7.

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'Quindi, hai saputo?' Mi svegliò Ludovica, dato che mi ero addormentata sul banco.
Mancava poco alla fine delle solite noiose lezioni, tranne quando dovevamo imparare delle battute da esporre su un palco, davanti al professore.
Sicuramente, quella era la mia ora preferita, è quella più interessante.
Erano giorni che non sentivo o vedevo il ragazzo dagli occhi verdi.
Infatti, nella classe, notavo quasi sempre un banco vuoto che, se non avevo sonno, fissavo.
Era davanti, dalla parte interna della parete, così solo ed isolato dagli altri.
Lo osservavo perché sapevo il motivo per cui era vuoto, anche se speravo che non fosse così tutti i giorni.
Pensare al fatto che picchiassero e stuzzicassero Stefano ogni fottuta volta che lui provava ad uscire, mi faceva stare in ansia.
Forse anche troppo.
Sapevo che poteva difendersi da solo, anche se gli stavano per rompere un naso, l'ultima volta.
Ero talmente concentrata sulla situazione del ragazzo che pensai di abbandonare la scuola, ma ci riflettei su.
Dovevo abbandonare uno dei miei sogni per lui? Abbandonare la recitazione? Il mio rapporto con la scuola era pari a zero, vero, ma dovevo dimenticarmi di questo sogno? Metterlo in un cassetto, che non si sarebbe mai più aperto?
Ma non mi ero ancora ripresa da quella sera, dove disse quella frase che era ancora impressa nella mia testa.
Voleva farmi capire come era diverso dagli altri, ed era così.
Appena qualcuno mi sfiorava, anche se per sbaglio, mi toglievo immediatamente dalla sua presa, se c'era qualcuno, ma con lui non era così spontaneo.
Nonostante la sua forza, aveva un tocco delicato e dolce che non erano nel suo stile.
Volevo sapere dove si trovava, data la sua assenza.
Sarei voluta fuggire dall'istituto, ma non potevo. E poi, non capivo la mia ossessione nei suoi confronti.
Cercavamo di volerci bene per mio fratello, non per noi, anche se ero opposta a questa idea, d'altronde Salvatore non aveva fatto nulla per meritarsi il mio bene.
Cosa mi stava facendo provare il ragazzo con gli occhiali?

Sentii Ludovica che stava scuotendo il mio braccio, per svegliarmi nuovamente dai miei profondi pensieri.
'Dimmi' dissi, togliendo subito la presa dalla sua mano.
'Stanno per dare la comunicazione, ascolta' mi chiese gentilmente, già a conoscenza di cosa doveva dire la persona presente nell'aula, in piedi.
Capii poco dopo che era il preside, ma cosa ci faceva qui?
'Buongiorno ragazzi, scusate per l'interruzione della lezione, ma vi devo dare una comunicazione molto importante, e che vi farà molto piacere' sorrise.
Cosa stava per accadere? E perché tutti gli altri sorridevano, mentre io non sapevo nulla?
'Vi annuncio che, come avrete già intuito, il ballo scolastico ci sarà'
Partirono degli applausi e delle urla di gioia, mentre continuavo a rivolgere il mio sguardo verso il preside.
Erano le solite sciocchezze.
In tutte le scuole si tenevano questi balli, ma io non ci andavo mai, e quella volta non sarebbe stato diverso.
Dopo qualche secondo, tutti si zittirono, curiosi di sapere la data dell'evento.
'Come già i ripetenti sanno, ogni cavaliere dovrà invitare una dama per ballare, divertirsi e passare una serata assieme. Il ballo si terrà presso il secondo piano del nostro istituto, che è la sala adibita alle feste, questo Sabato alle 21. La stanza sarà sotto il controllo dei due rappresentanti di istituto, che spero non ce la riducano a brandelli' tutti risero, anche se io non ci vedevo nulla di sarcastico.
Questo genere di cose comprendeva una delle tante cose inutili della scuola.
Perché a tutti interessavano, invece?
Perché sei l'unica a cui non piace sta cosa Alice, semplice.
'È stato organizzato, come sempre, per prendervi una piccola pausa dagli impegni scolastici. Spero vivamente che siate tutti presenti, ma ora devo avvisare le altre classi. Buon proseguimento di lezione, arrivederci' disse, mentre si diresse verso la porta, chiudendola una volta uscito.
Tutti gli alunni presenti erano entusiasti di questo ballo, e alcuni osservavano le varie ragazze della classe, scegliendo quale invitare alla festa.
Notai la mia compagna di banco, nonché mia migliore amica, che osservava il ragazzo davanti a lei mentre lui si girò, sorridendole.
Appoggiai la testa sul palmo della mano, consapevole che nessuno mi avrebbe invitata. Non che me ne importasse tanto, avevo già preso la mia scelta.
Non ci sarei andata.
'Bene, come stavo dicendo..' Continuò la professoressa, interrompendo il breve momento di felicità che si era creato, ricominciando il suo noioso discorso sulla chimica.
Volevo uscire il più presto possibile dall'edificio scolastico, ero così annoiata da quella mattinata.
Notai che Ludovica stava scrivendo su un piccolo foglietto di carta, che mi porse una volta aver poggiato la sua penna sul banco.
'Sai già di cosa ho bisogno' c'era scritto, anche se non capivo di cosa stesse parlando.
'In realtà no' le scrissi, porgendole il biglietto.
Sbuffò, e scrisse qualcos'altro.
'Andrò al ballo con Lorenzo, e ho bisogno di abiti'
No.
'Non contare sul mio aiuto'
'Oh andiamo, così ne avrai uno anche per te'
'Non ci penso nemmeno. Non ho intenzione di indossare uno di quei vestitini lunghi e stretti'
'Mi devi molto, ricordatelo'
Perfetto, era arrivata al punto. Sapevo che ero in grande debito con lei per avermi salvato dai vari pregiudizi ma, purtroppo, tempo fa, le dissi che le avrei fatto qualche favore, su cui sarei stata pienamente contraria.
Era arrivato il momento di accontentarla, anche se mi rendevo ancora più di ridicola di quanto non lo fossi già.
'Cazzo, hai ragione'
Letta l'ultima frase, la ragazza mi rivolse uno dei suoi sorrisi confortanti, e sapevo cosa volesse dire.
Non voleva costringermi, voleva cercare di farmi divertire come gli altri, voleva vedermi felice, anche se non era nel mio stile.
Non capivo nemmeno cosa fosse la felicità, e non sapevo dove trovarla, se era una cosa concreta o astratta, se era facile o complicata da cercare, se l'avrei mai avuta oppure no.
Eppure, a diciannove anni dovrebbe essere semplice anche se, per me, era tutto tranne che una passeggiata.
Chissà se il ragazzo dai capelli biondi avesse mai trovato la felicità. Se non fosse stato per quei ragazzi, avrebbe vissuto una vita come gli altri.
Ma a quel ragazzo non interessava nulla di me, perché dovevo rivolgere le mie domande anche su di lui?
E se fossi stata felice, mi sarei posta tutte queste domande, mettendo nel mezzo anche lui?

My All. ||Stefano Lepri||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora