Capitolo Primo

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Fanny apre la porta e, sconsolata, osserva i fiocchi di neve che non sembrano avere intenzione di smettere di cadere. Tito, il suo barboncino nano, le saltella intorno tutto contento pregustando già la passeggiata che lo aspetta. Lo guarda piena d'amore: i suoi occhioni grandi sono vispi e luccicanti, la lingua, leggermente di fuori, si muove a gran velocità.

"Tesoro...non possiamo andare a fare il giretto. Non vedi quanta neve? Ti prenderesti un malanno...".

Lui, visibilmente offeso, abbaia un paio di volte e corre a nascondersi sotto il vecchio divano in pelle, il suo rifugio preferito.

"Tito...lo so che sei stufo di stare in casa. Facciamo cosi...ora ti preparo una bella merenda, giochiamo un po' e ti faccio tutte le coccole del mondo.

Alle parole merenda-giocare- e coccole il cagnolino si precipita fuori dal divano, come un razzo.

"L'ho sempre detto. Tu non sei un cane...ma un umano. Capisci tutto. Vero amore?".

Due ore più tardi, mentre lui dorme beato nella sua cesta di vimini, Fanny fissa lo schermo del pc, immobile e un po' infastidita. Le parole non vogliono saperne di uscire dalla sua testa. La notte, specialmente quando fatica a prendere sonno, viene attraversata da mille idee ma poi la mattina non riesce a mettere giù nemmeno una frase di senso compiuto. E si che scrivere le era sempre piaciuto.

Quando era al liceo aveva pubblicato due bestseller, da cui erano stati tratti anche i film. E pensare che il tutto era nato per caso, ispirandosi alla tormentata storia d'amore di due suoi compagni di classe, Francesco e Francesca. Nemmeno a farlo apposta. Aveva iniziato a scrivere una storia a puntate che distribuiva agli amici durante l'intervallo. Nel giro di qualche settimana, complice il passaparola, anche gli alunni delle altre classi si erano fatti coinvolgere e, dopo un'ostentata reticenza, pure i prof. Il caso volle che la moglie del professore di lettere fosse un'editor presso una nota casa editrice e che, dopo aver scovato un paio di capitoli nell'auto del marito, aveva deciso di pubblicarla consacrandola al successo. Era stato un vero e proprio caso editoriale, Fanny aveva partecipato a talk-show, aveva rilasciato interviste ai più autorevoli quotidiani vendendo quasi tre milioni di copie in tutto il mondo. Il suo agente aveva insistito perché continuasse...ma non era più riuscita a scrivere nulla di pubblicabile. Dopo un paio di manoscritti a dir poco imbarazzanti, quelli della casa editrice l'avevano catalogata come una meteora e non si erano fatti più sentire.

Fortunatamente aveva guadagnato un sacco di soldi con i quali si era pagata l'università, il master in moda a New York e la sua deliziosa casetta in Brera. E che, grazie agli investimenti della madre, le garantiva ancora una rendita che le serviva per integrare il misero stipendio, quando ancora lavorava, e per vivere ora che un lavoro non ce l'aveva più.

Fanny pensa che è incedibile che siano già passati tre mesi da quel giorno. In una vita parallela, se le cose fossero andate diversamente, oggi sarebbe una moglie felice che si gode i primi mesi di vita matrimoniale tra serate romantiche e cene con gli amici. Avrebbe ancora un lavoro e, forse, avrebbe finalmente ottenuto il contratto indeterminato e l'ambito ruolo di redattrice. Ma soprattutto avrebbe ancora accanto a lei Matteo, l'amore della sua vita. Il pensiero di lui le provoca una dolorosa fitta e cerca di scacciarlo concentrandosi sul pc.

Dopo avere messo giù due frasi senza senso...lo chiude di scatto imprecando. Ci avrebbe pensato l'indomani.

Guardando fuori dalla finestra nota che ha smesso di nevicare. Tempismo perfetto.

"Tito...vieni dalla mamma. Sai cosa ti dico? Che una bella passeggiata non ce la toglie nessuno...".

Il cagnolino la raggiunge trafelato, saltellando per la gioia. Cercando di tenerlo fermo gli mette gli stivaletti e il cappottino. Quando ancora viveva a Milano aveva sempre detestato i padroni che vestivano i propri cani. Ma in montagna è diverso e quell'inverno è particolarmente rigido. Non avrebbe mai e poi mai permesso che si ammalasse.

Velocemente infila il piumino, gli Ugg e esce di casa. Giunta in prossimità della pista ciclabile, costeggiata dal torrente, libera Tito che inizia a correre, ad annusare i profumi del bosco e della natura. Tanto il rischio di incrociare qualche altro essere umano è pari a zero. Specialmente con questo freddo.

Uno dei motivi per cui aveva deciso di trasferirsi nella casa di nonno Gustav era proprio il totale isolamento. Il piccolo paesino adagiato sulle dolomiti è un agglomerato di casette in legno e sassi. Tra le viuzze del minuscolo centro storico il tempo pare essersi fermato. Non ci sono supermercati o grandi catene ma solo vecchie botteghe, come una volta. A causa della distanza dalle località sciistiche alla moda, il borgo è abitato da un gruppo di sparuti irriducibili nativi più qualche forestiero amante della tranquillità: non più di 600 persone nel complesso. Proprio quello che ci voleva per riprendersi da quello che era successo. A parte le due sedute settimanali con la psicoanalista a Trento e le chiacchiere di cortesia con i negozianti, il rapporto con altri esseri umani era ridotto a zero. E stranamente non le pesa nemmeno un po'. Anzi. Ma d'altronde...quando da un giorno all'altro perdi tutto...come fai ad avere voglia di vita sociale?

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