[Ciao a tutti, benvenuti in questa follia creata un sabato notte un po' nostalgico.
Prima di iniziare volevo puntualizzare alcune cose: la storia è narrata secondo il punto di vista di Álvaro, ogni capitolo apparterrà ad un suo ricordo ben preciso, non saranno parti brevi ma metterò il numero delle parole e il rating all'inizio di ognuna, nella mia testa è già finita, ma per adesso ho scritto cinque capitoli.
Voglio anche ricordare che i due personaggi protagonisti non sono una coppia reale, Paulo ha una fidanzata e tanto meno nessuno dei due è dichiaratamente gay, i fatti raccontati sono di mia invenzione (a parte luoghi, alcune situazioni e citazioni che sono reali, ma per farli presente metterò la nota a fine pagina).
Ho scritto ciò perché voglio molto bene a questi due, hanno un rapporto speciale e sono legati da una profonda amicizia, in oltre tutti sanno come Álvarone guarda Paulito quindi lasciamo che si amino almeno nelle nostre teste.
Buona lettura!]756 parole
Fisso il telefono, i contatti aperti su "Pau", bevo un altro sorso di whisky ridendo di me stesso per il fatto di non essere ancora riuscito a cambiare il suo nome.
Non tocco lo schermo però, resto immobile, seduto sul portico del giardino che dà sul retro, con gli occhi fissi sul grande quadro di foto appeso in soggiorno.
Ne bevo un altro po', entro, mi avvicino all'ammasso di foto sparpagliate su una tela bianca, le aveva scelte lui, ogni tanto lo sorprendevo a cogliere i nostri attimi di amore, dai più semplici ai più intimi.
Ne butto giù ancora un goccio, osservo una foto in alto a sinistra, ritirare me, Paulo e qualche altro giocatore della squadra in campo, la sfioro con le dita e sorrido amaramente: era il nostro primo incontro.Era iniziato tutto per gioco, me lo ricordo bene.
Per la maggior parte delle persone era un giorno qualsiasi di Giugno, ma non per noi.
Massimiliano aveva appena finito il suo discorso, aveva detto di trattare bene il nuovo arrivato, di farlo sentire subito parte della famiglia, di considerarlo come il loro fratello minore, perché Paulo aveva appena 20 anni e perciò andava trattato come il bimbo di casa.
Ed era vero, sembrava un sedicenne in piena crisi ormonale, viso tondo e liscio, jeans strappati e maglia bianca stretti in un corpo di appena un metro e settantacinque, sorriso tentatore e occhi vispi.
Erano stati proprio quei maledetti occhi verdi a farmi provare una stretta allo stomaco, quando attraversò per la prima volta la porta degli spogliatoi e si avvicinò per stringermi la mano, per poi andare avanti e presentarsi al resto della squdra.
Non avevo avuto modo di dare troppo peso alla strana sensazione quel giorno, troppo preso dall'allenamento e dai vari impegni.
Dovetti ricredermi la sera di quello stesso giorno di estate.
Avevamo deciso tutti insieme di organizzare una cena per festeggiare il nuovo acquisto e per augurarci buone vacanze prima di partire ognuno per strade diverse.
La festa era a casa di Simone, di questo ne sono sicuro, del resto non molto, perché l'alcol quella sera scorreva a fiumi e tutti erano felici, anche di questo sono sicuro.
Del resto, ho solo ricordi sfumati, ma una scena mi è ben impressa in mente: era notte inoltrata, qualcuno era seduto intorno al tavolo, altri sul terrazzo a fumare, io ero seduto sul tappeto insieme a Paul, Simone, Gigi, Claudio e Paulo, eravamo brilli, molto brilli e stavamo giocando, o almeno ci stavamo provando, a imitare gli altri compagni.
Ricordo vagamente le risate nel vedere il nostro capitano con la maglia improponibile e gli eccentrici anelli di Pogba, però Lui me lo ricordo bene.
Era arrivato il suo turno, nascondeva uno sguardo preoccupato, era appena arrivato e non voleva offendere nessuno, quando gli venne assegnato il mio nome ricordo di aver visto il suo viso da bambino arrossire per poi subito venire attraversato da una luce diversa, si alzò in piedi e si avviò verso l'ingresso per infilarsi la mia maglia grigia, per poi tornare sul tappeto e iniziare a fare battute imbarazzanti, tali quali alle mie e a cui nessuno ride mai, ma in quel momento, uscite dalla sua bocca, sembravano le più divertenti del pianeta.
Quello che accade dopo non lo ricordo, so che centra il vomito di qualcuno, le cazzate di qualcun altro e i padri responsabili che tornano dalle proprie famiglie.
So che arrivarono le quattro di mattina, l'unica cosa che volevo era tornare a casa, stendermi sul letto e dormire per almeno quindici ore, andai a salutare Simone e a ringraziarlo, ad abbracciare tutti i mezzi superstiti e che uscii fuori sulla terrazza.
Faceva fresco, l'aria delle prime ore del mattino si faceva sentire, mi accessi una sigaretta e mi avvicinai alla balconata. Lì, c'era anche Paulo, glie ne offrii una e in silenzio ammirammo l'alba, dopo aver finito di fumare restammo in piedi ancora per non so quanto tempo.
Lo sentii sospirare per poi girarsi e augurarmi buone vacanze e per dirmi che era felice di giocare in in una squadra del genere e che sperava di fare insieme a me grandi cose per rendere orgogliosi tutti, gli risposi educatamente mentre si avviò verso la porta per rientrare nell'appartamento.
Ricordo che scusandosi si bloccò sull'entrata, per poi togliersi la mia maglia grigia un po' troppo lunga per lui, gli dissi che non importava e che poteva tenersela perché quel colore gli faceva risaltare le sfumature dei suoi occhi e poi ricordo solo di essere tornato a casa sorridendo.
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Ricordo
FanfictionSpagna, estate, una bottiglia di Jack Daniel's, un armadio vuoto, alcune foto strappate: Álvaro ricorda.