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Sono comodamente adagiata sulla sdraio a sorseggiare il mio drink di fronte al mare della Polinesia, quando i miei pensieri sono interrotti da un suono molesto.
Ah, giusto non sono in Polinesia. Sono nel mio letto, a Londra.

Non siamo nemmeno in estate, ma in pieno autunno e naturalmente non vedo un raggio di sole da tempo immemore.
E quel rumore proviene dal mio stramaledetto cellulare poggiato sul comodino.
Ma perché non lo spengo la sera lo so solo io.
Eviterei chiamate notturne, assai rare, e le care vecchie radiazioni che prima o poi mi uccideranno se mi ostino a portarlo ovunque con me.
"Sophie" grugnisce l'essere sdraiato affianco a me.
Giusto, il telefono.
Ma che diavolo di ore saranno?
Afferro il molesto arnese e lancio un occhio alla sveglia. Wow, sono già le sette. E perché non sono in piedi?
Giusto, è sabato!
Ecco perché Ian si è fermato a dormire da me.
"Sophie, rispondi a quel coso" mi urla lui portandosi il cuscino sopra la testa.
Se vi era sfuggito, non sono molto reattiva appena sveglia.
Mi alzo dal letto e mi dirigo in cucina portandomi l'apparecchio all'orecchio.
"Pronto" sbadiglio più che parlare.
"La signorina Martino?" mi domanda una voce italiana.
"Sì, buongiorno".
"Scusi se la contatto così presto. E per giunta di sabato mattina. Purtroppo mi sono vista costretta dalle circostanze. Ma andiamo al dunque, sono Miriam Tueco e la contatto da parte dei servizi sociali".
Cosa???? Servizi sociali???
"Piacere signora Tueco" riesce a uscire dalla mia bocca.
"Piacere mio, ecco purtroppo le motivazioni per qui la contatto non sono certo liete, lei è diventata il tutore legale di Caterina".
Cosa sta dicendo questa donna?

E chi cavolo è Caterina? Un gatto?

Ok, forse è uno scherzo. Posso anche immaginare chi sia l'artefice. Gioia, la mia migliore amica che sicuramente si sta vendicando perché non mi faccio vedere da due mesi a Milano.
Si sta approfittando di me, perché sa che la mattina non connetto.
"Signorina Martino, c'è ancora? Mi sente?"
"Sì, scusi."
"Sa di chi sto parlando?"
Evidentemente deve aver colto il mio silenzio come una negazione.
"Il nome Caterina Ritto le dice qualcosa?"
Ok, forse non è uno scherzo. Gioia non conosce il cognome di mia madre o perlomeno della mia madre biologica. Oddio! Questo non è uno scherzo.
"Ritto è il cognome di mia madre, ma lei si chiama Susanna".
"Signorina mi spiace fare questa conversazione per telefono".
"Sofia, mi chiami pure Sofia".
"Sofia, sua madre purtroppo è morta."
Silenzio.
"Era malata da mesi, sa il tumore l'aveva condannata fin da subito".
No, non lo so. Ma continuo a stare zitta.
"Fortunatamente ha avuto il tempo per occuparsi del testamento e di Caterina".
Ma di chi diamine sta parlando?
"Lo sa che Caterina è sua sorella, anzi sorellastra per essere precisa? Sofia mi spiace non poter parlane di persona. Sarebbe perfetto se ci vedessimo il prima possibile".
Ed ecco che crollo, mi rompo in mille pezzi e inizio a sbraitare contro questa signora estremamente gentile e comprensiva che ha avuto l'ingrato compito di telefonarmi, di prima mattina per giunta.
"Non è possibile. Io non vedo mia madre da diciotto anni, non la sento da sedici e non la considero più mia madre da come minimo dodici. Non so niente di lei, dove vive, cosa fa, se si è risposata. Figuriamoci se sapevo che aveva un tumore e addirittura un'altra figlia. Quindi no, non ne vengo a parlare di persona. Io non so chi sia quella bambina. Contattate qualcun altro. Io me ne lavo le mani"
Ed è così che mi accascio sul pavimento gelido della cucina. Devo aver nuovamente svegliato Ian perché lo sento lamentarsi dalla mia camera. Ma non me ne importa niente.
"Sofia, purtroppo non c'è nessuno che possiamo contattare" mi risponde lei con un tono ancora più dolce.
"Mi dispiace rovesciarle tutto addosso, ma la bambina non ha nessuno. Lei è l'unica parente che ha"

Ecco perché ora sono in aeroporto!
"Tesoro a che ora arrivi?" mi chiede mio padre al telefono.
"Alle 16 ora vostra. Papà, può venire anche mamma a prendermi?"
Lo sento ripetere la domanda ad Anna, la mia vera madre per quel che mi riguarda.
"Ha detto che puoi scommetterci il tuo bel culetto magro. E che proverà a farti mettere su qualche chilo in questi due giorni"
Scoppiò a ridere, per quanto il suono della mia risata sia alquanto tirato. Ecco diciamo che ho avuto una giornata pesante. Sveglia alle sette, quando avrei dovuto dormire fino all'una per ricaricare dopo la settimana lavorativa e la serata di ieri.
Litigata con Ian alle otto, quando avrei dovuto fare sesso con lui dopo non averlo visto per quindici giorni.
Telefonata con i miei alle nove, per informarli dell'uragano che questa mattina si è abbattuto sulla mia vita.
Prenotazioni del primo volo disponibile alle dieci. Ah e non dimentichiamoci della seconda telefonata con i servizi sociali poco dopo e del mio disastroso tentativo di fare la valigia prima di correre in aeroporto.
"Ok, papà! Ci vediamo tra poco, stanno finalmente imbarcando".
Lo saluto prima di spegnere il telefono.

Con Ian naturalmente non ho ancora chiarito e lui era troppo occupato per accompagnarmi in aeroporto e parlare. Dato che mi ero permessa di averlo svegliato così presto, ha deciso di tornare a casa e portarsi avanti con il lavoro.
Ma capiamolo, il suo comportamento è del tutto comprensibile. Del resto è la sua la vita che è appena stata sconvolta.
Perché ci sto ancora insieme non lo so! Ah no, lo so! Sotto le lenzuola è perfetto.
Ma al di fuori della camera da letto è un disastro.
Ian. Terzo punto sulla mia lista "cose da risolvere".
Naturalmente i punti uno e due sono occupati da "assistenti sociali" e "Caterina".
Pensando a lei non ho ancora utilizzato la parola con la S. E non intendo "stronza". È solo una bambina, o almeno credo. Ora che ci penso non so nemmeno quanti anni abbia.

Naturalmente non c'è limite al peggio dato che capito nel sedile di mezzo, cosa che odio. Ma la giornata va così. Devo ricordarmi di non passare sotto una scala e di non incontrare sul mio cammino un gatto nero.

Non si sa mai come potrebbe andare a finire questo lieto giorno.
Fortunatamente il viaggio è veloce, o almeno per me il tempo passa in fretta considerate le numerose domande che mi attanagliano il cervello.

"Cosa devo fare con la bambina?"

"Cosa comporta l'essere la sua unica parente?"

"Cosa ne sarà della mia vita ora?"

"Come diavolo si è permessa mia madre di coinvolgermi in questa situazione?"

"Perché non mi ha chiamato?"

"Era tanto difficile prendere il telefono, chiamarmi e dirmi: Ciao Sofia, lo so che sono stata una madre di merda negli ultimi venticinque anni, ma si da il caso che io stia morendo. Quindi riallacciamo i rapporti. Ah a proposito hai una sorella?"

Vada al diavolo!

A mia madre non è mai importato niente di me. Lei andava e veniva quando voleva, figuriamoci se si prendeva il disturbo di comunicarmi la sua morte imminente.

L'ultimo quarto d'ora in aereo lo passo ad insultarla mentalmente con tutte le parolacce che conosco. E non mi limito solo alla versione in italiano, sarebbe troppo sgarbato tralasciare i cari termini inglesi che ho imparato negli anni.

Per fortuna il turbine di parolacce che scorre nella mia testa si placa una volta atterrati.

Altrimenti andava a finire che salutavo gli assistenti di volo con un insulto.

"Arrivederci e grazie di aver viaggiato con noi!" "Stronza"

Immaginate la figura.

Sfortunatamente o fortunatamente, dipende dai punti di vista, sono attanagliata da un altro problema: come trascinerò la valigia. In pratica ci ho buttato dentro il mio armadio. Pesa troppo per le mie esili braccia.

Mia madre ha ragione, dovrei mettere su qualche chilo. Vediamo cosa riesce a fare nei pochi giorni in cui sarò a sua disposizione.

"Sofia" la sento urlare appena superate le porte degli arrivi, trascinando con me la valigia.

Potrebbe esserci dentro un cadavere per quanto pesa. Tutta colpa di Ian.

Date sempre la colpa agli uomini, in un modo o nell'altro non sono mai innocenti.

"Mamma" riesco a dire prima di essere avvolta nel suo abbraccio.

Quanto mi è mancata.

Ed ecco che scoppio a piangere!

"Shhh, va tutto bene" mi rassicura lei.

"Si sistemerà tutto" si aggrega mio padre accarezzandomi la schiena.

Cara Italia, non mi eri mancata per niente!

*g

Una bambina all'improvvisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora