparo la colazione. Ricorda che oggi è il primo giorno di scuola-
VERO!! Come avevo fatto a dimenticarmene? Oggi è il primo giorno di liceo. Non ho nemmeno preparato i vestiti. Corro in camera e apro le ante dell'armadio ritrovandomi di fronte una trentina di vestiti. Mamma fa l'avvocato e papà è un dottore. Devo ammettere che i soldi in casa non mancano, ma nonostante i vari pantaloni,felpe e giacche di marca decido di mettere dei semplici jeans neri, una maglia a manica corta con sopra un cardigan nero e un paio di vans nere. Quanto amo quelle scarpe, sono le uniche che indosserei per tutta la vita.
-AMORE È PRONTO!!-
-ARRIVO MAMMA!- prima di arrivare in cucina vado in bagno a sistemarmi i capelli. Essendo lisci non ho molto a cui badare, passo velocemente la spazzola lungo quella massa di capelli che mi ritrovo sulla testa e scendo le scale di corsa facendo attenzione a non inciampare visto che, come dice mamma, ho i piedi di ricotta. A tavola mi aspettano una mela rossa, dei cereali e una tazza di latte.
-Grazie mamma-
-Prego caro. EMILY È PRONTO!-
-ARRIVO!- che carina la voce di mia sorella. Così innocente e innoqua. Ovviamente non possono mancare i miagolii dei miei 2 gatti : Romeo e Giulietta. I nomi li ha scelti mia mamma che è molto appassionata della storia dei due sfortunati amanti di Verona. Dice anche che l'ha fatto in onore dei miei genitori che erano di origini veronesi e le sono molto grato per avermi lasciato una parte della mia vecchia vita. Un'altra volta i miei ricordi ad occhi aperti vengono interrotti dal rumore di scale che segnala che Emily sta arrivando.
-Buongiorno Emily- le do un bacio sulla guanca -dormito bene?-
-No. Ho dormito poco perchè, anche se sono con gli stessi compagni di classe, ho un pò paura. Ho sentito che abbiamo cambiato tutte tranne quella di ginnastica-
-Bè devi essere felice no? Tu adori l'insegnante di ginnastica- vedo un leggero sorriso apparirle sul suo viso delicato.
-si... Ma adoravo anche quella di matematica- il suo sorriso scompare all'improvviso.
-Capisco- preferisco non continuare il discorso.
-Sù mangiate o perderete entrambi l'autobus- in quel momento ricordo che ho solo 3 minuti per finire di mangiare e lavarmi i denti.
-Scusa mamma ma non riesco a finire. Vado a lavare i denti e scendo subito- dico allontanando la ciotola di cereali.
-Ok ma almeno bevi tutto il latte- mi incita.
-Va bene- prendo il bicchiere e in meno di 5 secondi è vuoto -arrivo subito- e corro in bagno.
Finito di lavare i denti do un'ultima occhiata al mio viso e sento il clacson dell'autobus.
-STA TRANQUILLO È QUELLO DI EMILY!- urla mia mamma. Ok ho solo un altro minuto per mettere un foulard, una collana, un bracciale e fare lo zaino. Prendo i primi due quaderni nuovi che mi capitano per mano e li metto dentro lo zaino.
-AMORE C'È L'AUTOBUS- urla mia mamma seguita dal rumore del clacson dell'autobus.
-OKOK- scendo le scale di corsa -eccomi- dico velocemente.
-Amore- mi giro di scatto verso mia mamma -buona fortuna- e mi fa un bacio sulla fronte.
-Grazie mamma- e la abbraccio.
Attraverso il vialetto davanti casa e le porte dell'autobus si aprono. Salgo i gradini e, mentre mi giro per cercare posto, noto la mia migliore amica Sophy Thompson. Dopo che abbiamo passato tutti gli anni insieme nella stessa classe, abbiamo deciso di fare lo stesso liceo. Non esito due volte e mi siedo vicino a lei.
-Buongiorno tesoro- le dico dandole un bacio sulla guancia mentre mi siedo accanto a lei.
-Buongiorno caro- dopo aver alzato la testa dal telefono noto che si è truccata. È veramente bella. Eye-liner, lucida labbra e fondotinta di una tonalità che la fa sembrare un'australiana.
-Ansiosa?- le domando aspettandomi già la risposta.
-Ovviamente no- mi dice ridendo.
-Bene siamo in due- dico con tono molto preoccupato.
-Dormito bene?- mi chiede.
-No. Ho fatto un incubo bruttissimo- le dico rabbrividendo al solo ricordo. Decido di raccontarle il sogno.
Proprio quando stavo per arrivare al finale mi accorgo che siamo davanti la nostra nuova scuola, ma l'autobus non si ferma, continua ad andare dritto. Ci giriamo per guardare se anche gli altri sono preoccupati quanto noi e notiamo che sono tutti girati verso il liceo tranne alcuni ragazzi e ragazze più grandi di noi che sembrano sapere dove stiamo andando.
-Scusi ma la nostra scuola è lì- urla un ragazzo biondo due posti davanti a noi.
-Oh lo so ma voi oggi non andrete in quella scuola- per un momento non capisco ciò che intende, ma poi un pensiero mi pervade la testa, siamo stati rapiti.~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•
Ciao ragazzi. Ecco il primo capitolo della mia nuova storia. È completamente inventata e spero vi piaccia. Ho deciso di prendermi una pausa dall'altra storia per dare creatività alla mia mente. Cosa ne pensate?
Un bacio 😘
il_serpeverde_del_4
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IL DOMINATORE DELL'ARIA
FantasyPRIMO LIBRO DELLA TRILOGIA "IL DOMINATORE DELL'ARIA" Trama: Jesse Evans crede di essere un ragazzo come tutti. Ha 16 anni e frequenta il primo anno di un liceo americano a New York. Non ha amici, solo una migliore amica, la migliore amica di sempre...