CAPITOLO 2
Tornata a casa mi reco subito in bagno a farmi una doccia, sono le sei di sera, ho impiegato più tempo del solito nel fare il tragitto, colpa del male allo stomaco che continuavo a sentire. Mamma non era ancora tornata dal lavoro e mia sorella Sophie è andata a trovare mia nonna Maggy insieme a mio fratello più piccolo, Derek. Sophie ha 23 anni, va all'università di New York e studia medicina. Le è sempre piaciuto studiare, al contrario di me.
E' fidanzata con Albert, un ragazzo francese; si sono conosciuti a Parigi, più precisamente al Louvre e tra i due è stato subito amore. Alby così lo chiamo io, ha una casa a Manhatthan, in uno dei quartieri più ricchi. Lavora in un museo di arte contemporanea e qualche volta fa quadri o ritratti su commissione. Mio fratello Derek invece ha 8 anni, è il classico fratello minore, quello che ti rompe le scatole 24h su 24.
Finito di fare la doccia mi sdraio sul letto; sono sola a casa, papà è fuori città per lavoro, mamma invece ritornerà domani mattina perchè essendo infermiera deve fare anche i turni di notte.
Non riesco a smettere di pensare a quello che è successo oggi, ho anche quasi pensato che non sarei riuscita ad uscire da quella porta. Quei ragazzi sono completamente fuori di testa, come si può anche solo pensare di mettere fine ad una vita umana? .
Le lacrime cominciano a scendere, ho paura. Stanotte un ragazzo morirà e se io non lo avverto, la responsabilità della sua morte è anche mia. Improvvisamente comincio a tremare, mi sto agitando, ho un peso sullo stomaco che non dà segni di voler scomparire. Mi sento in colpa, responsabile ,devo fare qualcosa, devo cercare di avvisare questo ragazzo; non posso lasciarlo morire, non posso far finta di niente, devo salvarlo, fosse l'ultima cosa che faccio!.
I sensi di colpa mi stanno divorando, alzo gli occhi sull'orologio, sono le 7:40. Mi rivesto il più in fretta possibile e afferro il telefono per chiamare le uniche persone che avrebbero potuto aiutarmi.
"no, non ho intenzione di venire in quel posto" Ed urla dall'altra parte del telefono. Gli ho chiesto se mi avrebbe accompagnato nel South Harlem, ma non vuole accompagnarmi. E' da più di un'ora che cerco di convincerlo. Gli ho raccontato cosa è successo a scuola con i Black Blood e si è spaventato da morire, neanche avessero picchiato lui, forse per farmi aiutare non avrei dovuto raccontargli il motivo di quel viaggio.
"Dai per favore Ed, non possiamo lasciarlo morire, dobbiamo avvisarlo!" dico con le lacrime agli occhi. Lui è l'unica persona a cui posso chiedere un favore, ho provato a chiamare anche Leila, ma non risponde.
"Ho detto di no, non impicciamoci in queste cose, non ci riguardano, se tu non apri bocca non ti succederà niente, stai tranquilla e dimenticati di questa storia, ci vediamo domani a scuola, ti voglio bene." Stavo per ribattere ma ha interrotto la telefonata. Non capisco perché si comporta così, anch'io ho paura, ma c'è in ballo una vita di una persona, su queste cose non si scherza dannazione!".
Provo a richiamare sia lui che Leila ma nessuno mi risponde. Decido quindi di fare la cosa più stupida e insensata del mondo, ma anche l'unica possibile, andare da sola.
Sono quasi le nove quando chiudo la porta di casa e mi avvio verso la metro. Ho deciso di non portare la borsa per evitare qualche scippo o qualcosa del genere, mi ritrovo quindi le tasche piene, ho persino dietro un coltellino svizzero, non si può mai sapere che gente c'è in quelle zone. Dopo aver comprato il biglietto e essere salita sul vagone mi siedo tra due donne. La mia gamba non riesce a smettere di tamburellare, un vizio che ho sin da piccola, quando sono ansiosa o nervosa comincia a tremarmi la gamba destra.
Non ho idea di come poter rintracciare questo ragazzo, conosco solo il suo nome, Anthony Vega. Se abita in quelle zone di certo non è un ragazzo affidabile, soprattutto se ha avuto a che fare con i Black Blood, ma d'altronde io lo devo avvisare soltanto, poi me ne torno velocemente a casa.
La metro arriva alla mia fermata e mi appresto a scendere velocemente. Davanti a me si presenta uno spettacolo inquientante. Le case sono tutte diroccate, piene di graffiti ,alcuni disegni sono a dir poco spettacolari, altri fanno alquanto spavento. I lampioni hanno una luce fioca, e altri non ne fanno proprio. Incomincio a camminare nelle strade che sono più illuminate, ho una fottuta paura, cerco di guardarmi sempre in giro per vedere se mi arriva qualcuno di spalle.
Improvvisamente mi trovo davanti una signora, dovrebbe avere sui 50 anni circa, mi guarda in modo diffidente, forse non è abituata a vedere ragazze come me che vagano alle 10 di sera in un posto del genere.
"che vuoi?" mi parla come in quei programmi televisivi polizieschi, ha una voce dura e un lieve accento, forse messicano.
"sto cercando Anthony Vega" rispondo con una voce poco sicura. La donna mi guarda con un cipiglio in viso, poi mi indica un gruppo di ragazzi che sono seduti in una panchina poco distante da dove mi trovo io.
"Johnny, esta chica quiere hablar con Anthony!" *johnny questa ragazza vuole parlare con Anthony!* urla la signora in spagnolo, poi rientra in casa senza accenare il minimo saluto.
Da lontano vedo un ragazzo che corre nella mia direzione, ha il cappuccio alzato sulla testa con un cappello con la visiera dritta che sbucava dal sotto. Quando è abbastanza vicino a me, si leva il cappuccio e mi guarda con un sorrisetto divertito sulla faccia. Ha la carnagione olivastra e gli occhi leggermente a mandorla con dei baffetti appena accennati, sembra il tipico ragazzo di origini messicane.
"Allora piccola,sei venuta fino a qui per Anthony eh?" ridacchia
"si, sai dove posso trovarlo?" gli chiedo, non vedo l'ora di andarmene, questo posto dà i brividi.
"certo, vieni con me" senza dire niente comincia a camminare. Sono passati 15 minuti quando entrando e svoltando tra alcuni vicoli ci troviamo davanti ad una villa. Non è molto grande, ma dà come è fatta e sopratutto dal modo in cui è tenuta sembra che si trovi in un quaretiere totalmente diverso da questo.
Johnny si avvicina al campanello e dopo averlo suonato risponde una voce ovatta, dovrebbe essere lui, finalmente!
"chi è?" risponde la voce, è molto "sporca", è quasi difficile da capire, come se avesse messo un fazzoletto sulla bocca prima di rispondere.
"sono io, johnny, è venuta a cercarti una puttanella, questa volta l'hai scelta proprio bene" risponde il ragazzo, vorrei ribattere sul nomignolo, ma non ne ho la forza e faccio finta di niente.
"cosa cazzo stai dicendo? Chi è?" risponde la voce.
"ci vediamo amico!" dopo aver salutato, Johnny mi fa un cenno con la testa e se ne va, ritornando sui passi del ritorno, lasciandomi sola.
Improvvisamente sento lo scatto di una porta che si apre, alzo subito lo sguardo e vedo degli occhi che possono essere paragonati al colore dell'oceano, i più belli che io abbia mai visto in tutta la mia vita.
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Salve ragazzi!! come va?? 😊
scusate per il ritardo nel postare, ma ho ricominciato la scuola dopo due settimane di stage ed è stato a dir poco traumatico ahaha 🙈
Quindi in questo capitolo Brooklyn ha deciso di aiutare Anthony, lui come la prendera?riuscirà a salvarsi?....lo scoprirete nel prossimo capitolo! 😜
mi farebbe piacere però se qualcuno commentasse per dirmi la sua a proposito della storia, e soprattutto cosa ne pensate del mio modo di scrivere, essendo una alle prime armi ho bisogno dei vostri commenti e consigli!! 😂😂
un bacio, alla prossima 😘
ps. mi scuso per eventuali errori di grammatica.🙈
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A Dangerous Collide
ChickLitNon potevo, non sarei riuscita a vivere con questo rammarico, dovevo salvarlo, al costo di rimetterci la mia vita. sono Brooklyn, per alcuni sono solo un peso, per altri un ostacolo da abbattere ; Ma lui, LUI mi considera la sua salvatrice...