4.

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Dopo una decina di minuti arrivai a casa.
Suonai il campanello, dato che non avevo le chiavi.
I miei credevano che le potessi perdere, o addirittura darle a qualcun'altro.
Intanto, massaggiai il mio fianco. Avevo fatto un po' di fatica a camminare, ma ce l'avevo fatta.
Salvatore aprii la porta.
'Cosa è successo?' Mi chiese, notando il movimento della mia mano nella stessa zona.
'Niente' dissi, entrando in casa e oltrepassandolo.
Mi sedetti sul divano.
'Che fine hanno fatto quei due?' Chiesi, riferita ai miei genitori.
'Sono andati a lavorare fuori città, non torneranno per un po''
Ah bene, un'altra cosa di cui ero all'oscuro.
'Lo sapevi?' Chiesi, certa.
'Si, da qualche mese'
'E quando cazzo me lo volevi dire?'
'Vedi di calmarti' disse, incrociando le braccia davanti al petto.
'Col cazzo. È mai possibile che io non sappia mai niente delle persone che mi hanno cresciuto? Allora saprai anche perché non mi considerano più loro figlia'
Mi alzai bruscamente dal divano, provocandomi un dolore violento al fianco.
Gemetti per il dolore, mentre Salvatore venne verso di me e mi sorresse con le sue braccia.
'Non toccarmi' dissi, cercando di togliermi dalla sua presa.
'So che dovevano partire, non so il motivo per cui non ti rivolgono la parola'
'Le uniche volte che mi hanno rivolto la parola sono state o per lamentarsi di me o per picchiarmi!' Gridai.
Mi ripresi un po' e mi tolsi dal tocco di Salvatore.
'Voglio andarmene via da qui' decisi.
Ormai non aveva più senso vivere in quella casa, ero una comune estranea per le persone che ci vivevano.
'No, tu non te ne andrai' disse, incontrando i miei occhi.
'Non servo a nessuno, perché dovrei restare qui?'
'Per me' disse con tono basso mio fratello e chinando il capo.
Mi avvicinai a lui e gli tirai su il capo, facendo incrociare i nostri sguardi.
'Potrebbe essere un buon motivo' gli dissi, sorridendo.
'Vorrei abbracciarti' rivelò.
Non capivo perché me lo stesse chiedendo.
Di solito lo faceva e basta, in quel momento sembrava che me lo stesse quasi implorando.
Forse perché avevo tirato fuori il vero motivo per il quale non volevo essere toccata.
Fino a quando non raggiunsi la maggiore età, i miei genitori me ne davano di santa ragione. I motivi potevano essere tanti: perché erano stressanti, perché bevevano, si drogavano..
Io non dicevo mai una parola, ma un giorno, a diciotto anni, mi ribellai e loro non mi rivolsero più la parola.
Quella mattina mi sembrò strano il fatto che mi avevano rivolto la parola, infatti appena li vidi avevo la conferma che non mi avrebbero parlato più.
Vidi Salvatore scrutarmi.
Avevo dimenticato di dargli una risposta.
Scossi la testa per cacciare tutti quei cattivi ricordi.
'E va bene, però..' Non mi fece terminare la frase perché mi abbracciò subito.
Lo strinsi a me, appoggiando la mia testa sul suo petto.
Era da tanto che non avevo un supporto fraterno.
Era la prima volta che abbracciavo di nuovo qualcuno.
Lui sarebbe stato l'unico che avrei abbracciato da quell'avvenimento.
'Però devi ancora spiegarmi perché ti massaggiavi il fianco, fuori dalla porta' disse sopra la mia testa, data la sua elevata altezza.
'Stavo correndo e ho sbattuto contro un palo' mentii.
Potevi inventare una scusa migliore.
'Farò finta di crederti' disse, accarezzandomi la testa. 'Ti ho mai detto che assomigli a me, quando sorridi?'
Tolsi la testa dal suo petto per poterlo guardare negli occhi.
'Se tu non avessi l'apparecchio, saremmo uguali' sorrisi.
'Sei crudele' disse, facendo il finto offeso.
'Lo so' tolsi il mio sorriso dal volto.
Pensavo a cosa mi faceva quel ragazzo di prima, a quanto insopportabile fosse.
Hai rotto il cazzo pensando sempre a quello. Dii che lo ami e la finiamo qua.
Non ammetterò mai una cosa falsa.
Mi allontanai da Sal.
'A che pensi?'
Lo guardai.
'Cosa hai detto?' Dissi, confusa.
Sorrise e ripetè la domanda.
'Me lo hai chiesto davvero? Cosa è successo al Salvatore a cui non interessava niente della sorella?'
'Mi è sempre interessato di te, solo che non te ne sei mai accorta'
Non riuscivo mai a dire così dolci, neanche a mio fratello.
Non ci riuscivo più, ormai.
Mi tenevo tutto dentro, anche se volevo piangere, gridare o divertirmi.
Era difficile, ma con il tempo mi ci abituai.
Sentii il suono del campanello.
Erano le quattro, chi poteva essere?
'Ah, ho invitato un amico' disse mentre si dirigeva verso la porta.
Lo guardai male ed incrociai le braccia.
Un'altra cosa che non mi aveva detto.
Aprì la porta e si presentò un ragazzo.
Appena entrò nella stanza, lo riconobbi subito.
Non ci potevo credere.
Tra tutti gli amici che poteva avere, proprio mio fratello?
Lui mi notò, con occhi infuriati.
Vedevo la sua pupilla nera allargarsi, quasi oscurando il verde dei suoi occhi.
Non sapevo perché, ma volevo scappare.
Ma poi, perché Salvatore lo aveva invitato qui?
Mio fratello ci guardava interrogativi.
Mi stava uccidendo con lo sguardo quello.
Voleva farmela pagare per lo schiaffo, anche se ero stata costretta a darglielo.
'Noto che vi siete già incontrati' disse Salvatore.
'Non ne voglio parlare' dissi, togliendo il mio sguardo dal suo.
'Nemmeno io' affermò quel ragazzo, facendo la stessa cosa con gli occhi.
Mio fratello si trovava a disagio in quella situazione.
Certo, chi si aspettava che sarebbe venuto a casa nostra? E chi si aspettava che mio fratello potesse frequentare una compagnia del genere?
'Che cosa le hai fatto, Stefano?' Disse lui, quasi sul punto di picchiarlo.
Stefano.
Ecco come si chiamava quel ragazzo così misterioso che non riuscivo a sopportare.
'Amico, ha cominciato lei' disse, liquidando velocemente la sua domanda.
Probabilmente non voleva che sapessi il suo nome, ma meglio così.
Dalla faccia sembrava disgustato dal suo nome, e questo era un modo per irritarlo.
Risi per la sua falsa affermazione.
'Non voglio discutere di cose inutili, divertitevi' dissi e me ne andai in camera.
Nella mia stanza continuai a ridere come un ebete.
Non ne sapevo il motivo, probabilmente per le strane coincidenze che avevo con quello Stefano.
Avrei potuto tirargli un altro schiaffo per la cazzata che aveva detto a mio fratello, ma non mi sarei più fermata.
Probabilmente in quegli istanti stava spiegando a Salvatore dei nostri incontri, ma non volevo che lo venisse a sapere.
Odiavo far sapere cosa mi accadeva, specialmente ai miei parenti.
Nessuno riusciva a farsi i cazzi propri, ma perché?
Mi sdraiai sul letto, osservando il soffitto della mia camera.
Non era male.
Era di un colore arancione, che si mescolava col verde e il giallo per formare un miscuglio stratosferico.
Presi il cellulare per controllare se qualcuno mi avesse cercata.
Nè un messaggio nè una chiamata persa.
Ormai era un'abitudine.
Decisi di scrivere un messaggio alla figura femminile che mi capiva di più, ma che era troppo distante da me.
'Hai del tempo?' Inviai quel messaggio a Nicole, mia sorella.
Era più grande di me e Salvatore, e dato che si era ormai seccata della solita routine, decise di andare a studiare all'estero.
Lei era l'unica che mi ascoltava per ore, comprendendo i miei disagi.
Capiva sempre ciò di cui avevo bisogno e le mie esigenze.
Dopo qualche secondo sentii il suono di una notifica.
'Chiamami su Skype' rispose.
Senza troppi indugi, mi alzai dal letto e presi il portatile sulla scrivania.
Mi sedetti sul tessuto morbido su cui dormivo, con il computer sulle gambe, mentre si accendeva.
Non ci mise molto e mi precipitai sull'apertura dell'applicazione.
Avevo bisogno di vederla, in ogni modo possibile.
Appena vi entrai notai che mi stava chiamando in quell'esatto momento.
Accettai la chiamata e la vidi.
Sempre con il sorriso sulle labbra.
Ero una mini-lei, diciamo.
Ero molto simile a lei, apparte per gli umori.
'Ehi' disse, vedendomi pietrificata.
Era cambiata da quando se ne andò, qualche anno fa.
'Ehi' dissi, sorridendo.
Mi vennero in mente tutti i ricordi passati con lei, tutte le cazzate che avevamo fatto, le giornate a parlare di cose inutili, ogni fottuto minuto che avevamo passato insieme.
'Avevi bisogno?' Chiese gentilmente.
Quello le era rimasto da quando era piccola.
La gentilezza.
'Beh, avevo bisogno di essere ascoltata' dissi.
'Ti ascolto'
Finalmente potevo essere ascoltata da qualcuno.
Le parlai di tutto quello che avevo passato da quando lei se ne era andata e anche di quel Stefano, senza soffermarmi troppo su di lui.
Lei invece mi raccontò di quanto era bella l'università ad Oxford, anche se era il suo terzo anno li.
Amava sempre parlarmi della sua scuola, e anche delle amicizie che aveva fatto.
Mi raccontò che qualche settimana prima si era fidanzata con un certo Sascha, che aveva conosciuto grazie a degli amici.
Come faceva ad avere così tante persone attorno a lei? Non si sentiva tradita da qualcuna?

Tutto questo durò quasi tutto il resto del pomeriggio, fino al calar del sole.
'Devo andare' dicemmo in coro.
Ridemmo a quell'affermazione.
'Ci sentiamo' disse lei.
La salutai e chiusi la chiamata.
Era stata una soddisfazione parlare con lei, mi sentivo leggermente libera.
Posai il computer sulla scrivania e sentii un brontolio provenire dal mio stomaco.
Una novità che hai fame, Alice.
Mi legai i capelli e aprii la porta per andare da Salvatore, ma appena la spalancai mi trovai davanti Stefano.
'Mi stavi spiando?' Dissi, appoggiandomi alla porta con le braccia incrociate.
'E io mi metto a spiare una come te' disse, infastidito dalla mia domanda-affermazione.
'Che vuoi?'
'Tuo fratello mi ha chiesto di chiamarti contro la mia volontà, perciò vai da lui'
Riferì e ritornò da lui.
L'odio che provavo per quel ragazzo era  così tanto che lo avrei ammazzato di botte.
Non sapevo quanto potessi ancora resistere prima di tirargli un altro schiaffo.
Mi diressi in cucina da quei due.
'Mi cercavi?' Chiesi a Salvatore.
'Da quando parli da sola?' Mi chiese leggermente confuso.
Scoppiai in una fragorosa risata.
Mi credeva così insana di mente?
Lo sei.
Ma non così tanto.
'Se proprio ti interessa, stavo parlando con nostra sorella. Potevi anche venire in camera a vederla, anziché stare con questo essere' dissi, guardando l'altro ragazzo di fianco a lui.
Lui si irrigidì quando citai Nicole, probabilmente per il litigio che avevano avuto prima che lei partisse.
'Non ti rivolgere così nei miei confronti, ragazzina' mi rimproverò Stefano, cercando di provocarmi terrore, ma non ci riuscii.
'Ragazzina? Avrò la tua età' precisai.
'Calmatevi' subentrò mio fratello.
'Tu stai zitto!' Gridammo io e il ragazzo affianco a mio fratello.
Aspetta, che avevamo fatto?
Si Alice, esatto.
Avevamo detto la stessa cosa nello stesso momento.
Ecco perché la gente mi riteneva strana, perché badavo ad ogni particolare che mi circondava, ad ogni parola che sentivo, e ad ogni gesto che vedevo.
Guardai sbalordita Stefano, che mi guardò allo stesso modo, ed i nostri sguardi si incontrano su un'unica strada.
Era come se attraverso i nostri sguardi riuscissimo a capirci, anche se ci odiavamo.
Cosa era nascosto dietro quegli occhi?
Perché erano così simili ai miei?
Sembravano che avessimo lottato, prima di arrivare ad oggi.
Il ragazzo tolse lo sguardo dal mio e prese di fretta la sua giacca, uscendo dalla casa, senza degnare di uno sguardo Salvatore.
Quest'ultimo guardava in continuazione me e la porta, come se fosse attratto da entrambi.
'Ordineresti una pizza?' Dissi, per togliere quel silenzio che ci circondava.
'Hai appena cacciato un mio amico' stava cercando di mantenere tutta la calma che gli restava, ma da un momento all'altro sarebbe esploso.
'Ha fatto tutto lui, non darmi la colpa su tutto'
'Mi chiedo come faccio a sopportarti' buttò fuori dalla sua bocca.
Sapevo che l'avrebbe detto un giorno, e quel giorno era arrivato.
Non mi sopportava da un po', e io gli avevo dato più fastidio del dovuto.
Immaginavo che anche lui si sarebbe scocciato di me.
Provò ad avvicinarsi a me, ma posizionai le braccia davanti al mio corpo, come per difendermi.
'Scusami, non-'
'Oh, volevi. Volevi da tanto tempo dire questo'
Lui si allontanò da me, sedendosi sul divano.
'Avrei fame' gli feci notare, dato che non avevo più intenzione di chiacchierare con lui. 
'C'è una pizza nel forno' mi fece notare, e subito vidi la luce gialla del forno.
Tirai fuori il contenuto e divorai tre tranci dell'alimento.
Se lui non aveva fame, non lo avrei costretto a mangiare contro la sua volontà.
D'altronde, non avevo intenzione di stare insieme a lui, almeno per il momento.

Me ne andai dalla stanza per prepararmi per la notte, assieme ad un classico pigiama.
Mi lavai rapidamente ed indossai la roba per dormire.
Ritornai nella mia camera e mi sdraiai sotto le coperte, osservando la finestra.
Dormivo sempre entro le due di notte, per poter osservare il fantastico cielo notturno, e anche perché non riuscivo a dormire facilmente.
Era quello che cominciai a fare, come se fossi una scienziata.
Ogni stella brillante nel cielo, per me, comprendeva una persona morta oppure una persona lontana, che vorrebbe esserti vicino, che vorrebbe consolarti nei momenti del bisogno, che vorrebbe proteggerti e farti del bene.
La notte era la mia parte del giorno preferita, per poter portare a galla tutti i miei pensieri.
Quella sera, una stella brillava più delle altre.
Non so perché, ma immaginai che quella stella fosse riferita a Stefano.
Tutti i pensieri vanno a finire su di lui.
Il suo comportamento, per quanto ambiguo e strano, mi rispecchiava, anche se mi ripetevo che eravamo due poli completamente opposti.
Sotto, ma sotto sotto, io e quel ragazzo non eravamo così diversi.

My All. ||Stefano Lepri||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora