Torlago

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Era di nuovo primavera. Una primavera incerta e singhiozzante ma, perlomeno, l'inverno non si sarebbe più presentato a minacciare gli uomini con le sue fredde braccia. Invece, un certo tepore ancora timido, che scendeva giù dal cielo insieme ai raggi del nuovo sole, invitava a star fuori, ad incontrare gente, a fantasticare dell'estate ancora lontana.

Candida sentiva che intorno a sé un'aria nuova si effondeva, portatrice di benessere e serenità, e che il peso e la fatica dell'inverno di colpo venivano spazzati via. Così, la cesta che portava in bilico sul capo le sembrava meno pesante di una settimana prima e il pensiero di dover contrattare il prezzo del suo contenuto con donna Marta non la metteva a disagio come le altre volte.

I banchi del mercato giacevano come tessere colorate di un mosaico gettate alla rinfusa su un tappeto grigio di pioggia e gelo. Ma promettevano nuova vita e nuove scoperte perché il loro numero era la dimostrazione che tanti mercanti erano arrivati da fuori sfidando le nevi ancora alte ai passi occidentali e settentrionali.

Non erano poi molti, pensò Candida facendo un rapido calcolo mentre scendeva verso la riva del lago. E non avrebbero potuto esserlo, dato che la valle non attirava più gli stranieri come un tempo. L'isola in mezzo al lago, dove una volta sorgeva il tempio della dea, e a cui si rivolgeva il cammino di tanti pellegrini, adesso era una cosa misera e abbandonata. Uno squallido ricordo dei tempi andati, quando il lago portava un altro nome e la benedizione della dea sorrideva a tutti.

Torlago stessa, con i suoi vecchi palazzi superbi, vuoti e silenziosi, lasciava immaginare un passato ben diverso dal presente di fatica e sacrificio che i suoi abitanti trascinavano e la torre, dirupata e assalita dalle erbacce, era il degno simbolo del suo decadimento.

"Tuo padre ha pretese davvero molto alte per questi cavoli già andati!" fece donna Marta, visionando la verdura nella cesta. Queste erano la parole della donna, ogni volta che dovevano affrontare la trattativa. Candida, di solito, se ne stava zitta, aspettando che la mercantessa si risolvesse a pagare un prezzo ragionevole. "Invece, sono delle belle verdure e non valgono meno del prezzo richiesto" disse la ragazza. Forse era il sole, ma si sentiva più energica, quel giorno, meno docile ai compromessi.

Donna Marta la squadrò un attimo. Dovette pensare che fosse cresciuta di colpo, durante l'inverno appena trascorso, e bene anche. I capelli biondi della piccola Candida erano davvero notevoli e il viso e il corpo non avevano più la morbidezza tipica dell'età infantile. La figlia di Berto si stava trasformando in una donna e aveva anche iniziato a tirar fuori la voce.

"E va bene – concesse la donna – per stavolta l'hai vinta tu. Ma avverti tuo padre che se continua a dar via la sua frutta migliore a degli estranei in cambio di niente non andrà molto lontano!"

Candida si sentì arrossire. "Mio padre regala le sue cose a chi vuole" ribatté, pentendosene subito. Il tono della sua voce era risultato troppo infantile, persino alle sue orecchie.

La mercantessa, come era prevedibile, fece un piccolo sorriso: "Bah – fece, mettendoci tutto il suo senso di superiorità – Contento lui!"

Candida non sapeva come congedarsi. Con le mani tormentava il cordone del vestito e fissava la donna. Sapeva di risultare goffa e impacciata ma era più forte di lei. E poi, le ultime dichiarazioni di donna Marta l'avevano ferita. Sapeva che la mercantessa si stava riferendo a Cosma e a Lucenzia. Suo padre ogni tanto dava loro una mano perché Cosma non era un vero contadino e i risultati delle sue fatiche non erano sempre dei migliori.

E sapeva anche che a Torlago la sua famiglia era l'unica che intratteneva rapporti d'amicizia con quelli che gli altri continuavano a definire stranieri anche se abitavano nella valle da vent'anni.

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