Angel

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Aveva gli occhi che le bruciavano mentre parlava con l'Ombra. Sentiva il proprio respiro spezzarsi: mantenere la mente lucida era difficile, non poteva permetterle di entrare.
Le sussurrava parole incomprensibili, parlava di profezie, terribili catastrofi. Angeli caduti.
Una pioggia di piume ricopriva il terreno mentre Catherine lo attraversava lentamente.
I piedi scalzi, le labbra tremanti, sembrava le si stessero per spezzare.
E poi apparve, come un fuoco accecante.
Aveva le ali enormi aperte, abbracciava tutta la luce del sole.
Cath protese una mano per toccarle, ma sotto al suo tocco queste iniziarono a bruciare, diventando nere come la cenere, come le ombre. L'angelo si contorceva sotto al suo tocco soffice, urlando parole in una lingua sconosciuta, di puro orrore.
E poi le rimbombò nella mente, come l'eco di un urlo in una caverna: "Trova la pietra."
La figura si dissolse nel nulla, lasciando Cath in un oceano di luce.

Si svegliò sul letto ansimando, i capelli le si appiccicavano alla nuca sudata, quelle parole le rimbombavano ancora nelle orecchie. Fredde, taglienti; si erano incise nella sua mente lasciando un segno indelebile.
Trova la pietra.
Sentì l'acqua gelata del lavandino scorrerle sul viso minuto, non si era nemmeno accorta di essere arrivata in bagno. Aprì l'acqua della vasca girando con fatica la manovella di ottone, ci vedeva il suo riflesso.
S'immerse nell'acqua bollente lavandosi di dosso tutte le sue paure.

• • •

Camminava tesa verso il bosco retrostante ai muri sporchi della scuola. Aveva i piedi scalpitanti e le mani tremolanti.
Gettava lo sguardo ovunque, i suoi occhi irrequieti non si fermavano per più di un secondo sullo stesso punto.
Aveva freddo, caldo, il cuore le palpitava irregolare.
L'unica cosa che non aveva era il controllo sul suo corpo. Non capiva più cosa stava facendo, vedeva tutto a rallentatore, percepiva tutti i rumori attutiti, come se fosse in una teca di vetro.
Cercava di distruggerla.
Le foglie avevano smesso di morire: Cath non le vedeva più cadere per terra, ora poteva solamente sentire le loro ossa spezzarsi sotto ai suoi passi concitati.
Arrivò sotto ad una grande quercia, sembrava potesse abbracciare tutto il paesaggio circostante con le sue enormi braccia secolari. Si chiedeva se si sarebbero mai spezzate.
Sentì le gambe cederle sul letto di foglie morte, mentre le mani affusolate scavavano freneticamente il terreno, fino a farle sanguinare le unghie.
Lacrime di sorpresa le bagnarono il volto ma non riusciva a sentirle.
Il sangue non smetteva di scendere mentre le sue mani fredde prendevano l'oggetto dalla forma irregolare, ormai colorato d'inchiostro rosso.
Vomitò sporcando le foglie e poi finalmente riprese a respirare per davvero, liberandosi dalla morsa che le stringeva il petto.
Aveva ancora la pietra nella mano stretta in un pugno sanguinante. Si ranicchiò contro la corteccia marmorea e aprì piano la mano, quasi pensasse che la pietra potesse sfuggirle.
La forma era quella di un ottaedro regolare, sormontato da scritte in un alfabeto che Cath non conosceva.

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Continuava a passare il pollice sopra l'incisione mentre i suoi denti torturavano le labbra screpolate dal freddo.
Giusto: aveva freddo.
Quando era scappata dalla lezione di storia, non si era nemmeno preoccupata di prendere la felpa. La maglietta scolorita recava il logo di una vecchia band americana, lasciava le braccia di Cath scoperte, ed esposte al forte vento autunnale.
Mise la pietra nella tasca dei jeans e si alzò in piedi, abbracciandosi per scaldare la pelle scoperta.
I capelli le svolazzavano intorno al viso impigliandosi sul naso, sulle ciglia, sulle labbra. Cercò l'elastico che di solito le stringeva il polso troppo fino, e si legò velocemente i capelli in una coda, tutt'altro che bella.
Corse verso l'edificio della Sherlock, affrettandosi sull'imponente scalinata, per sentirsi avvolgere dall'abbraccio caldo del riscaldamento.
Entrò nell'aula di storia ormai vuota, indossò frettolosamente la sua felpa e afferrò la borsa a tracolla.
Guardò l'orario delle lezioni, e poi l'enorme orologio appeso al muro: la lancetta segnava le 10:24. Ormai non aveva senso andare alla lezione di Ecologia.
I suoi piedi la portarono all'ufficio informazione.
"Dov'è la biblioteca?" Chiese alla donna grassa che sedeva al di là del vetro sporco.
Beth la guardò dall'alto in basso, cercando di capire cosa cavolo stesse facendo fuori dalla classe, e perché puzzasse di vomito. Non le chiese niente di tutto questo, non era mai stata una donna curiosa e Cath aveva la faccia abbastanza sconvolta.
"In fondo al corridoio gira a destra, poi a sinistra. Gira di nuovo a destra: la biblioteca è lì."
Cath si limitò ad annuire, mentre seguiva le istruzioni della volontaria.
Quando aprì le porte della libreria un forte odore di libri le invase le narici: era a casa.
Non gettò nemmeno lo sguardo sulla bibliotecaria, che aveva gli occhiali talmente spessi da farla sembrare un gufo.
Si diresse verso gli scaffali che avevano una grossa A stampata sopra.
Toccò i dorsi di molteplici libri mentre i suoi occhi scorrevano velocemente le parole.
Si soffermò su uno grosso e bianco che spiccava in mezzo agli altri.
Le lettere, scritte in stampatello, erano oro fuso e andavano a comporre una parola che, da quella mattina, ossessionava Cath:
Angeli.
Tirò fuori l'enorme libro dallo scaffale e lo prese fra le mani.
Enciclopedia degli angeli.
Aprì il manuale in cerca del glossario. Scorse fra i vari titoli fino a trovare quello che cercava:
*Angeli caduti..............pagina 278
Sfogliò le pagine freneticamente, fino a trovare la pagina giusta e si sedette a terra, a gambe incrociate, mentre il battito incontrollato del suo cuore riempiva il silenzio; iniziò a leggere.

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