Prologo

33 5 3
                                    

Il cielo remoto, pallido e lucido come un malato, specchiava un niente sgombro di nuvole. In basso, l'aria fredda e muta gravava sulla foresta chiusa.

L'accampamento, adagiato sull'erba molle, dormiva avvolto nell'alito leggero dell'aurora nascente. Le tende, come fiori grigi, riposavano nella radura, buia di ombra umida. Nessun suono interrompeva il silenzio di quell'ultima mattina di guerra.

Ma nella tenda azzurra del re, due giovani uomini erano svegli e si preparavano silenziosi, con cura, concentrati nel compito che li attendeva. Uscirono senza proferire parola, proprio mentre deboli raggi di sole bucavano la barriera della fitta vegetazione. Il sole, al di là dei rami e delle foglie lucide, al di là dei monti soverchianti, era carico di rosso, del sangue che attendeva di essere versato, quell'ultima giornata di guerra.

Attraversarono in fretta il campo, sfilando in mezzo alle tende chiuse, ancora addormentate, facendo attenzione a non ferire il riposo dei combattenti. Solo lo sguardo solerte delle tacite sentinelle fu testimone del loro procedere.

Il cielo vitreo pareva quasi solido sulle loro teste, colmo di neve, la neve bianca, candida, immacolata che quella sera stessa avrebbe ricoperto tutto il sangue versato dai due eserciti. Ma i due giovani ignoravano il tempo, la neve incombente e il sole grondante di sangue. Ignoravano che quell'ultima giornata di guerra sarebbe stata cantata per sempre dai poeti, ricordata e tramandata da padre in figlio come il giorno del tradimento più odioso, dell'inganno più imperdonabile. Una trappola sarebbe presto scattata, micidiale come una morsa d'acciaio, capace di soffocare il bene e la verità e la pace.

L'ultima tenda fu lasciata alle spalle insieme al silenzio e al riposo dei cavalieri. E in fondo alla radura, poco prima del sentiero, poggiato su una catasta di legna, un uomo osservava il sorgere del sole. Cantava sottovoce, lo sguardo perso a est.

"Buon giorno, Maestro" disse uno dei giovani, quello che indossava il mantello azzurro, come la tenda da cui era uscito.

L'uomo non rispose subito. Si soffermò ad osservare i due giovani, i loro volti freschi appena rasati, le armature leggere perfettamente indossate. "Buon giorno a voi, sire – disse prima – Buon giorno, Corrado" completò, rivolgendosi all'altro giovane. Quest'ultimo rispose con un sorriso e un leggero inchino.

"Andiamo alla torre d'osservazione, vuoi venire anche tu?" domandò il re.

Di nuovo, il Maestro non rispose subito. Li guardò con i suoi occhi grigi, penetranti come lama d'acciaio, il volto imperturbabile. I giovani non si mossero, sembravano abituati a quegli sguardi indagatori, e attesero pazienti.

"Grazie sire – disse piano – Ma rimarrò qui, con i soldati."

"Come vuoi – rispose il re, con un sorriso – In ogni caso, saremo di ritorno presto." Si mosse e il suo compagno lo seguì, silenzioso. Solo quando furono nei pressi della salita che correva attraverso il fitto del bosco, il Maestro parlò di nuovo: "Corrado!" chiamò a gran voce. I giovani si voltarono insieme.

"Fai attenzione. La foresta è fitta di inganni e le ombre, a volte, prendono vita davanti alla paura degli uomini."

"Farò attenzione, Maestro – rispose Corrado, sorridendo – Ma ho smesso di avere paura del buio, già da tempo." E si voltò, fianco a fianco con il suo re e amico.

Il Maestro li seguì con lo sguardo, mentre i giovani entravano nella foresta, baldanzosi e allegri come due reclute alla loro prima battaglia. Li seguì fin quando non divennero ombre oscure, inghiottite dalla selva.

Quel giorno, il cielo a specchio e il sole ferito, il re e il suo amico lasciarono l'accampamento dirigendosi verso la torre, nel cuore della foresta. E non tornarono più indietro. Nessuno dei due.

Fu la fine per l'esercito, per le genti dei due regni, per gli uomini delle praterie, ad est.

E i soldati dormivano ancora, nell'attesa dell'ultima battaglia.


La via delle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora