3. Tu non sei Niadh Daghan

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Sono ormai cinque ore che io e Finnech arranchiamo verso Fia, la pianura ai piedi degli omonimi monti. Dalle celebri montagne, che fungono da confine naturale, prende il suo nome anche il Regno di Fia, nostro alleato all'interno dell'Isola di Uilleag.

Con le palpebre che rimangono a stento aperte volgo lo sguardo al cielo infuocato, che si sta lentamente tingendo di tutte le sfumature più vive dell'alba. Il sentiero davanti a me sembra protrarsi ancora all'infinito, mentre le montagne di Fia si stagliano pigramente all'orizzonte. Continuando a tenere strette nelle mani le briglie di Finnech, cerco di distendere i muscoli del collo e delle spalle, domandandomi come facciano i soldati a fare viaggi del genere quasi ogni giorno.

L'armatura, nonostante si sia rivelata ottima per proteggermi dal freddo della notte, mi grava senza pietà sul corpo, ormai ridotto ad un puro fascio di nervi. Finnech sotto di me arranca al ritmo di un passo lento e cadenzato, stremato dal galoppo serrato che ho mantenuto per più di un'ora, terrorizzata all'idea che Niadh o mio padre riuscissero a raggiungermi.

Riportando la mente nel presente fisso gli occhi sul sentiero, notando in lontananza altri uomini a cavallo. Lasciandomi sfuggire un sorriso stanco mi rincuoro, pensando che l'accampamento non sia poi così lontano dopotutto. Dando alcune pacche sul dorso di Finnech gli faccio aumentare la velocità del passo fino ad arrivare ad un trotto moderato.

Più vedo i monti di Fia avvicinarsi e più il mio battito cardiaco sembra aumentare: l'adrenalina è sparita del tutto, lasciando il passo alla paura. Ho la terribile angoscia di non riuscire ad essere credibile nel ruolo di uomo, e so perfettamente cosa mi aspetta, se non riuscirò nel mio intento: la morte.

Se i miei genitori o gli altri soldati mi smaschereranno, non ci sarà nessun modo per revocare la mia condanna. Non importerà se Braon, il futuro marito di mia sorella Talulla, è figlio di uno dei dodici componenti dell'Alto Consiglio. Non importerà se mio fratello è un ex-comandante dell'esercito del Regno congedato con onore. Non importerà se mio padre è uno degli uomini più ricchi e potenti dell'Isola di Uilleag.

Niente e nessuno riuscirà a sistemare le cose, se verrò scoperta.

A fatica mi distolgo da questi pensieri, riprendendo a fissare la strada davanti a me e constatando con stupore che la pianura è ora visibile in lontananza. Con già il respiro pesante osservo la vastissima porzione di terreno protetta dai monti di Fia, che si chiudono su di essa a formare un semicerchio. Nonostante l'ora del mattino, il campo d'addestramento è già in pieno fermento, pronto ad accogliere tutti i soldati che vi sono stati convocati.

Riesco già a sentire le voci concitate degli uomini, il cozzare delle armi e il rumore dei martelli che fissano i pioli delle numerosissime tende in cui dovremo vivere, fino a quando il nostro addestramento non sarà terminato. Corrucciando leggermente le sopracciglia e stringendo le briglie di Finnech nei pugni, spero vivamente che le tende siano singole o che almeno mi venga concesso di dormire lontana dagli altri soldati; non ho la minima intenzione di stare più vicina del dovuto a uomini che non conosco.

Di nuovo sento il mio battito cardiaco aumentare sempre di più, man mano che ci avviciniamo al campo. Perfino Finnech sembra agitato, con il suo passo malfermo ed insicuro. Carezzando il manto grigio dello stallone cerco di rassicurarlo, quasi desiderando che ci sia qualcuno a fare lo stesso con me.

"Reclute! Reclute tutte qui!".

Al sentire la voce bassa e tonante di un uomo, smetto immediatamente di carezzare Finnech e mi ricompongo, tentando di assumere un atteggiamento duro e mascolino. Seguendo l'ordine dell'uomo faccio partire al galoppo Finnech; in meno di qualche minuto sono già nella radura, in fondo ad un consistente gruppo di uomini, per lo più miei coetanei, chi a cavallo e chi a piedi. Spingendo i talloni sulle staffe mi alzo dalla sella, cercando di capire a chi appartenga la voce che ha parlato poco fa.

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