Capitolo V

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Quella sera mi aveva portato a casa sua. Parlammo sul divano finché entrambi non ci addormentammo. Era un'incosciente, non aveva paura di niente e di nessuno.
Gli stavo simpatico e l'avevo "eroicamente salvata", come diceva lei.
La mattina dopo mi svegliai con un saporaccio in bocca. Avevo la sensazione che mi avessero preso a martellate in testa; sentivo i muscoli indolenziti e lo stomaco attorcigliato su se stesso.
Ero a casa sua ma... Dov'era lei?
Mi alzai senza fare troppo rumore, non sapevo se vivesse da sola oppure no.
Come diamine facevo ad uscire adesso? Provai ad aprire la porta d'ingresso. Era chiusa. Ovviamente.
Provai ad affacciarmi dalla finestra, per valutare a che altezza mi trovavo.
Primo piano. Ce la potevo fare. Scavalcai il davanzale, mettendomici a cavalcioni. Feci leva sulle mie braccia ancora molli e riuscii a spostare il mio corpo dall'altro lato. Guardai in basso, non era piccolo il salto che avrei dovuto fare per piombare sul balcone del piano terra.
Mi lasciai cadere, pronto a piegare le gambe e buttarmi a terra, per attutire il colpo e non spaccarmi gli arti inferiori.
1, 2, 3... Ora!
Piombai su una pianta, facendo un gran frastuono, però almeno mi aveva risparmiato dal pavimento piastrellato del balcone.
Qualcuno stava venendo a vedere che cosa stesse succendendo da dentro casa. Dovevo sbrigarmi. Mi alzai di scatto ancora pieno di terra e foglie; avevo rotto la pianta...
Saltai giù, e iniziai a correre per la strada.
Un povero vecchio stava imprecando contro di me dal balcone, ma non sentivo cosa stesse dicendo, la sua voce si faceva sempre più distante.
Scoppiai a ridere di gusto, mentre correvo ancora.
Mi fermai e risi ancora di più.
Non sapevo il motivo preciso, ma mi sentivo improvvisamente felice.

Lili non aveva niente che mi piacesse particolarmente.
Non le fregava di niente e di nessuno, a lei importava solo di se stessa.
Nessuno avrebbe potuto dirle che stava sbagliando, odiava gli "ordini dall'alto", come li chiamava lei.
La società in cui vivevamo le faceva schifo; per cambiarla la sfidava, provocando tutto e tutti per dimostrare che su di lei non funzionava nessun giochetto: avrebbero potuto prendere per il culo gli altri, ma non lei e sentiva il bisogno di mostrarlo sfacciatamente.
Rideva in faccia a qualsiasi cosa e sfotteva a più non posso tutto ciò che le andava.
Era terribilmente insicura; per questo impulsiva e superficiale.
Le cose per lei erano in un modo e basta, non c'era da discutere; anche se in realtà, dentro di sè, aveva una tremenda confusione. Le bastava qualche minuto per cambiare idea, ma l'avrebbe cambiata da sola; per poi ricambiarla ancora e ancora. Illudendosi ogni volta che sarebbe stata la scelta più giusta.
Questo la rendeva superficiale agli occhi degli altri.
Non era bella, però era terribilmente sexy e quando; una delle tante sere, passate a casa sua a fare casino, con troppe persone per quel misero buco; mi portò fuori, sul bacone sul retro, e mi baciò; io mi lasciai trasportare per una notte che sarebbe stata infinita, cullato dall'illusione di trovarmi in un sogno, che non sarebbe mai stato interrotto da un risveglio.

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