I love you

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[2500 parole, rating rosso. Preciso subito: la parola spagnola 'neno' può essere tradotta in italiano con il soprannome 'piccolo']

Sono le quattro di mattina, il ricordo della prima volta che ci siamo amati mi fa sentire vivo dopo tanto tempo.
Inizio a staccare tutte le foto in torno a quella in bianco e nero e ognuna di queste mi fa riaffiorare ricordi che mi provocano brividi lungo tutta la schiena.
Mi blocco, respiro. Sono tre piccoli scatti, posti uno sotto l'altro, il formato è quello delle macchinette per le fototessera: Paulo è seduto sopra di me, nella prima sorridiamo abbracciati, nella seconda stiamo ridendo e nell'ultima ci baciamo, le sue braccia incatenate al mio collo.

Le giornate dopo quella mattina in cui mi svegliai con affianco Paulo che dormiva beatamente, con un lieve sorriso sul volto, con addosso quella maglia un po' troppo lunga e larga sulle spalle, furono una meglio dell'altra.
Arrivò gennaio e assieme a lui le mattinate a fare allenamento, i pomeriggi a sbrigare il più velocemente possibile i nostri impegni per poi alla sera essere liberi di stare a casa di uno dei due e amarci silenziosamente.
Dopo arrivò febbraio e il nostro amore iniziò ad essere meno segreto, i nostri compagni videro i primi baci e le luci della notte ci avvolsero mentre ci scambiavamo sguardi e ci sfioravamo le mani per le vie della città.
Arrivò poi marzo, mia sorella lo conobbe durante una cena a casa mia, che ormai era diventata casa nostra, lo adorò fin dal primo istante.
Il mondo iniziò ad accorgersi di noi.
Paulo decise di continuare a uscire pubblicamente con la sua ragazza per non destare sospetti, ma le voci e i pettegolezzi non cessarono.
Per questo motivo decisi di far finta di essermi nuovamente fidanzato con una ragazza con la quale ero solamente amico. Paulo provò più volte a convincermi a non farlo, disse anche che avrebbe detto tutto alla stampa, ma io non glie lo permisi.
Litigammo pesantemente quel mattino, ci furono pianti e urla e dovetti prendere l'aereo per Monaco con ancora il volto segnato dalle lacrime.
Fu una gran partita quella, corsi come un matto per lui che non era lì, per fargli capire e per farmi capire, che ci saremmo riusciti, che avremmo potuto continuare a fare la cosa che più amavamo fare e, allo stesso tempo, stare assieme, dovevamo solo essere disposti a fare grandi sacrifici.
Appena tornai in albergo, Paulo mi chiamò al telefono per sentire come stessimo, per dirci quanto fosse orgoglioso di fare parte di una squadra del genere e poi, quando capì che ero in camera da solo, mi disse che si era messo a piangere dall'emozione quando Cuadrado segnò, perché rivide nella mia azione tutta la tenacia e la grinta che ho dentro e poi, che tornassi subito a casa perché gli mancava il mio profumo.
Io però avevo un altro piano in mente e gli scrissi prima di andare a dormire.
Per Pau: «Non torno a casa. Prendi vestiti per un weekend, prepara la valigia e infilaci dentro anche qualcosa di mio. Volo 221 Gate 4, ti aspetto. Buona notte mi corazón.»

Ci svegliammo tutti presto, volevamo tornare a casa il prima possibile, avevamo bisogno di riprenderci dalla sconfitta e prenderci un po' di tempo per riflettere sul fatto che sì, eravamo stati usciti dalla Champions, ma eravamo una grande squadra ed eravamo quasi pronti per alzare La maledetta coppa.
Una volta in volo, stilai il programma per la vacanza: volevo regalargli i migliori giorni della sua vita.
Atterrammo senza alcun problema e mi diressi subito al Gate 4, lui era già lì.
Ci abbracciamo velocemente per non andare troppo nell'occhio e ci mettemmo in fila per fare il check-in.
"Álvaro, hai intenzione di dirmi dove siamo diretti?" Mi voltai e sorridendogli gli porsi il biglietto. "Dimmi che stai scherzando.." Iniziò lui senza avere la possibilità di continuare dato che era arrivato il suo turno di consegnare i documenti. Lo guardai ridendo e poi mi avviai verso le scale che portavano dritte all'imbarco.
Mi raggiunse pochi minuti dopo, con ancora la faccia sconvolta, si sedette sul sedile di fianco al mio e dopo aver controllato un'altra volta la destinazione sul foglio disse "Stiamo davvero andando a Parigi?" alzai le spalle e risposi "Sai bene che sono un inguaribile romantico!" scosse la testa con un sorriso a trentadue, "Tu sei pazzo."  constatò stringendomi la mano.

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