Capitolo 5

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<<Facciamo il gioco delle venti domande.>>

La voce morbida di Castiel risuonò nell'ampia cucina mentre il ragazzo si muoveva da un bancone all'altro velocemente e con fare sicuro. Molto probabilmente ci era cresciuto tra quei fornelli.

Mancavano ormai solo quattro giorni a Natale e il carico di lavoro della HoR era aumentato vertiginosamente. Se prima Alexander poteva sperare che Castiel riuscisse a prendersi un paio di ore di permesso quando aveva i turni di sera, in quel periodo era completamente fuori questione. L'uomo doveva lavorare continuamente, alcune volte anche facendo turni in più per dare una mano in cucina.

Così quel pomeriggio il biondo, annoiato fino all'esaurimento e scocciato dal fatto che non vedeva Castiel da giorni –ed era meglio non soffermarsi su quest'ultima cosa-, aveva camminato fino alla pasticceria e adesso si trovava nel regno dell'altro a guardare rapito i suoi movimenti consapevoli.

Era seduto su un bancone e faceva dondolare le gambe mentre era immerso nell'odore di cioccolata e vaniglia che permeava l'aria quindi ci mise un poco a capire la domanda.

<<Che gioco è?>> domandò allora, guardandolo curioso. Castiel pensò che assomigiasse ad un bambino molto più di quanto volesse ammettere.

<<Davvero non ci hai mai giocato?>> ribatté l'altro scioccato mentre infilava l'ennesima teglia nel forno. Lo sguardo di Alex si fermò un poco più del dovuto sulle sue braccia scolpite, messe in mostra dalle maniche della camicia della divisa arrotolate.

<<Non ho idea di cosa sia, giuro>> e cominciò di nuovo a far dondolare le gambe.

<<Io faccio dieci domande a te e tu ne fai dieci a me, alternandoci. E si deve rispondere sinceramente. Ci sarebbe utile considerata la tua scarsa loquacità>> e rise cominciando a decorare una torta a due piani.

<<Mi dispiace>> mormorò allora l'altro.

Castiel gli passò accanto e gli arruffò piano i capelli per poi prendere delle rose di zucchero dietro di lui: <<Mi piaci così.>>

<<Facciamolo allora, ma non ti assicuro di rispondere a tutte>> disse il cantante mentre arrossiva per le sue parole.

<<Ovviamente. Comincio io. Trovi anche tu che i clown siano terribilmente inquietanti?>> domandò serio ma comunque concentrato sulla torta che aveva davanti.

<<Ma sono solo persone mascherate!>> esclamò il più piccolo divertito.

<<E' tutto un complotto! In realtà sono assassini che si truccano per non farsi riconoscere. Ma li vedi quando sorridono?>> domandò mentre rabbrividiva.

Alexander questa volta rise davvero, tenendosi al bancone per non cadere.

<<Non puoi fare sul serio!>>

<<Lo sono. E quelle fossette sono stupende, Alexander. Mettile più in mostra, sì?>> e uscì dalla cucina per portare la torta al bancone, lasciando l'altro con la bocca socchiusa, non sapendo cosa dire. Quando Castiel tornò pochi secondi dopo lo guardò sorridente mentre passava ad occuparsi degli ennesimi cupcake della giornata: <<Tocca a te.>>

Alexander dovette pensarci un attimo, non avendo nulla in mente: <<Davvero non avevi idea di chi fossi?>>

L'uomo girò la teglia per finire di decorare quelle piccole bombe di calorie: <<Sul serio. Avevi una faccia familiare, probabilmente ti avrò anche visto in qualche programma forse, ma la musica non è decisamente una cosa che mi appassiona molto. Qualche volta magari mi farai sentire qualcosa per cambiare idea.>>

Broken Emeralde (boyxboy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora