CAPITOLO DUE

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Mi trovavo nel taxi, chiamato poco fa digitando i numeri impressi ormai nella mia testa dalla frequenza con la quale li prendevo per lavoro, e osservavo come assente i passanti o le vetrine illuminate dei negozi lungo le vie. Che ore erano? Le undici, penso. A dire il vero non riuscivo più a pensare con lucidità da quando ero uscita da quella stanza.

<<signorina siamo arrivati..>> sentì all'improvviso quando notai che la macchina si era fermata.

Meccanicamente presi una banconota dalla mia borsa e la porsi al tassista senza curarmi di prendere il resto.

Presi le chiavi dalla tasca del giubbotto e dopo i soliti tre giri faticosi, entrai in casa.

Dopo aver accuratamente appoggiato borsa e giubbotto su una sedia, mi diressi verso il bagno decisa a lavar via ciò che era successo fino a poco fa.

'Che cosa ho fatto? Perché ho ceduto? Il lavoro deve rimanere tale accidenti!' mi ripetevo in testa mentre grattavo velocemente la spugna sul petto e sulle gambe.

Non lavoro da molto in quel giornale perché, nonostante la mia già grande abilità nel settore, ho solo venticinque anni, ma tutti sanno che sono nata per questo. Mai un problema, mai nessun coinvolgimento. Eppure questa sera mi sono fregata con le mie stesse mani.

Altre volte mi è capitato che qualche cliente ci provasse ma io con tutta la freddezza che avevo li congelavo sul posto, letteralmente. Eppure con Mark questo non era successo: avevo provato a fare la dura, ha convincermi che non provassi il ben che minimo interesse.

Decisi di uscire dalla doccia anche perché ormai non sentivo più le dita da quanto erano diventate fiappe a causa dell'acqua che continuava a scendere.

Sentì il cellulare suonare così corsi in salotto non appena mi fui messa l'accappatoio e risposi..

<<pronto?>>

<<buonasera tesoro!>> mi rispose sprizzante di gioia la mia cara amica Rachel che puntuale come ogni venerdì sera verso le undici e mezzo, mi chiama per organizzare il nostro weekend.

<<oh ciao sei tu..>> le dissi cercando di sembrare allegra, fallendo miseramente.

<<calma calma non urlare troppo dalla felicità..che succede??>>

<<eh..guarda non voglio pensarci ti prego..>> risposi mettendomi una mano davanti al viso come per bloccare le scene che minacciavano di tornarmi in mente.

<<perfetto! perché domani è sabato e noi due ce ne andremo a ballare!>> pensai alla sua proposta e decisi che forse quello era il modo migliore per dimenticare questa giornata e liberarmi da questa continua agitazione che avevo.

<<dove mi porti di bello?>>

<<c'è un bel locale che ha aperto da poco non molto distante da qui, dicono che ci vanno anche dei pezzi grossi>>

<<ah tu e la tua idea di sposarti un riccone!>> risi ricordando il patto che facemmo ancora anni fa: sposare un uomo ricco e comprare una villa immensa con piscina e palestra.

<<sei tu che hai abbandonato le speranze, e non dovresti..>>

<<non è colpa mia se finora ho sempre trovato delle teste vuote!>>

Restammo a parlare al telefono un altro po' raccontandoci le giornate trascorse o gli scoop sentiti in giro.

Verso mezzanotte e mezza decisi di andare a letto e dopo questa bella chiacchierata che mi aveva tirato un po' su di morale, mi addormentai serena.

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