Forse non era mai stata una ragazza particolarmente socievole, ma il fatto che Rudolf non le rivolgesse nemmeno la parola la metteva profondamente a disagio.
Stavano cenando da un po', ma i suoi occhi non si erano ancora sollevati dalla zuppa di piselli che riempiva il suo piatto.
Non le erano mai piaciuti i piselli, ma il terrore dell'essere giudicata come una ragazzina viziata la obbligava a mangiarli. Anche se il termine più adatto era giocarci.
Il cielo era scuro, ma la casa era calda e molto più piccola ed accogliente di come appariva da fuori. Pensò che fosse una specie di tana, dove avrebbe potuto benissimo vivere un vecchio alchimista.
Lo scroscio della pioggia riempiva il vuoto di tutte le parole che gli erano morte sulle labbra, mentre l'eco del campanile faceva amplificare i loro pensieri, tanto da farli sembrare urlati.
Si sentiva completamente vulnerabile e la paura che lui potesse sentirlo la fece rabbrividire.
Sentì una fitta alla testa che la portò a toccarsi la nuca di scatto.
Ma il dolore non era superficiale, era più profondo. Si sentì quasi costretta ad alzare lo sguardo.
Rudolf guardava il suo volto impassibile.
O almeno era quello che voleva farle credere: i suoi occhi stavano guardando tutt'altro; guardavano dentro di lei. Esploravano la sua mente, sbracciandosi tra i ricordi e i suoi pensieri.
Corrugò appena le sopracciglia e il dolore nella testa di Catherine aumentò.
Si premette le mani sulle tempie prima di alzarsi di colpo.
"La smetta!" Urlò esasperata.
Il dolore l'abbandonò e le pupille di suo zio la guardarono confuse, per davvero questa volta.
L'uomo si alzò da tavola:"Ala ovest, secondo piano. Lì troverai la tua stanza."
La congedò con un cenno del capo per farle capire che era ora di andare a dormire e staccare la spina da quella giornata ormai diventata mentalmente troppo pesante.
La speranza di vedere il monitor di una televisione diventava un miraggio lontano mentre Catherine camminava per i corridoi illuminati, trascinandosi dietro la sua enorme valigia zebrata, appartenuta alla madre quando aveva l'età di diciannove anni.
Catherine era stata l'esatto ritratto di sua madre fino a dieci anni, ma ora le linee scolpite sul suo volto la facevano somigliare, sempre di più, al padre.
Scacciò quel pensiero con un gesto dalla testa e si concentrò su altro.
Il muro rosso scuro era decorato da tanti quadri espressionisti, che davano alla casa l'aspetto di un vecchio museo.
Si chiese se quel vecchio pazzo fosse l'autore del decadimento dipinto sulle tele.
Se il pittore fosse stato lui ciò avrebbe significato che un'anima totalmente tormentata e oppressa dal dolore abitava il suo corpo.
Sperò solo che non fosse così: se avesse dovuto fare la stessa fine di Van Gogh avrebbe seriamente potuto finire in un manicomio.
Il parquet rovinato scricchiolava sotto ai suoi passi pesanti mentre svoltava un'infinità di corridoi. Quasi non ci credette quando, cercando di salire le scale con la valigia, quella le cadde a terra, rovesciando sui gradini una miriade di libri e indumenti.
"Merda!" Imprecò cercando di rimettere tutto a posto.
Dopo mille sforzi riuscì finalmente ad arrivare nella sua camera.
Era molto ampia e spaziosa: una cabina armadio copriva il muro sinistro mentre il muro destro era occupato da un enorme letto a baldacchino; lunghe tende cadevano a sfiorare il pavimento e lasciavano scoperte due grandi finestre rotonde, belle, ma poco pratiche.
Sospirò soddisfatta, quando vide che aveva un bagno tutto suo, e le sfuggì un sorriso, quando notò una rientranza nel muro accanto alla prima finestra, decorata da fiori colorati.
Aveva già trovato il posto dove avrebbe letto i suoi libri.
Decise di farsi una doccia e poi di andare a dormire.
Le stelle illuminavano il cielo di tanti puntini luminosi attenuando così la maglia nera delle tenebre.
Si addormentò nella vecchia camera di sua madre, cullata dall'abbraccio della notte.• • •
Si svegliò di soprassalto.
Era sul letto, completamente illuminata dalla luna. Ma sapeva che non era stata lei a svegliarla.
Una forte melodia le riempì le orecchie: qualcuno stava suonando un pianoforte, e non vedeva l'ora di scoprire chi era.
Le note erano bellissime, e non appartenevano né a Mozart né a Beethoven, e sicuramente non erano di Bach.
Senza nemmeno accorgersene si ritrovò fuori dalla sua nuova camera.
I piedi nudi sfioravano le scale mentre il cuore quasi le scoppiava nel petto.
La casa era immersa nell'oscurità, e l'unica fonte di luce era il chiarore dell'enorme moneta di platino, che le permetteva la visione dei profili degli oggetti.
Imprecò quando sbatté il mignolo sullo spigolo di un mobiletto che non aveva visto.
Iniziò a saltellare come un canguro zoppo nel suo pigiama a fragole stilizzate, tenendo in mano il piede ferito, fino a che non arrivò davanti ad una stanza completamente circondata da finestre, sostitute dei muri.
Era totalmente illuminata dalla luna, nel centro c'era un vecchio pianoforte cromato di nero; l'unico elemento della stanza.
Mentre si avvicinava all'entrata sentì la musica aumentare, ma le porte si chiusero di colpo e la musica si spense.
Davanti a lei c'era solo zio Rudolf che la guardava con sguardo torvo.
"Cosa ci fai qui?"
"Ho sentito della musica, e allora sono scesa. Il piano è il mio strumento pref..."
"Vai in camera tua."
Alzò lo sguardo che fino ad all'ora aveva tenuto sul pavimento e lo guardò negli occhi.
Erano imperscrutabili.
Si girò e tornò sui propri passi.
Di una cosa era certa: il giorno dopo sarebbe andata in quella stanza e avrebbe guardato quel piano; doveva scoprire da dove veniva quella musica, e sperare di sentirla di nuovo.• • •
Ciao a tutte!
Finalmente ho scritto il secondo capitolo, spero che vi piaccia!Ho un paio di domande per voi:
Cosa faceva suonare quel piano secondo voi?
Zio Rudolf c'entra qualcosa con le ombre?Al prossimo capitolo!
🐰🐣Buona Pasqua🐣🐰
❤️
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Oblivium
ParanormalCatherine Malville è una ragazza di diciannove anni, orfana, costretta a trasferirsi in Scozia in seguito alla morte del nonno anche se già in età adulta. Dovrà essere abbastanza paziente da convivere con lo zio Rudolf, il fratello della madre, di c...