«...Vare mia mamma» le dico mentre mastico un chewing gum. A volte divento ansiosa di finire una frase e non ne pronuncio le prime sillabe.
«Eh?» dice la Proz, gettando sulla scalinata lo zaino aperto. I lacci penzolano dal gradone. Io appoggio il sacchetto della spesa sull'asfalto accanto alla balaustra.
«Voglio andare a trovare mia mamma» ripeto, sedendomi accanto allo zaino. La Proz si appoggia alla balaustra e guarda il campo da calcio. Il vento le scompiglia i capelli. Quando alza una mano, i braccialetti multicolori le scendono al gomito.
«No, davvero» dice voltandosi verso di me. Ciocche di capelli, sospinte dal vento, si incurvano e le ricadono sul volto.
«Mi hai già raccontato tutto di tua mamma. Scusa l'insensibilità ma, ti prego, non adesso» continua, coprendosi la testa con il cappuccio del giubbotto.
«Vieni qua» le dico, «non c'è vento». Mi raggiunge in tribuna, saltando i gradini a due a due e sedendosi una fila sotto di me.
«Tra tre giorni i Combichrist suonano a Bologna» le dico.
«I Combichrist!» risponde lei, aprendo lo zaino e frugandoci dentro. Poi aggiunge «no aspetta. Mi stai fregando.»
Piega la testa di lato e mi fissa.
«Tua mamma non è sepolta a Bologna?»
Non rispondo.
«Sei una stronza!» mi dice ridendo, «ah che stronza!»
Estrae un astuccio di metallo dallo zaino.
Una folata di vento, nonostante le pareti di plexiglas della tribuna, ci gela il viso.
Chiedo alla Proz perché non possiamo fare entrambe le cose, vedere il concerto e passare da mia madre, premurandomi di nominare prima il concerto.
«Dai cazzo» mi dice lei. Ha tolto il coperchio dell'astuccio. Dentro, tra gli altri oggetti, riconosco una confezione di tabacco sfuso. «Questa cosa la devi superare. Superare, la devi.»
«Allora accompagnami» la incalzo, «ho bisogno di andarci.»
La Proz mi mette in mano un filtrino e versa un po' di tabacco in una cartina aperta sul palmo della sua mano.
«Ho fatto un sogno» le dico. Guardo lo scorcio di campo da calcio di fronte a noi, la rete della porta, le panchine delle squadre, le strisce bianche e l'erba verde.
«Oh!» urla Proz e ride. «Hai sentito? C'è l'eco qua dentro» dice riprendendosi il filtrino.
«Oh!»
«Zitta cazzo» le dico io, «abbiamo saltato scuola, magari se non attiriamo l'attenzione è megl...»
«Vabbè dai» dice la Proz mettendosi il filtrino in bocca. «Mi stavi dicendo del sogno.»
«Sì» le dico, e glielo racconto, mentre lei aggiunge al tabacco la poca marijuana rimasta e chiude la canna.

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Luce
General FictionÈ questo ciò che provano tutte le ragazzine, nei letti, sui sedili delle auto, negli alberghi a ore, durante le loro prime volte? E quante sono, quanto durano, quando finiscono queste prime volte?