Tra quindici minuti.

302 22 4
                                    

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
che la diritta via era smarrita...

Dylan chiuse il libro, massaggiandosi le tempie con i pollici. Leggere di notte fonda, con le luci spente e in lingua italiana, che non conosceva, era davvero un'impresa stupida.
Però si annoiava.
Erano le quattro di notte e attendeva con ansia che il sole spuntasse così che potesse cominciare a preparare lo zaino.
Aveva iniziato almeno dieci libri, ma ne aveva finito solo uno, per giunta con le illustrazione per bambini: già, non riusciva proprio a concentrarsi su niente, tranne sulle immagini colorate (anche se quelle del libro erano veramente brutte, constatò).
La zia Beth, quando era tornato a casa il giorno prima, gli aveva direttamente detto:
-Ho mandato Alfred a iscriverti al liceo questa mattina e potrai cominciare le lezioni da domani, se vuoi.
Dylan aveva annuito, pronto a dirigersi verso la sua stanza, quando la zia aveva aggiunto:
-Ah, la scuola comincia alle otto, vedi di essere pronto per le sette e mezza: siamo in Germ...
-Siamo in Germania, non in America; sì, ho capito.- l'aveva interrotta lui sorridendo, salendo le scale con agilità fino a raggiungere la sua stanza.
Da allora, il pensiero della scuola lo aveva tormentato fino a indurlo a rinunciare di dormire; si era alzato dal letto e aveva cercato un posto dove passare la notte e, bingo, aveva trovato l'immancabile biblioteca con tanto di libri rifiniti in oro (che Dylan non aveva osato toccare per paura di rovinarli).
Sbadigliando, puntò lo sguardo verso la finestra, osservando le cime degli alberi innevati.
Odiava aspettare.
Era davvero snervante, come quando hai finito un libro e non hai il sequel (Dylan non aveva trovato il sequel di quel libro per bambini, per sua sfortuna e angoscia).
P

roprio quando stava per appisolarsi, sentì uno scricchiolio dietro di sé e, con il cuore in gola, si girò.
All'inizio, niente.
Poi...
...c'era la creature dei suoi sogni, quella con il mantello rosso e la pelle cascante e grigia.
Dylan credette di star per avere un infarto, lì su due piedi.
Il ragazzo si alzò dalla sedia in preda ad un attacco di panico e evitò per un pelo che la creatura gli staccasse la testa con gli artigli. Scivolò di lato e strisciò sotto alla scrivania al centro della biblioteca, con i gomiti che protestavano ad ogni colpo.
Quando fu sotto la protezione della scrivania, si morse la lingua per non urlare: la paura era troppa.
Sentì dei libri cadere sul pavimento, uno dopo l'altro, e dovette ficcarsi la mano in bocca per non emettere alcun suono.
-Dylan, vieni fuori!- sussurrava la creatura, aggirando la biblioteca con il suo passo strascicante.-Vieni e non ti sarà fatto del male, lo giuro!
"Non è reale." si disse Dylan, prendendosi la testa fra le mani."Non è reale: è solo un sogno. Solo un sogno. Solo un sogno!"
La creatura lo afferrò per il colletto, il volto grigio vicinissimo a quello di Dylan, e stava per buttarlo dall'altra parte della biblioteca, quando disse con voce femminile:
-Signor Dylan, si deve svegliare.
Dylan urlò...

...e si risvegliò alzandosi di botto, con la serva che si allontanava bruscamente dalla scrivania.
Il ragazzo inciampò e cadde come un salame a terra, con il sedere dolorante. Alzò lo sguardo sulla serva, Camille, che lo guardava piuttosto male e sorrise timidamente, scusandosi con lo sguardo.
Camille, sistemandosi il grembiule di pizzo, disse in un inglese perfetto:
-Sono le sette e un quarto. Alfred la aspetta tra quindici minuti fuori dalla casa.
Dylan spalancò gli occhi dalla sorpresa e corse fuori dalla biblioteca dove si era addormentato, maledicendosi da solo.
E pensare che era stato così attento a non addormentarsi...
Quasi come in un sogno, veloce e saettante, entrò nella sua stanza come un forsennato, afferrando lo zaino e gettandoci dentro quaderni e matite e tutto ciò che trovò a portata di mano che sembrasse scolastico o, per facilitare la cosa, più noioso delle altre cose.
Si tolse il pigiama e indossò la divisa scolastica: una maglia di lana blu con sul cuore il simbolo della scuola, un lupo bianco su uno sfondo nero, e degli jeans neri.
Quel lupo disegnato sulla sua divisa lo mise per un attimo a disagio, ma si convinse che fosse solo per il nome della cittadina, Wolfen.
-Dannazione a me...- si disse, cercando il cellulare che gli aveva regalato la zia il giorno prima.-Dove diamine l'ho messo?!
Mise praticamente a soqquadro la sua camera, finché non si ricordò che aveva portato il cellulare con sé in biblioteca la sera scorsa.
"Sono un idiota." concluse.
Si mise in spalla lo zaino e corse fuori dalla stanza, percorrendo i corridoi con la velocità di una gazzella; quando arrivò nella biblioteca, si fiondò sulla scrivania, buttando a terra tutto quello che non fosse il suo cellulare.
Lo trovò sotto il libro de La Divina Commedia.
Rimase un attimo indeciso sul libro Il Nome della Rosa che aveva cercato di leggere la mattina presto: portarlo o non portarlo? Questo era il problema.
-Ma sì dai, farò una buona impressione.- decise afferrando il libro e mettendolo dentro lo zaino.
Uscì dalla biblioteca e scese le scale quasi inciampando; quando vide Camille salire le scale con un vassoio con sopra della frutta, Dylan ne afferrò una mela e raddoppiò la velocità, mentre la serva gli gridava dietro in tedesco.
Addentò il succoso frutto e uscì dalla casa, mentre Alfred lo aspettava con il sopracciglio scuro alzato vicino all'auto nera.
-Sei in ritardo di cinque minuti.- osservò l'uomo, facendogli un segno distratto per farlo entrare nell'auto. -Non sono io in ritardo, tu sei in anticipo.- precisò Dylan, alzando le spalle.
-Lasciamo perdere.- Alfred scosse la testa, dicendo qualcos'altro in tedesco, probabilmente:-Ah, gli americani!
Dylan salì sull'auto subito dopo Alfred, continuando a mangiare distrattamente la mela.
L'uomo mise in moto l'auto.
"Un giorno morirò per un attacco di panico." pensò osservando come la reggia si allontanava."E sarà tutta colpa di un sogno. Sto diventando matto."

La scuola non era né bella né chissà cosa: per Dylan, tutte le scuole erano uguali, anche perché non ne provava un grande amore da quando era morto il padre.
A cosa serve la scuola, pensava, quando non ti aiuta a salvare le persone che ami?
Anche se, secondo Alfred, quello fosse l'edificio più bello e lussuoso di Wolfen.
Dylan oltrepassò il cortile con l'uomo, osservando come la massa compatta di ragazzi entrava nell'edificio, parlando animatamente in tedesco.
-Io non so il tedesco.- disse Dylan a Alfred, alzando un sopracciglio.
-Questo si era capito.- rispose l'uomo, stringendosi nelle spalle. Il suo impeccabile smoking nero non si stropicciò neanche...ma Dylan sperò con tutto il cuore che accadesse. Giusto per ripagare Alfred della battuta.
Ma, ovviamente, no.
La fortuna non era dalla sua parte.
Dylan stava per ribattere in malo modo, quando una ragazza dai capelli neri attirò il suo sguardo: indossava la divisa della scuola, anche se portava una gonna nera al posto degli jeans e aveva dei fantastici occhi azzurri.
Sembrava così familiare...
-Hey, mi stai ascoltando?- gli chiese Alfred, riportandolo alla realtà.
Dylan si scosse, mentre la ragazza gli lanciava un'occhiata fugace prima di entrare nell'edificio assieme ad un ragazzo.
-Sì...certo.- rispose quasi sussurrando, rivolgendo ad Alfred un mezzo sorriso.-Penso che mi piacerà questa scuola.

Spazio autrice:
Lol, lo so che sono in ritardo con il capitolo, ma ho avuto molti impegni e tanta roba...
Don't kill me, please. I'm sorry!

Coooooomunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero (spero eh, non ne sono sicura :'] ) di pubblicare il prossimo entro poco, anche perché ho molte idee;)

E niente...visto che mi annoio...

AVVISO PER I FAN DI SHADOWHUNTERS
(penso ci siano...giusto? *si sente il rumore dei grilli in sottofondo*)

Sto scrivendo una storia appunto su Shadowhunters, vi scrivo qui sotto la trama:

Jonathan, dopo aver passato diciassette anni sotto il controllo del sangue di demone, quando crede di poter finalmente morire e dare sollievo a tutti con la sua morte, si risveglia su un prato verde, vivo.

Scoprirà cosa significa la libertà, la voglia di vivere, l'amore, la felicità?
Rimetterà le cose a posto, quando una persona gli darà una mano?

Dal Capitolo I:
《Aprì gli occhi, la testa che gli bruciava. Vedeva tutto sfocato, i colori scuri che si plasmavano e cambiavano forma, come onde.
Poi la sua vista si stabilizzò, delineando i contorni dell'erba sotto di sé.
Era tutto buio.
Ma non quel buio che una volta sentiva come una lama nel cuore, ma semplicemente...il buio della notte.
Una fresca ondata di vento gli accarezzò il volto, sferzando i suoi capelli e scompigliandoli.
Il suo cuore batteva ritmicamente, come...come se fosse normale.
Contro la guancia gli facevano il solletivo i ciuffi d'erba e la terra fresca, l'umidità gli penetrava tra i vestiti e tra le mani avvertiva i dolci petali dei profumati fiori.
E si sentiva leggero.》

...e boh, se vi va e siete fangirl pazze di Jonathan/Sebastian come me, mi piacerebbe se andaste a darle un'occhiata;)

Sì, ho finito di farmi pubblicità:')

Eeeee...io mi ritiro nel mio angoletto a progettare morti, bye little wolves♥

Underwood [IN PAUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora