Un incontro gradito

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Accadde una rara limpida mattina d'autunno, che Lucenzia incontrò Martino.

Questo avvenne dopo che tante brutte notizie cattive erano state recate nella valle dagli stessi uomini di Arnaldo. Si parlava sempre più spesso dell'arrivo imminente dei soldati di Algosturia, anche perché le loro tracce erano sempre più evidenti. I villaggi dell'est erano già stati visitati dai settentrionali e ne erano usciti malconci. Si era parlato di scorrerie, incendi e razzie delle fattorie più isolate e di rappresaglie e furti nei villaggi più grandi. I contadini erano stati cacciati dalle loro case ed intere famiglie erano state massacrate.

Nessuno riusciva a resistere alla discesa delle truppe degli uomini del nord, che erano spietati e crudeli come il clima della loro terra. E il loro capitano, Manenzio, era considerato uno degli uomini più pericolosi del suo reame, tant'è che si narrava di alcuni soldati che avevano tentato la fuga dalle sue angherie e dalla tirannide del loro re. I pochi sventurati che non erano riusciti nel loro piano per ottenere la libertà, ed erano tornati nelle mani di Manenzio, avevano dovuto implorare di essere uccisi per sfuggire alle torture che il loro capitano infliggeva ai disertori. E nemmeno coloro che li avevano accolti riuscivano a sfuggire alla stessa sorte.

Martino sembrava un viandante come tanti altri, o, almeno, ne aveva tutte le caratteristiche. Sarebbe passato inosservato e avrebbe goduto della parca ospitalità di Specchioscuro se non fossero stati tempi diversi e pericolosi e se ogni giovane vagabondo non fosse sembrato un disertore. Perciò bussò a tutte le porte di Torlago senza ottenere asilo e nemmeno un po' di cibo.

Anzi, venne cacciato in malo modo e alcuni contadini gli intimarono di lasciare immediatamente la valle. Era sperduto e non sapeva cosa fare quando incontrò Lucenzia che tornava dalla casa dell'amica. Aveva con sé un carico di legna, in una gerla sulle spalle e canticchiava, persa nei suoi sogni, quando lo vide. Chissà perché non le venne subito in mente che fosse un soldato sfuggito al suo generale.

Forse era l'aria stanca o forse il sorriso gentile che le dedicò quando la vide o le parole che le rivolse: "Scusami - fece quando si incrociarono nel campo - Non ti allontanare, ti prego. Ma ho bisogno di aiuto e ho chiesto a tutti, giù al villaggio: nessuno, però, mi ha voluto dare ascolto."

Lucenzia si fermò, quando avrebbe dovuto scappare e chiamare aiuto e ricambiò il sorriso, suo malgrado.

"Mi piacerebbe aiutarti, anche se fossi un disertore di Algosturia - affermò, cercando di mostrarsi sicura e disinvolta - Ma temo che mio padre non sarebbe d'accordo se ti portassi a casa. È troppo pericoloso, puoi capirmi?"

Martino sembrò perdere tutta la sua sicurezza, di fronte alle parole della ragazza, ma tentò ancora: "Se non altro, ti prego, dammi qualcosa da mangiare - fece, cercando però di mantenere un contegno dignitoso - Non sono riuscito a trovare nulla di commestibile, qui al lago. Niente che si possa mangiare crudo, almeno."

Lucenzia comprese subito: l'autunno era già una stagione difficile per chi aveva una casa e le provviste rimediate in estate, ma doveva essere ancora più duro per chi non aveva un posto dove stare e...ed era costretto a scappare. Se no, perché non avrebbe potuto cuocersi qualcosa per strada? Perché accendere un fuoco gli avrebbe creato tanti problemi?

Queste riflessioni avrebbero dovuto fortificare la sua prima intenzione, di non dare ascolto alle richieste del ragazzo, ma decise di prendere tempo e di interrogarlo: "Come ti chiami? – chiese - e da dove vieni?"

Il ragazzo sembrò rilassarsi e: "Mi chiamo Martino – rispose - e vengo da uno dei villaggi a est."

Lucenzia lo osservò ancora, poi riprese con le domande: "E come hai fatto a sfuggire agli uomini di Arnaldo o a quelli di Manenzio?"

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 20, 2016 ⏰

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