Fa male.
Lo sai che fa male?
No come puoi saperlo. Tu non sei realmente qui, tra queste righe, tra questi pensieri contorti, tra queste crisi esistenziali. Tu non hai idea di quello che sto passando. Tu non puoi sapere ciò che provo, e che mi sta devastando. Lentamente. Come una tortura. Come se mi volesse uccidere. Pian piano. Non ha fretta. È un dolore all'altezza del cuore. Che si apre un varco, si addentra per il mio corpo, respira tutta la mia energia e se ne impossessa, divorando ogni cosa buona.
Fa male avere un mostro dentro di sé, e sapere alla perfezione che è un mostro che non puoi rimuovere. O meglio, non vuoi. Non vuoi cancellare ciò che ti fa sentire viva.
E tu mi fai sentire viva.
E tu sei vita.
Una vita allegra, spiritata, veloce e inafferrabile. Sei energia, e vento, e adrenalina e forza. Sei potenza, e determinazione, e gioia e tristezza. Sei caos e ordine. Sei bianco e nero. Sei vuota apparenza e vera realtà.
Sei finto.
Sei vero.
Sei suo.
Sei mio.
No.
Mio, mai.
E sei vita sua, appartieni a lei.
Lo so bene.
Ma fa male.
Fa male ugualmente.
Arrivi alla mattina. A volte mi saluti, altre mi sorridi, mi fai un cenno, o mi ignori. Magari hai sonno, o sei arrabbiato col mondo, come il più delle volte, oppure semplicemente non vorresti essere li, ma da qualche altra parte, in un posto molto più bello.. Con lei.
Poi c'è il saluto che preferisco.
Quando mi sorridi con gli occhi.
Cammini verso di me, punti i tuoi occhi nei miei. Stabilisci un contatto, che non riesco a spezzare. Sono ipnotizzata, e questo tu lo sai bene. So benissimo che lo sai. Lo vedo. Sorridi, ridendo della mia goffaggine e della mia timidezza. Le mie guance si intorpidiscono. Divento rossa. Inizio a balbettare. Sposto lo sguardo dal tuo. Interrompo il contatto. I tuoi occhi spariscono. Non giocano più con i miei. Non si parlano, non si raccontano, non si conoscono.
Ti volti.
Mi volto.
Ridacchi tra te e te.
Sorrido involontariamente per quella piccola gioia che mi dà il buongiorno al mattino.
Questo è quello che succede nelle mattine che partono bene.
Sai sorridermi con gli occhi.
Sai leggermi con gli occhi.
Sai se sto male, se ho qualcosa che non va, se ho mal di testa o se ho la testa tra le nuvole.
Sai conoscermi. Ogni mattina impari qualcosa. Qualcosa che probabilmente avrei tanto voluto tenerti nascosto ma che tu prendi ugualmente. Mi osservi, mi scruti, mi perfori la pelle con bramosia intensa. E conquisti. Conquisti sempre qualcosa. Ogni nostro sguardo, è una tua vittoria. Conosci sempre qualcosa di nuovo di me. Impari me.
Vorrei tanto sbattere le palpebre e distogliere lo sguardo. Credimi, lo vorrei tanto. Ma tu sei li. Mi stai guardando. E non posso proprio non fare altrettanto.
Lo vedi? Noto ogni singola cosa di te.
Non sembra, posso concedertelo. Sono una presenza silenziosa. Ci sono e non ci sono. Silenzio e parole. Dipende dai contesti. Dalle situazioni. Dalle persone.
A volte chiacchiero. Ti mostro un po' di me. Giusto per farmi ancora più male, vedendo poi come ti butti tra le braccia di lei.
A volte invece mi chiudo a riccio. Tu lo noti. Non me lo fai pesare. Sei discreto, silenzioso, e per niente insensibile. Anzi. Mi accarezzi lievemente. Mi fai alzare lo sguardo. Mi riporti coi piedi a terra. Cerchi una scusa per farmi ridere. Fai lo scemo due minuti.
Ed è fatta.
Ricado nella tua trappola, che ben hai escogitato. Ricado tra la rete di false speranze che mi intrappolano come morse ferree. Ricado tra le tue braccia, che prima mi avvolgono silenziose, leggere, delicate e calde, e poi si scostano, diffidenti, spaventate, imbarazzate.
Lo vedo.
E fa male.
Fa male perché non te ne fai di problemi ad abbracciarti a lei per ore di fila.
Fa male vedere che abbracciarmi è così letale per te.
Fa male vedere che sono letale per te.
Ma sai una cosa?
Anche tu lo sei per me.
Sei letale.
Sei una lama affilata che mi ha perforato il cuore, ripetutamente.
Sei un pugnale conficcato nel cuore, ripetutamente.
Sei spine di rosa per il mio corpo, catene per la mia mente, imprigionata da te ed assuefatta di te a tal punto da impedirmi di riflettere. Sei il veleno più letale che esista, per uccidermi.
Ma fa male.
Perché non è che me lo porgi da bere tutto insieme.
No.
Mi dai il tuo veleno. Mi dai il tuo cuore, affinché io possa affezionarmici quel che basta per uccidermi lentamente.
Mi avveleni giorno dopo giorno, ora dopo ora, attimo dopo attimo, respirando.
Sei tu la causa, la conseguenza e tutto quello che si verifica tra le due, del mio stare male.
Tu mi fai stare male.
Tu mi fai male.
Tu fai male.
Male.
A me.
Non a lei, ci mancherebbe.
È la tua ragazza.
Vai. Corri. Raggiungila.
Vai dalla barbie col corpo da top model.
Vai da quella che ti ha portato via da me.
Vai da lei, che è tutto più di me.
Ha tutto più di me.
É più di me. Il giusto per te. Troppo per me, ma perfetta per te.
Sono io che non sono abbastanza.
Io che sono troppo umorale, sclerata, irascibile, stronza, acida ed egoista.
Sono io quella che non ti dà una mano quando ne hai bisogno. Ma tu hai lei. Lo sai.
Sono io quella che non vuole essere usata come un giocattolo per alleviare i tuoi sensi di colpa.
Sono io quella che non vuole essere trattata come nullità.
Ma sono anche io quella che nonostante tutto, e credimi: vivo di nonostante tutto, é ancora qua.
A fianco a te, anche se tu non mi vedi.
A guardarti e a sognarti, anche se tu non lo sai.
A viverti.
Ad amarti.
Ma da lontano.
Perché tu hai lei.
Io non servo a niente.
Io non sono niente, per te.
E quanto vorrei che anche tu fossi niente per me.
Ma non è così.
Tu sei tutto.
Non lo sai, non lo vuoi capire, non mi vuoi ascoltare e non lo vedi.
Ma tu sei tutto.
Ogni singola paura, speranza, timore e piccola gioia.
Ogni emozione che mi invade. Ogni respiro che prendo. Ogni parola che dico. Ogni cosa che scrivo.
Sei tutto.
Ma non te ne accorgerai mai.
Lo so.
E per questo fa ancora più male.
Amarti da lontano, come spettatrice di uno spettacolo di cui non potrò mai essere protagonista.
Non potrò mai ritenerti mio.
Lo so.
Eppure non me ne vado.
Sai, sono fatta così.
Sono fatta d'ansie, crisi isteriche, pianti e scleri. Occhiaie, sonnolenza, caffè, libri. Computer per scrivere, gatto da accarezzare e pizza da divorare. Sono un casino vivente. Un intreccio di sfumature diverse. Che tu però non conosci. Non tutte almeno. Vorrei avere il coraggio, domani, di guardarti negli occhi e non distogliere lo sguardo. Vorrei avere il coraggio, domani, di permetterti di conoscere tutta la mia storia. Vorrei lasciarti dare un ordine ad un caos primordiale.
Vorrei.
Ma non ho il coraggio.
O meglio, non mi voglio così tanto male.
Perciò sai che faccio?
Ora chiudo gli occhi.
Ora ti penso.
Ora ti sogno.
Ora ti amo.
E domani beh, domani tornerò ad essere il caos primordiale che non avrà mai l'ordine che cerca.
Fa male.
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You.
Short StoryI miei sfoghi alle 21.58 di sera. NB : I capitoli non sono collegati tra loro. Sono delle specie di one-shot o semplicemente sfoghi incomprensibili della sottoscritta.