1 - Il bosco è la mia casa

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Erano appena le 7 del mattino quando uscii da casa con arco e faretra in spalla. Era l'orario perfetto per cacciare: gli animali si stavano svegliando per uscire dalle tane in cerca di cibo e acqua. Silenziosa e attenta come sempre, mi inoltrai nel fitto del bosco alla ricerca di una buona preda. Sapevo esattamente dove mettere i piedi per non far rumore, dove trovare nidi e tane, dove nascondermi se qualche animale particolarmente feroce non fosse stato di buon umore. Il bosco non aveva più segreti per me da molto tempo, ormai.

La prima volta era stata difficile: ero solo una bambina impaurita e sperduta tra gli alberi, sotto shock e con un fratellino di due anni aggrappato alla gonna. Senza genitori, senza una meta, avevo corso per ore, tentando disperatamente di allontanarmi il più possibile da Edge, la mia città d'origine. Niente potrà mai cancellare dalla mia mente le urla dei miei genitori in quel giorno di primavera. E non capirò mai quale forza mi abbia spinta a scappare dalle decine di persone che si erano infiltrate in casa mia. Però, in un modo o nell'altro, ci riuscii. La mia prima meta fu la casa del signor Yellor, un vecchio amico di mio padre su cui riposi tutta la mia fiducia. Sia lui che gli altri abitanti mi tradirono piuttosto in fretta, consegnandomi nelle mani degli assassini. O almeno ci provarono. Prima che ci riuscissero, scappai fuori dalla città che non mi amava come credevo e mi rifugiai in un bosco lontano. Ma anche così non ero al sicuro: come potevano due bambini sopravvivere senza un tetto sopra le proprie teste, senza né cibo né acqua e soprattutto senza genitori? In preda alla disperazione, caddi sulle ginocchia e scoppiai in quello che fu l'ultimo pianto della mia vita. Tra un singhiozzo e l'altro, gettai uno sguardo al bambino in lacrime che mi stava davanti. Era una creaturina così fragile, così innocente... E mi rialzai. Presi per mano mio fratello e vagai nel bosco alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa, che ci aiutasse ad arrivare al giorno dopo. Non so quale dio ci diede la sua benedizione, ma trovammo una radura e, al centro di essa, una casupola abbandonata. Il resto venne da sé: all'inizio mangiammo ciò che la natura offriva spontaneamente, come i frutti e l'acqua pura di un fiume che scorreva lì vicino. Fu un brutto periodo per me, ma ancor di più per Ryan. Era così piccolo, così indifeso... E così finii con lo sfamare quasi esclusivamente lui. Sempre per lui, cominciai i miei tentativi di pesca a mani nude -con poco successo. A volte ero così affamata e distrutta che avrei voluto accasciarmi per terra e lasciarmi morire. Ma poi vedevo il sorriso di mio fratello ogni volta che portavo a casa una mela particolarmente succosa o un piccolo pesce che avevo trovato incastrato tra le rocce del fiume, e allora ritrovavo la forza e andavo avanti. Passarono i giorni, le settimane, i mesi. Imparai ad accendere un fuoco, costruii una canna da pesca con ciò che trovai in casa e nel bosco, e infine imparai a cacciare.

Quella casupola era piccola e in rovina, ma all'interno c'era il necessario per vivere. La mia prima arma fu un grosso coltello da cucina che, unito alla mia agilità, servì in principio per uccidere qualche coniglio. Più che l'abilità di cacciare, ciò che mi mancava all'inizio era il coraggio. Per una bambina fare a pezzi degli animali era un oltraggio, soprattutto se quella bambina aveva sempre vissuto in una villa dove i camerieri servivano i pasti pronti e non le raccontavano di come il pollo o l'agnello avessero raggiunto il suo piatto.

In qualche modo riuscimmo a cavarcela per un po'. Ma presto le nostre necessità diventarono più complesse: eravamo in pieno sviluppo e crescevamo a vista d'occhio. Nonostante in casa ci fosse un armadio con dei vecchi vestiti, quelli non bastavano. Allora allargai il mio campo d'azione fino ad un villaggio lì vicino e diventai, mio malgrado, un'abile ladra.

Più tempo passava, più accontentarsi era difficile, più imparavo. Costruii un arco, poi ne rubai un altro. Imparai a cacciare anche con quello e ottimizzai la mia mira. Creai delle semplici trappole per la selvaggina, appresi nuove tecniche di pesca, capii come distinguere funghi e frutti commestibili da quelli velenosi. E intanto dentro di me cresceva un odio profondo per la gente, per coloro che ci avevano tradito, per quelli che avevano ucciso i nostri genitori. Raccontai più volte la nostra storia a mio fratello, per condividere con lui quel dolore costante. Seppure lui avesse ben pochi ricordi dei nostri genitori, io cercavo di tenerli vivi narrandogli le storie della mia infanzia, le favole di nostra madre, le avventure di nostro padre, parlandogli del lusso della nostra casa.

Fiducia e IngannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora