Capitolo 6

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FASE 6: La proposta✔️

"Ho già sentito la stessa storia per quattro volte ma, signorina Denbrough, vuole dirmi cosa è successo questa mattina?".

Il preside Whittemore era un uomo sulla sessantina con un serio problema di calvizie. Indossava sempre completi eleganti ma mai neri, anzi, era famoso per l'oscenità delle sue camicie a quadrettini.

"Smith ha iniziato a prendere in giro me e James, così gli ho tirato un calcio nelle palle e...",

"Linguaggio, signorina". Mi riprese.

"...e poi me ne sono andata, però Smith ha preso James e voleva tirargli un pugno, ma Steve lo ha difeso e se l'è beccato al suo posto. Poi Alex ha difeso Steve e il topolino che per due soldi al mercato mio padre comprò". Conclusi con un sorriso, beccandomi un'occhiataccia da parte dell'uomo.

"Cominciando dal presupposto che non è per niente elegante, per una signorina, colpire una persona...".

"Quindi se lui avesse voluto stuprarmi avrei dovuto lasciarglielo fare perché colpirlo non sarebbe stato abbastanza sofisticato?". Intervenni.

"Mi lasci finire, signorina Denbrough, e chieda il permesso di prendere la parola". Mi rimproverò, facendomi alzare gli occhi al cielo. "Per quale motivo suo fratello è intervenuto?".

"Per non far prendere un pugno a James, perché se no?".

"E per quale motivo si è fatto colpire al suo posto?". Chiese ancora.

"Siamo gemelli, non telepatici. Non so cosa gli passa per la testa!". Alzai le braccia, esasperata.

"E perché il signor Lancaster ha alimentato la rissa, colpendo il signor Smith in modo, oserei dire, animalesco?".

"Per difendere il suo amico". Dissi, "e me".

"Lei?". Inarcò un sopracciglio.

"Si, perché Smith mi ha dato della puttana". Dissi, facendogli stringere gli occhi.

"Potrebbe verbalizzare in modo adeguato, per cortesia?". Chiese, al limite della sopportazione.

"Oh, certo". Annuii, sorridendo acidamente. "Il signor Smith si è rivolto a madamigella Carrie paragonandola ad una meretrice". Dissi, "che poi significa puttana".

"Va bene così, signorina Denbrough". Mi interruppe. "Anche lei dopo le lezioni si fermerà a scuola per aiutare gli addetti alle pulizie". Disse, "ora vada in classe, e non metta più quei pantaloni inadeguati".

Guardai le mie gambe coperte dai jeans strappati, sotto i quali avevo indossato le calze a rete e sbuffai, uscendo da quell'ufficio senza aggiungere altro.

"Punizione?". Chiese James, raggiungendomi.

"Si".

"Anche io, Steve ed Alex". Aggiunse. "Ovviamente Smith l'ha scampata, come al solito". Alzò gli occhi al cielo.

"Avevi di meglio da fare questo pomeriggio?". Chiesi, dandogli una gomitata complice.

"Figurati, saremo sempre zitelle noi". Mi fece un occhiolino, per poi abbracciarmi, "Grazie per avermi difeso, oggi".

"Il grosso l'ha fatto Steve". Mi staccai, "credo che si sia sentito in colpa". James fece un sorriso imbarazzato e poi sviò l'argomento, così ognuno tornò nella sua classe.

Il pomeriggio arrivò presto, ed essere gli unici presenti dentro la scuola aveva un non so che di inquietante.

"Bene, bene, bene". Lessi il nome sull'uniforme dell'uomo che ci si era avvicinato e mi pentii di averlo fatto.

Lines.

Trattenni una risata, mente l'uomo in tuta ci lasciò il carrello con tutto il necessario per pulire, guardandoci come se fossimo dei criminali.

"Mentre voi pulite io andrò a cercare su Facebook qualche bella donna ucraina". Disse con un sorriso, lanciando uno straccio ad Alex, che lo prese al volo.

"Non dev'essere facile conquistare una donna quando ti chiami Lines". Mi sfuggì, e gli occhi dell'uomo scattarono immediatamente sulla mia figura.

"Come hai detto?".

"Beh...lei si chiama Lines, come i Seta Ultra, sa, gli assorbenti? Le donne odiano avere il ciclo e il suo cognome non farebbe altro che ricordarglielo continuamente". Spiegai. "Tutto quel sangue...", aggiunsi con un'espressione schifata.

James scoppiò a ridere, non riuscendo più a trattenersi, e gli altri due lo seguirono a ruota mentre Lines assumeva un atteggiamento indignato.

"Ragazzini impertinenti". Voltò le spalle, scomparendo lungo il corridoio.

Quando restammo soli guardai i tre ragazzi, che sembravano avere un'aria stranamente complice, così i miei occhi cercarono il mio migliore amico, che mimò uno "scusa" con il labiale. Confusa, guardai lui e Steve allontanarsi e dirigersi verso i bagni dopo aver preso un secchio e una scopa, lasciandomi sola con Alex.

Guardai il biondo, che aveva un sorrisetto compiaciuto sulle labbra, e poggiai entrambe le mani sui fianchi, spostando il peso tutto su una gamba.

"Gli hai chiesto di lasciarci soli?". Domandai, anche se la risposta era abbastanza ovvia. Sorrise innocentemente, per poi passarmi uno straccio che afferrai titubante.

"Ci conviene iniziare". Disse, entrando dentro una classe seguito da me. Iniziai a pulire la lavagna con un panno asciutto, mentre Alex raccoglieva la spazzatura sotto i banchi e ne riempiva un sacco. Quando la lavagna fu completamente priva di scritte passai a pulire la cattedra ed alzai lo sguardo quando sentii il rumore del gesso stridere sulla superficie nera.

"Ehi, l'avevo appena pulita, stronzo!". Gli lanciai lo straccio sulla schiena, ma lui non fece una piega, continuando a scrivere. Una volta finito si spostò, dandomi una perfetta visuale della lavagna.

Esci con me?

Sotto vi erano due quadratini vuoti, accanto alle opzioni SI e NO. Lo guardai letteralmente come se avesse avuto tre teste e pensai a qualcosa di sensato da dirgli, ma lui si portò il dito alle labbra, intimandomi di fare silenzio, e mi porse il gesso.

"Sul serio?". Inarcai un sopracciglio, e quando vidi che non fece una piega, presi in mano quel maledetto gesso bianco, avvicinandomi alla lavagna.

SI. Volevo uscire con lui? Non sarebbe stato così tremendo dal momento che oggi mi aveva dimostrato di non essere poi così stupido.

NO. Non volevo uscire con lui? Sicuramente ne avrei fatto a meno se non avesse utilizzato questo metodo per chiedermelo, il che era dolce perfino per una come me.

Non sapevo cosa rispondere e, per la prima volta nella mia vita, non sapevo davvero come ribattere. Alex Lancaster mi aveva messa alle strette e il fatto che mi stesse guardando impazientemente non aiutava i miei ragionamenti.

Gli lanciai un ultimo sguardo e feci un mezzo sorriso dal momento che sembrava essere addirittura ansioso. Poggiai il gesso sulla lavagna, e, nello spazio tra le due opzioni disegnai un terzo quadratino, che crocettai, per poi dare ad Alex la possibilità di leggere la mia risposta.

FORSE.

"È un enorme passo avanti". Disse, annuendo soddisfatto. Lo guardai in tutta la sua altezza e gli occhi finirono involontariamente sulla canotta che indossava. Aveva dovuto cambiarsi visto che la sua maglietta si era sporcata di sangue, e quella canotta risaltava tremendamente i muscoli guizzanti delle braccia e del petto. "Vuol dire che non ti faccio schifo". Aggiunse.

Mi morsi un labbro, trattenendo un sorriso. "No, per niente".

SPAZIO AUTRICE
Il preside è uno di noi, comunque.
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La Sindrome del Lieto FineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora