Capitolo 8

117 9 0
                                    

Ric sedeva su una poltrona appoggiata contro la parete. Era leggermente chino in avanti, con i gomiti sui braccioli e la fronte corrugata dai troppi pensieri.
Stesa nel suo letto, c'era Allie. Era ancora svenuta, ma non sapeva per quanto lo sarebbe restata.
Quando l'aveva caricata in macchina le aveva iniettato un sedativo, una dose molto leggera: non voleva correre il rischio di ammazzarla, in caso fosse davvero umana.
La stava osservando da quasi mezz'ora.
Quei capelli tagliati alla maschietta non gli piacevano proprio. Per lui, non c'era niente di più bello al mondo che affondare le mani tra i capelli lunghi di una donna.
Era molto magra, tanto esile che lo portò a domandarsi come riuscisse a restare in piedi.
Il suo viso aveva bei lineamenti, delicati ed armoniosi.
Era carina.
Come poteva una creatura così fragile resistere al veleno nel suo sangue?
No, doveva esserci qualcos'altro in lei.
«Sai cos'è davvero una ninfa?» chiede Dina. È seduta sui ciottoli e l'acqua cristallina del mare di Petra tou Romiou lambisce le sue lunghe gambe. Ha raccolto attorno alle cosce la veste bianca, così da tenere la pelle nuda a contatto con l'acqua.
È leggermente inclinata all'indietro, si appoggia sui ciottoli con le mani. I lunghi capelli grigio-azzurri le ricadono umidi sulla schiena.
Quella veste immacolata è così leggera da essere trasparente, ma non è importante: non c'è nessun altro su quella spiaggia.
Ric le siede accanto. La camicia bianca che indossa è aperta e lascia scoperto il suo
dynamis, la piccola ambra incastonata sopra il suo ombelico, il centro della sua forza vitale. Ha arrotolato i calzoni fino alle ginocchia ed anche lui tiene i piedi sulla battigia.
Allunga una mano, affondando le dita tra i suoi capelli, e la tira a sé, stampando le labbra contro le sue.
«Una meravigliosa creatura» risponde.
Dina gli posa le mani sul petto. Con un unico movimento lo stende sulla schiena e gli sale a cavalcioni.
«Non farti ingannare, Ric» gli dice. Si raddrizza e si porta le mani dietro la nuca, sciogliendo il nodo della veste. L'abito cade in basso, svelando i seni generosi, tondi e perfetti.
«Sembriamo delicate» gli dice, accarezzandogli il petto, mentre Ric non riesce a distogliere lo sguardo da quel corpo meraviglioso, «Siamo state create per sembrare quanto di più innocente esista al mondo.»
Si china su di lui, sfiorandogli le labbra con le proprie, «Ci educano fin da bambine all'arte della seduzione. Ci insegnano ad ammaliare ed estasiare.» Gli prende le mani e se le porta sui seni, lasciando che lui li stringa, «Questo corpo è fatto per illudere con piaceri proibiti e promesse di sublimi ardori.»
Ric sorride incantato.
«Non sono solo illusioni, mi sembra.»
Anche lei sorride e, ogni volta che lo fa, a Ric sembra di aver trovato un senso alla propria vita.
«Tu sei il mio
myssi, non t'ingannerei mai.» Strofina il bacino contro il suo e sospira quando lo sente inturgidirsi sotto di sé, «Ma se non lo fossi, allora ti sedurrei per prendere da te quel piacere che ogni ninfa brama, e userei il sesso per renderti così debole da non essere niente più di una facile preda. Inerme come una stella marina nelle mie mani.»
Ric le afferra i fianchi e la spinge, rotolando su di lei. Con le ginocchia le spalanca le gambe e le inchioda i polsi sui ciottoli levigati.
«Siete davvero così spietate?» le chiede, baciandole il collo con urgenza.
«Sì» mormora lei, avvinghiando le gambe ai suoi fianchi per tirarlo a sé, «E voi uomini arrivate negli Inferi credendo che ad uccidervi sia stata una creatura innocente e indifesa.»

Perché niente era mai come sembrava.
Quella ragazza aveva un segreto e lui doveva capire quale fosse.
La porta della stanza si spalancò di colpo, e Ric non si sorprese nel vedere il Principe furioso entrare a lunghe falcate. Era appena tornato dalla caccia. Indossava anfibi di pelle, un paio di jeans chiari e una maglia scura aderente al torace ampio, ma morbida sul ventre per nascondere le cinture con le armi che lo cingevano in vita.
I capelli corti erano di un nero più intenso alla penombra della stanza e gli occhi diversi stretti per la rabbia.
Era proprio il bellissimo, e altamente incazzato, figlio di Ares.
«Che cazzo di storia è?» ruggì, avanzando verso di lui.
Ric si alzò in piedi e sollevò le mani.
«Non gridare» gli disse, calmo, «Andiamo fuori.»
«Non me ne frega un cazzo se si sveglia!» gridò ancora, «Se non la fai sparire immediatamente, in nome di Zeus, ti giuro che ammazzo prima lei e poi te!»
Ric gli piazzò le mani sulle spalle e, senza alcuna delicatezza, lo spinse all'indietro verso la porta.
Damian imprecò, voltandogli le spalle ed uscendo dalla stanza.
Il corridoio del secondo piano della Baita era largo un paio di metri e lungo quanto tutto l'edificio, costellato di porte in legno su entrambi i lati. Non c'erano finestre e l'unica luce veniva dalle lampade a soffitto. Il pavimento era in marmo chiaro e le pareti dipinte di un rosso scuro e cupo.
«Che cazzo hai in testa?» ringhiò il Principe, mentre Ric si chiudeva la porta alle spalle, «Portare un'umana alla Baita?»
«Non è umana, ma non so cosa sia» rispose Ric, voltandosi verso l'amico e rimanendo piazzato di fronte alla porta, per evitare che lui cercasse di entrare di nuovo.
Avrebbe affidato la propria vita a Damian senza battere ciglio, perché sapeva con assoluta certezza che lo avrebbe protetto fino alla morte. E allo stesso modo sapeva quanto poco valore avessero le vite degli umani per lui.
«E non puoi scoprirlo da un'altra parte?» chiese, seccato.
«Mi ha visto uccidere delle Lamie. Ho provato a cambiarle la memoria, ma è immune anche allo psyka
Damian si passò le mani sul viso, sospirando rabbioso.
«Maledizione, Ric» sbottò poi, «Avresti dovuto portarla alla Drep! Nessuno deve sapere dove siamo.» Indicò la porta, «Portala via prima che si svegli.»
Ric scosse la testa, incrociando le braccia sul petto.
«Ti ricordo che le ultime due donne con strane capacità che sono entrate nella nostra vita erano il bersaglio di Ade. Vuoi rischiare che anche lei lo sia?»
Damian sbuffò.
«Ade non sta cercando niente.»
«Certo» ironizzò, «Perché siete amici del cuore e te lo direbbe, non è vero?»
Damian strinse gli occhi, innervosito.
Non aveva dato molte regole ai suoi uomini e quella di non portare estranei alla Baita era una delle poche.
Quel luogo era l'unico in cui i Maximi potessero davvero riposarsi e non voleva rischiare che qualche umano mettesse a rischio l'oasi di tranquillità che faticosamente si erano creati.
Ma Ric non era uno dei suoi uomini. Era il suo uomo. Era il suo braccio destro, suo fratello.
Non poteva certo dargli ordini.
Perciò, Damian si limitò a spalancare le braccia, esasperato.
«Che vuoi fare?» chiese.
Ric alzò le spalle.
«Qualche esame. Preleverò il suo sangue e lo porterò ai laboratori della Drep per capire se è umana o meno. Voglio capire cosa sa fare e se è davvero immune.»
Damian lo fissò per un lungo istante, mentre un dubbio nasceva nel suo petto.
«Cosa speri di trovare?» gli chiese, e seppe di aver colpito nel segno quando Ric distolse lo sguardo, concentrandosi sulle venature grigie del marmo.
Damian si passò la lingua sui molari, cercando il modo meno brutale di esprimere quello che gli stava passando per la testa.
«Il fatto che un'umana ti resista» gli disse poi, «Non vuol dire che potrebbe farlo anche Dina.»
Ric s'inquietò a quel nome, ma non lo diede a vedere. Aggrottò le sopracciglia, tenendo gli occhi puntati al pavimento.
«Se è davvero umana e mi resiste...»
Damian non lo lasciò finire.
«Ric, se anche fosse vero, Persefone è stata chiara riguardo voi due. Non puoi rivolgerle la parola.»
Ric scosse la testa, rivolgendo un sorriso amaro ai propri piedi, inguainati nelle Timberland.
«Mi taglierei la lingua, se servisse a riportarmi Dina.»
Damian s'inumidì le labbra, piantandosi le mani sui fianchi.
Nessuno meglio di lui avrebbe mai potuto capire la disperazione di Ric; se avesse sospettato di poter avere anche soltanto una possibilità di riavere Sofia, si sarebbe schierato senza indugiare contro tutti gli Olimpi.
Avrebbe affrontato qualsiasi cosa.
«Va bene» disse infine, «Ma se è umana, sappi che ci sarà soltanto un modo per farla uscire da questa casa, e sarà in orizzontale.»

La Maledizione di Persefone - L'Esercito degli Dei #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora