Want

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Chiesa

Entrai allegro nella 41 per cambiarmi dai vestiti pieni di sabbia, che ormai si era infilata in posti improbabili. Aprii la porta e intravidi Alex fulminarmi con lo sguardo.

<< Che cazzo hai?>>chiesi sedendomi sullo sgabello di fianco a lui, che striduló rumorosamente strisciando sul pavimento.

<< Mi fa rabbia che quando Mercedes è con me chiede sempre di te! >>, mi disse severo, a denti serrati, come se quelle parole venissero sputare dalla sua rabbia più profonda e nascosta.

Iniziai ad innervosirmi. << Ah! Che caso! Quando è con me chiede solo di te! >>. Mi avvicinai e << Mercedes ci vede nello stesso modo cazzo, sei geloso del tuo stesso migliore amico. Apri gli occhi.>> Gli sussurrai a pochissima distanza guardandolo negli occhi.

Lui distolse lo sguardo, le labbra assottigliate dall'imbarazzo.

Si strinse nelle spalle ed andò sul balconcino a fumare.

Odiavo questo tipo di comportamento da parte di Alex. E non era la prima volta che rimaneva con l'amaro in bocca dopo una discussione con me.

Sbuffai, e me ne andai da quella stanza, non prima di essermi fatto una doccia fredda, perché mi andava di farla così. Tantissimi pensieri vorticavano per la mia testa. Era quasi l'ora di iniziare ad incammarmi verso scuola. Quindi mi ritrovai al solito cancelletto della Uno, per cinque, dieci, trentasei minuti. Io stavo aspettando Mercedes, ma evidentemente, dopo neanche una lezione decente di scuola, aveva già voglia di saltare. E neppure Alex era uscito da quel cancelletto, perciò dedussi che la strada, quel giorno, l'avrei dovuta percorrere da solo.

Quindi, partendo un po' depresso da quel cancello arrugginito che assisteva ogni giorno a decine di coppie, di ragazzi e ragazze che si baciavano, si abbracciavano, o semplicemente si guardavano, mi diressi per il viale pieno di alberi per recarmi alla scuola.

Sotto quegli alberi secolari le foglie secche scricchiolavano, come i rami secchi del tronco, spogli dall'arrivo della stagione fredda.

Era appena la fine di ottobre, ma già nell'aria si sentiva odore di freddo, quel freddo che ti entra dentro le narici, incastrandosi un po' dappertutto, finché non arriva alle singole cellule, e tu squoti il corpo per i brividi, Perché fermo non puoi proprio stare.

Forse avrei dovuto portarmi una sciarpa, quella mattina, perché il vento iniziava ad alzarsi, il collo mi si rafreddava e piccoli granelli mi finivano negli occhi, anche se li tenevo a fessura, fino a chiuderli e non vedere più davanti ai miei occhi.

Credo, pensai, che Mercedes abbia fatto la scelta migliore a restardene in dormitorio a riposare, per quanto ci riesca.

Arrivato al portone della scuola incrociai Alex, che parlava con tre ragazzette oche fino alle ossa, con capelli lisci e lucidi, probabilmente perché non li lavavano tanto spesso.

E pensai che Mercedes anche da lontano dava l' impressione di quel che era: solo una ragazza semplice, sorridente, anche se triste.

E senza accorgermene mi ritrovai a sorridere, al solo pensiero del sorriso triste della ragazza.

Mi rasserenava, anche se avevo incubi ben peggiori delle sue aspettative, e lei aveva incubi ancora più spaventosi di quello che faceva trasparire involontariamente.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 14, 2016 ⏰

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