E, alla fine, mi ritrovai di nuovo tra i banchi di scuola, sempre accanto a Ludovica.
La professoressa di biologia spiegava la sua noiosa lezione della prima ora del lunedì, come al solito. E, normalmente, non ascoltavo quelle lezioni, e non solo quella.
Non sapevo il motivo per cui mi ritrovavo di nuovo in quel posto, però quella mattina andò così. Ero talmente stanca di stare a casa a non far nulla che avevo preso la decisione di andare a scuola.
Beati quelli che ti capiscono.
Durante le lezioni, cosa che facevo anche nelle scuole precedenti, l'unica cosa a cui pensavo era un qualcosa che non riguardasse il tema "scuola".
Il problema era che l'unica cosa che si trovava nei miei pensieri era Stefano. Se fosse stato così gentile con me ancora una volta, come quella sera, gli avrei chiesto spiegazioni. Non mi dava fastidio tutto ciò, però una persona non poteva baciare l'altra senza motivo.
E, francamente, non volevo nemmeno essere illusa, almeno non da lui.Controllai l'orologio, appeso al muro, e notai che erano ancora le 8.30.
La professoressa sembrava una macchinetta, non si fermava un momento. Poteva morire per mancanza di ossigeno, però continuava a fare i suoi lunghi discorsi sulla materia.
Si interruppe quando sentimmo bussare alla porta.
'Avanti' disse la donna, leggermente frustata dell'interruzione del suo discorso.
Nessuno poteva immaginarsi chi si trovasse dietro la porta. Saranno i soliti bidelli che portavano comunicazioni, oppure qualcuno che aveva bisogno della professoressa per questioni riguardanti l'ambito scolastico.
Invece, quando la persona che bussò attraversò la soglia della porta, tutti rimanemmo sorpresi del suo arrivo.
In particolare, io.
Il ragazzo si diresse al suo banco vuoto in prima fila, mentre la compagna di banco lo guardava terrorizzata. Nonostante fossimo stupiti del suo arrivo, la donna sulla sessantina non era da meno. Continuava a fissarlo e, di conseguenza, il ragazzo fissava la donna.
'Lepri, cosa ci fa qui?' Chiese la professoressa, intenta a sapere le cause del gesto del ragazzo.
Finalmente, le lezioni avevano qualcosa di interessante.
'Questioni personali' rispose, liquidando velocemente la donna, facendo capire che non voleva entrare nel discorso.
Se non fosse stato per quell'enorme livido che aveva, che circonda il suo occhio, avrei potuto anche dire che era venuto di sua spontanea volontà a scuola.
Invece, era per rifugiarsi da quei bastardi. In qualche strano modo, quei ragazzi non potevano entrare nella scuola, probabilmente perché tutti li conoscevano e avrebbero cominciato a parlare di loro, cosa che quest'ultimi desideravano.
'Possiamo ascoltarti, non ci sono problemi, specialmente per quella cosa che hai intorno all'occhio' spiegò la signora, convinta che prima o poi gliene avrebbe parlato.
'Andiamo prof, chi ha voglia di ascoltare quello?' Intervenne uno, seduto ad un paio di banchi davanti a me.
Tutta la classe rise.
Tutti, tranne io.
Il moro si voltò e vide che non stavo facendo come gli altri. Mi sorrise, nonostante sapessi quanto stava soffrendo dentro.
'Perché, infatti, tutti hanno voglia di ascoltare le tue battute inutili' dissi, procurandomi uno sguardo storto da Ludovica e da tutto il resto della classe.
Da tutti, tranne che da lui.
Lui continuava a guardarmi, con un mezzo sorriso stampato sul volto.
'È arrivata quella che sta sempre zitta, durante le lezioni' rise, mentre tutti erano intenti ad ascoltare la nostra spiacevole conversazione.
'Forse è meglio se cominci a tacere' dissi, stringendo i denti.
Sapevo quale era il suo obiettivo.
Provocarmi.
Non gli stava riuscendo male, ma dovevo cercare di contenermi, altrimenti avrei fatto qualcosa di cui mi sarei pentita, specialmente davanti alla professoressa che ci osservava e specialmente davanti a Stefano, che non mi toglieva gli occhi di dosso.
'Altrimenti? Che fai, mi picchi?' Mi sorrise maliziosamente, girandosi indietro per potermi vedere.
'Calmiamoci, signor Valente e signorina Cinquegrana' si ricompose la professoressa, prendendosi coraggio per interromperci.
'Ad ogni modo, continuiamo con la lezione' disse, riprendendo tutto il discorso di prima che non stavo seguendo.
Poggiai la mia testa sulle mani e mi concentrai su quello che potevo osservare, fuori dalla finestra.
La pioggia cadeva fitta sul terreno e si sbatteva contro la finestra dell'aula. Il rumore non era insopportabile, dava un senso di tranquillità all'atmosfera che, per esempio, si era creata in classe. Quando ero piccola, i miei genitori erano ancora buoni e dicevo che la pioggia arrivava quando qualcuno, lassù, era arrabbiato. Non sapevo precisamente chi fosse la persona però quando, all'età di dieci anni, morì mia zia, attribuii quella persona a lei. Quella donna era stata l'unica che davvero mi ascoltava, quando i miei genitori sono cambiati. Certe volte, saltavo scuola per poter andare da lei ed essere accolta non come una nipote, ma come una figlia.
Già da piccola a farti paranoie..
Si vedeva che avevo già una certa mentalità, ma non un carattere ben sviluppato.
Mi sarebbe piaciuto essere fuori, a godermi la pioggia che sarebbe caduta sul mio corpo. Magari il moro mi avrebbe fatto compagnia e saremmo tornati a casa, inzuppati fradici.
Sapevo che io e Stefano eravamo dalla stessa parte, ma con quell'occhio nero mi doveva molte spiegazioni.
Non capivo o meno se si era difeso in quella rissa ma, a giudicare da quello che gli avevano fatto, non c'era riuscito.
Nonostante quel Valente cercasse di farmi perdere la ragione, rappresentava il completo nulla. E, anche se Stefano guardava più me che lui, capivo che la pensava al mio stesso modo. Notai che mentre guardava quel ragazzo, aveva una strana espressione, come se lo avesse già visto.
C'entrava qualcosa con il suo stato?
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My All. ||Stefano Lepri||
Fanfic'Ti tratterà come un burattino, e non devi farlo, non sei costretto' 'Preferisco essere trattato come un burattino piuttosto che vederti morire' ~~~~~~~ Alice. Una ragazza difficile e complicata. Nessuno la capisce, neppure le persone che dovrebbe...