L'estate passò troppo breve e preziosa, per poter evitare di rimpiangerla. Era ancora settembre quando il lago iniziò a filare la sua nebbia e il sole divenne più freddo e debole tinteggiando ogni cosa dei bui colori dell'inverno prossimo. Come una polvere spessa e ostinata, la nebbia velava l'aria intorno, rendendo le cose immobili e fredde nel suo grigiore. Le montagne che si affacciavano sul lago, dal profilo tagliente e aspro, come se fossero state cesellate da un gigante crudele, scomparivano nell'aria grigia e soffocante. I villaggi, in lontananza, non erano che sagome imprecise, miraggi appena percettibili, al di là delle immote acque di Specchioscuro e tutto sembrava scorrere più lentamente. Anche i soliti rumori della vita quotidiana parevano attutiti, soffocati dalla nebbia che si alzava dal lago, spandendo la sua triste presenza su tutto.
Quell'estate aveva portato poco movimento a Torlago. Pochi viaggiatori avevano affrontato i pericoli di Piccobrumoso o le eterne nevi di Passostridente per scendere nella valle della Dea. E non erano stati altro che mercanti o artigiani sfuggiti dalle persecuzioni del sud, apportatori solamente di cattive notizie, di disastri, uccisioni e disperazione. I valligiani ascoltavano, cercando di immedesimarsi nel racconto di quei fuggiaschi, ma la loro vita, protetta dalle montagne, sembrava immune da tutto quell'orrore. Forse erano felici, in cuor loro, di essere prigionieri della valle, salvi dal disastro che, oramai, gravava sul vecchio reame da troppo tempo, per poter suscitare qualche sentimento che non fosse una fuggevole pietà per cose troppo lontane.
I pochi stranieri sembravano tutti in fuga, anche se la maggior parte di loro non faceva mostra di esserlo e sfruttava le sue merci come un alibi per trascorrere nella pacifica valle un periodo più o meno lungo. Nessuno però rimaneva, anche se non tutti avevano ben chiare le idee su dove poter fuggire o se potevano tornare indietro. E nessuno sembrava intenzionato ad andare ancora più a nord, verso Algosturia, dove regnava la pace, ma, si diceva, una pace fatta di terrore e tirannide, ottenuta col sortilegio e la spietatezza di un sovrano maledetto.
Lucenzia ascoltava i racconti degli stranieri, non con il sentimento di pietoso distacco degli altri valligiani, ma con avidità, come chi deve prepararsi ad affrontare tutto questo e necessita di informazioni dettagliate.
Malgrado i propositi, quando non riusciva a comprendere qualcosa, era costretta a chiedere spiegazioni al padre, che non amava parlare di ciò che accadeva là fuori. E malgrado i propositi, questo atteggiamento di distacco e disinteresse la irritava e la allontanava sempre di più da lui. Finì per evitare di parlargli del tutto, se non dello stretto necessario e per passare molto più tempo di prima a casa di Candida, dove almeno Berto sembrava più propenso a discutere e a fornire risposte. Berto era uno dei pochi valligiani, infatti, che aveva lasciato, seppur per un breve periodo, il lago e aveva vissuto al sud. Non aveva visto la capitale, ma aveva visitato le grandi città della costa e conosceva la vita più dolce che si svolgeva sotto il sole del meridione.
Spiegò a Lucenzia cosa volesse dire usurpatore e come questi, l'odiato Borso, avesse preso il potere e cercasse di mantenerlo. Le disse della resistenza che sapeva esistere, da qualche parte, e della partenza definitiva dei Luminosi dagli affari del mondo degli uomini. Berto sapeva che tanti racconti che circolavano nella valle su di loro erano menzogneri, perché al sud aveva potuto notare il rispetto che quelle genti provavano per il popolo fatato e il rimpianto che emanava dai loro discorsi quando li ricordavano.
Probabilmente, alcuni di loro vivevano ancora nelle foreste che amavano abitare, ma tutti erano concordi nel parlare di un ultimo reame fatato, la cui ubicazione era però sconosciuta ai più. Non era però precluso ai mortali l'accesso al reame se avessero scoperto come arrivarci e se se ne fossero mostrati degni.
Si diceva che, in quel posto, ovunque si trovasse, si celasse l'ultimo regno felice. Ultimo perché il cuore degli uomini sembrava essersi votato definitivamente al male, causato dalla paura e dagli incantesimi malvagi di Goffredo ed era quindi incapace di creare qualcosa di bello e pulito senza la guida di qualcuno. Gli uomini erano ciechi, nel loro presente, dimentichi del passato in cui erano stati grandi e felici, e incapaci di vedere il futuro al di fuori di quello che altri, più potenti, volevano che vedessero.
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La via delle stelle
FantasyLucenzia vive con suo zio in una valle isolata ma sogna di vedere il mondo. Insieme alle minacce di una prossima guerra giunge nella valle anche un giovane misterioso che la trascinerà in una travolgente avventura in cui farà i conti con il suo pass...