17.

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Era da tempo che non dormivo così bene. Dormire con il pensiero che avevo fatto qualcosa di sbagliato mi perseguitava ogni volta che chiudevo gli occhi, e non solo in quel momento. Come diceva il detto, sbagliare è umano. La cosa positiva era che ero convinta che tra me e lui sarebbe andato tutto per il verso giusto, più o meno. Niente più ostacoli nella nostra, come si poteva chiamare, relazione. Non mi sarei più allontanata da lui, ma non ci sarei nemmeno rimasta attaccata come una cozza. Da quel momento, avrei cercato di non portare altri casini, di non portare ad altri allontanamenti, di non portare altri problemi.
Il mio desiderio di allontanarmi da Firenze si faceva sempre più grande. Non era tanto una fuga, però non potevo più sopportare quella storia. Sapere che dovevo guardarmi alle spalle ogni volta che cercavo di uscire di casa, era una cosa orribile. Pensavo sempre al fatto che tutto quello non sarebbe successo se non mi fossi così interessata a quello che, un tempo, era il biondino, e anche che se fossi cresciuta come una persona normale, senza violenze o pregiudizi, avrei tante persone su cui fare affidamento.
La cosa che più mi aveva colpita era il fatto che entrambi eravamo riusciti a rivelare i nostri sentimenti. Certo, non fu una cosa semplice, però ci eravamo riusciti.
Eppure, perché ancora non sapevo cosa eravamo?
Mi sembrava tutto così sfocato, tutto così irrealizzabile. Non avrei mai pensato di arrivare alla vera felicità, di arrivare fino a quel punto, insieme alla persona a cui tengo di più. Tempo fa avrei detto che l'unica persona che veramente era accanto a me fosse Ludovica, ma era tutto cambiato e, stranamente, in meglio.
Pensavo che, per tutti quei venti anni, la vita mi stesse giocando un brutto scherzo, oppure mi voleva solo fuori dai giochi. Insomma, come se volesse distruggermi giorno dopo giorno.
Ma appena incontrai quegli occhi verdi, pieni di storie pronte da raccontare, tutto ebbe una svolta. Tutto mi sembrava più movimentato, più sensato, come se la vita mi avesse dato un'altra occasione per poter vivere.
Beh, vivere non mi era mai sembrato così bello: vivere ogni singolo istante come se fosse l'ultimo, respirare l'ultimo atomo di ossigeno come se non ce ne sarebbero stati altri, guardare ogni singolo istante il moro come se dovesse scomparire da un momento all'altro.
Il moro era diventato quasi uno stato di vita. Se non mi avesse perdonato, sarei stata male per tanto tempo. Accecata dalla rabbia, pensavo che lo avesse fatto soltanto per convenienza ma, dopo poco, arrivai alla conclusione che era davvero innamorato di me da passare sopra a quella storia della fiducia. Non avevo mai dubitato di lui e, quando si stava dando la colpa di tutto, mi sarei voluta prendere a schiaffi. Tutte quelle persone che non riuscivano ad incontrare il suo sguardo, tutte quelle che lo odiavano, tutte quelle che non volevano sentire parlare di lui, per paura di essere picchiati, non avevano mai capito niente sul suo conto. Quanto mi sarebbe piaciuto parlare di lui a tutti, a Ludovica, ai miei genitori, a mio fratello, anche se lo conosceva da molto più tempo di me. Però, mi ricordai del fatto che le persone non soltanto odiavano lui, ma anche me. E, quella, era soltanto un'altra delle miliardi di cose che ci accomunava. Il fatto di essere respinti da tutti era un fattore positivo, dopotutto: permetteva di pensare meglio a noi, al nostro bene, alla nostra felicità. Non dovevamo preoccuparci di nulla, a parte di noi e di mio fratello, ma era meglio così. Preoccuparsi soltanto delle cose indispensabili per la nostra esistenza era lo scopo principale di entrambi. Solamente osservando quegli occhi, quei dannati e fottutissimi occhi di cui ero perdutamente innamorata, potevo constatare la nostra forza. Insieme, io e Stefano saremmo stati forti, ma se in alcune situazioni, invece, saremmo stati lontani l'uno dall'altra, la debolezza poteva giocarci un brutto scherzo. Non riuscivo a stare un secondo senza di lui e, da quello che potevo percepire, nemmeno lui riusciva a stare senza di me per molto, ed era qualcosa di stupendo.
Amare lui era qualcosa di stupendo.
Ogni giorno che passava, ero sempre più convinta dei sentimenti che provavo per lui, ma non volevo darlo a vedere, anche se si poteva notare fin troppo bene. Era la prima volta che mi innamoravo, e non pensavo che fosse così bello e intrigante.
Da quello che sapevo, andando avanti con la relazione, si scopriva sempre di più. Però, io e Stefano eravamo diversi. La nostra non era una semplice relazione. Insomma, ci amavamo, ormai era chiaro, però c'era qualcosa che ci differenziava dalle altre coppie.
Forse l'adrenalina, forse la preoccupazione che da un momento all'altro Giuseppe e il suo gruppo ci catturasse e ci uccidesse.
L'adrenalina, probabilmente, era dovuta alla nostra voglia di combattere, ma non di uccidere. Come mi disse Stefano, bisognava dare il colpo fatale soltanto nei casi estremi e, sia per lui che per me, quello poteva essere uno di quei casi. Ci potevano essere tante persone che ti odiavano, che non volevano avere a che fare con te e che non volevano sentirti nominare, ma quasi nessuno avrebbe voluto la morte di qualcuno. Invece, per noi, era proprio così. La nostra morte era l'obiettivo principale di quella banda, e di certo non li avremmo accontentati.
Però, quella storia, cominciava a prendermi davvero tanto, cominciava ad interessarmi. Uccidere non sarebbe mai diventato una cosa fondamentale per la mia vita, però mi pareva necessario. Non sarei morta per la felicità di qualcuno, e specialmente perché mi ero messa in mezzo in una storia in cui non c'entravo nulla. Qualsiasi cosa accada, qualsiasi scelta prenderemo e qualsiasi cosa faremo, io e Stefano la faremo insieme.
C'è anche un altro detto, che è l'unione fa la forza, ma avevo sempre odiato quel proverbio. Si poteva sostituire anche con l'amore fa la forza, o qualche altra cazzata del genere, però era un buon modo per dire che, stando insieme alla persona a cui si tiene di più, o che si ama, si è invincibili.

My All. ||Stefano Lepri||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora