Kiss me hard before you go Capitolo: 7

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Il giorno dopo andai a scuola. Non ero proprio dell'umore giusto per stare cinque ore su un banco duro e scomodo ad ascoltare lezioni di materie che mi interessavano poco. Inutile dire che quel giorno non c'era nè letteratura nè musica e sostanzialmente erano quelle le mie materie preferite. Mi sarei sorbita due ore di matematica e una di scienze e altre due di latino. Ero la ragazza più felice del mondo e proprio per dimostrarlo, quella mattina indossai skinny aderenti neri, maglietta grigia con scritto "I HATE EVERYONE" anfibi neri e giacca di pelle nera. Ero il ritratto dell'allegria e della felicità. E come se non bastasse mi ero messa il mascara per dare un tocco più macabro al tutto.
Feci un lungo respiro ed entrai in classe.

<<Signorina Scott, è in ritardo di mezz'ora>>

<<Lo so signor Brown, ma ho avuto dei problemi con la macchina>>

Non l'avevo neanche la macchina.

<<Mi dispiace Scott, ma le regole sono regole, e lei è costretta ad aspettare fuori fino alla fine di quest'ora. E ora vada e non ci faccia perdere altro tempo>>

Le regole sono regole? Bene, io mi ero rotta il cazzo delle regole, ero stanca di sentirmi dire "regole di qua, regole di la" A fanculo le regole, non mi interessava più niente e mi ero stufata di fare sempre quello che mi dicevano gli altri. Non volevo vivere per gli altri, ma per me stessa. Al diavolo!
Sbattei la porta con tutta la forza che avevo e passai davanti agli alunni spaventati senza dire nulla. Non sarei entrata la seconda ora, avrei saltato tutta la giornata. Quelle erano le mie regole e io le avrei rispettate.
Erano più o meno un paio d'ore che camminavo senza sapere dove andare, non avevo una meta precisa e quando vidi un pub dall'altra parte della strada mi ci fiondai immediatamente. Avevo qualche soldo con me, abbastanza da comprarmi da bere e annebbiare la mia mente per un po. Entrai dalla porta principale e mi bastò un'occhiata un po' seducente al buttafuori per assicurarmi l'entrata, probabilmente con questi vestiti dimostravo qualche anno in più.
Il locale era abbastanza squallido, c'erano metallari e rockettari ubriachi che giocavano a biliardo in un angolo, ragazze poco vestite che si strusciavano addosso ai ragazzi in pista e cinquantenni alcolizzati al bancone, ma non mi importava, volevo solo smettere di esistere per un po'.
Mi sedetti su uno sgabello e aspettai che il barista mi rivolgesse la parlo dato che era girato di spalle ad asciugare bicchieri bagnati con uno strofinaccio.
<<Dimmi pure, dolcezza.>>
Avrà avuto poco più della mia età, due piercing gli spuntavano dal labbro e dal sopracciglio e sotto la maglietta bianca si potevano vedere tutti i tatuaggi. Non era male, ma il nomignolo non mi piaceva per niente.
<<Jack Daniel's doppio.>>
Forse il mio tono di voce era sembrato troppo freddo e distaccato, ma volevo solo un fottuto drink e ubriacarmi fino a non ricordarmi il mio nome.
<<Ci vai giù pesante ragazzina>>
Il barista sorrise e io lo fissai nel intento di spronarlo a preparami il bicchiere. Lui si girò e iniziò a smanettateci con le bottiglie di alcool e ghiaccio.
<<Ecco a te>>
Mi porse il bicchiere e senza tanti festeggiamenti lo becco tutto in un colpo, la gola iniziò a bruciare e mi sentii già più leggera.

Era il sesto shot di tequila o forse il dodicesimo, non ricordavo. Mi veniva da ridere se pensavo che a quell'ora probabilmente dovevo essere a scuola a risolvere equazione indecifrabili.
<<Hai l'aria triste>>
Nello sgabello di fianco al mio si era piazzato un ragazzo sui venticinque. Aveva dei capelli nerissimi e gli occhi del medesimo colore. Era inquietante.
<<Posso sapere il tuo nome>>
Sorrise e io restai a bocca aperta, era bellissimo, ma aveva qualcosa di malefico in quel sorriso.
<<Juno>>
Mi meravigliai della vice impasto fa Che era uscita dalle mie labbra e lui allungò la mano spostando una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio, ma non c'era niente di dolce in quel tocco. Ripensai a Cam e ai suoi sbalzi d'umore. Chissà dov'era ora.
<<Io sono Brandon, vuoi qualcos'altro da bere?>>
Annuii e lui fece un fischio al barman e nel giro di un minuto avevo già il mio drink. Lo afferrai e lo bevvi. Era dolciastro e bruciava più di tutti quelli che avevo bevuto prima messi assieme. Poi la mia testa si fece ancora più leggera e pensai di essere in paradiso. Brandon mi prese per la vita è mi tirò via dallo sgabello portandomi in un posto più appartato, non riuscivo a formulare pensieri concreti e all'inizio non mi accorsi che delle mani stavano percorrendo tutto il mio corpo. Sudavo freddo e appena mi resi conto di essere rimasta senza maglietta qualcosa in me si risvegliò e iniziai a biascicare parole confuse.
<<No fermo..>>
La mia voce pareva un sussurro e lui sorrise baciandomi sulle labbra e subito dopo ficcandomi la lingua in gola.
<<Mammina non ti ha insegnato a non accettare drink dagli sconosciuti?>>
La sua voce era roca e profondamente cattiva. Cercai di divincolarmi ma era come se il mio corpo non rispondesse ai miei comandi.
<<Questi pantaloni sono di troppo, togliamoli>>
Le sue mani viscide arrivarono al botto e dei miei jeans quando una pugno entrò in collisione con la faccia del mio aggressore.
Quello che vidi fu sconcertante e rassicurante allo stesso momento.
Cameron era a cavalcioni sopra al ragazzo che pochi secondi prima aveva tentato di stuprarmi e gli stava riempendo la facci di pugni.

HELLS BELLSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora