[925 parole]
C'è una foto in bianco e nero nell'angolo destro del quadro, appoggio la bottiglia sul pavimento, neanche bevendone venti riuscirei a far svanire quell'istante: siamo noi due, sotto il piumone di un letto di albergo, Paulo guarda fisso nell'obbiettivo mentre io rido con il viso nascosto tra il suo collo e la sua spalla.
Era domenica, non riuscivo a dormire bene dalla scena del cinema, erano passati due giorni e non avevo risposto a nessuno dei suoi messaggi.
Ero incazzato, molto incazzato: non volevo uscire di casa, andare a Frosinone, stare in panchina, vederlo.
Fu una partita del cazzo quella, perdemmo clamorosamente all'ultimo minuto, tornammo in hotel demoralizzati con l'intenzione di andare a dormire.
Una volta arrivati però, i nostri piani vennero scombussolati da Paul che decise di andare in una discoteca lì vicino per tirarci su il morale, e non so ancora adesso come, ma convinse me e pochi altri a seguirlo.
La discoteca era gremita di ragazze e ragazzi dai diciassette ai venticinque anni, la musica era assordante e le luci stroboscopiche illuminavano a malapena il nostro privè.
Provai davvero a divertirmi, ci provai davvero, ma l'unica cosa che riuscii a fare quella sera fu stare seduto sul divanetto, bevendo cocktail ed evitando qualsiasi conversazione, ad osservare Paulo provarci spudoratamente con una biondina.
Guardavo fisso la scena: un Paulo sbronzo in t-shirt nera e jeans scuri a fasciarli perfettamente i muscoli che si tendevano ad ogni movimento di bacino, ad ogni movimento del collo, ad ogni movimento delle braccia che spingevano quella ragazza verso di lui.
Poi lui se la tirò ancora più addosso e la baciò.
Fu in quel momento che impazzii, mi alzai dal divano, scappai dalla presa di Simone che tentò di fermarmi, mi avvicinai alla pista da ballo, mi misi in mezzo ai due obbligandoli a staccarsi, "Perdoname" dissi falsamente alla ragazza, poi mi girai e senza dire una sola parola lo presi per il braccio e lo condussi fin dentro alla mia macchina.
Il viaggio fu lungo, Paulo continuava a farneticare frasi senza senso intramezzate da dei 'Ti odio' detti contro il finestrino, ci dovemmo fermare più volte a causa dei suoi 'Devo vomitare'.
Ancora più lungo fu il viaggio parcheggio-camera da letto, Paulo non voleva essere toccato o aiutato, ma nonostante le sue proteste, riuscì a trascinarlo nella sua camera senza farci notare da nessun membro del team.
Entrammo nella stanza, si tolse le scarpe, la giacca e andò in bagno per rigettare tutto l'alcol che aveva in corpo, lo sentii sciacquarsi la faccia e poi lavarsi i denti, quello sarebbe stato il momento perfetto per andarmene, ma non lo feci.
"Ti odio" disse uscendo dal bagno, "ti odio fottutamente tanto Álvaro" continuò raggiungendomi davanti alla porta e sfidandomi mi disse "Perché cazzo mi hai fermato? Sono per caso tuo figlio? Sono per caso tuo fratello? Sono per caso il tuo fidanzato? Rispondi Álvaro, chi sono io? Niente, io e te non siamo niente se non compagni di squadra, quindi tu non hai nessun motivo per impedirmi di fare ciò che voglio, per impedirmi di scopare chi ho voglia. Non hai nessun diritto."
Lo guardai dritto negli occhi che erano diventati scuri come il prato bagnato dalla pioggia. "Tu hai una fidanzata, Paulo."
"Vaffanculo Álvaro, è tutto ciò che riesci a dire?" mi spintonò contro la porta senza alcuna forza, era stremato, gli occhi verdi come il prato durante una tempesta.
"Cosa vuoi sentirti dire Paulo? Che mi sono dovuto trattenere in quella cazzo di discoteca per non venire lì in mezzo davanti a tutti e urlarti contro quanto sei coglione? Per dirti quanto mi desse fastidio vederti ballare, muovere i tuoi fianchi in quel modo? Quanto mi sembrasse sbagliato vedere una ragazza qualunque appiccicata al tuo corpo? Quanto solamente al pensiero di sapere che ti saresti scopato quella, sapere che il tuo profumo sarebbe stato sentito da una persona diversa da me e che la tua pelle sarebbe stata sfiorata da una pelle diversa dalla mia, mi stava mandando completamente fuori di testa? Vuoi sentirti dire che se prima pensavo di impazzire, adesso sto morendo nel trattenermi per evitare di baciarti?" gli urlai in faccia come risposta.
"Vaffanculo" disse poco prima che ci arrendemmo e mi chinai per far scontrare le sue labbra con le mie.
Fu un bacio feroce, duro, combattuto, sofferto, avevamo aspettato fin troppo.
Avvenne tutto in modo naturale, mi saltò in braccio incrociando le sue gambe dietro alla mia schiena ed io lo tenni stretto a me, ridacchiammo insieme perché i nostri corpi erano già abituati a trovarsi così sul campo.
I suoi occhi in quel momento erano verdi accessi, brillavano come il prato colpito dal sole in pieno Agosto.
Le nostre bocche combaciavano perfettamente, e le nostre lingue si cercavano a vicenda con la stessa armonia con cui le nostri mani si legavano e accarezzavano i nostri corpi tremanti.
Ricordo che continuammo a baciarci per tutta la notte senza mai stufarci, troppo scombussolati dai brividi per fermarci.
Ricordo anche che risi per cinque minuti buoni quando Paulo iniziò a cercare su internet dei modi per far sparire i succhiotti, terrorizzato dall'idea che qualcuno potesse vedere i piccoli marchi che gli avevo lasciato sul collo e sul petto, per poi togliergli il telefono di mano e abbassarmi fino a sfiorare con i denti la zona di pelle che copriva il suo pomo di Adamo pulsante per l'eccitazione per far capire a tutti, o forse più per ricordare a me stesso, che solo io avevo il privilegio di toccarlo in quel modo.[Buona sera ai pochi superstiti di una partita soffertissima, come state? Siete ancora interi?
Volevo dirvi che la notte in cui scrissi questo capitolo sorrisi per tutto il tempo perché me lo immagino proprio così il loro primo bacio, causa di una scenata di gelosia di Álvarone, perché insomma, si sa che è molto, MOLTO, protettivi nei confronti di quello che gli appartiene.
Quindi niente, fatemi sapere qualcosa!]
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Ricordo
FanfictionSpagna, estate, una bottiglia di Jack Daniel's, un armadio vuoto, alcune foto strappate: Álvaro ricorda.