un passato che non vuole passare

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"Remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato."

-Francis Scott Fitzgerald

PENULTIMO CAPITOLO PIPOL

La vita era assurda.

La vita era stupida.

La vita era troppo lunga.

La vita era proprio una merda.

Erano davvero le uniche cose a cui Giò aveva pensato in quei giorni di solitudine, dopo l'abbandono.

Cosa avrebbe potuto pensare?

Infondo era tutta colpa sua, dannatamente sua.

Anche stavolta fu doloroso, dolorosissimo ma non più del solito, lui al dolore ormai c'era abituato.

Quello che sentiva però, impellente e deleteria sottopelle, era la mancanza, era quel vuoto che ammazzava tutti i pensieri lasciandolo solo nella solitudine e nel ricordo di un passato che non sembrava voler passare.

E la verità era che al dolore lui non avrebbe dovuto essere abituato, la verità era che lui doveva soffrire, tanto.

Meritava di soffrire, per tutto ciò che aveva fatto all'unica persona che -per la prima volta dopo anni- lo aveva trattato come un essere umano.

Meritava di soffrire, eppure stavolta non glie ne avevano dato il tempo, perché dopo appena due giorni di pianti, pugni contro la parete e urla disperate, una telefonata aveva interrotto il suo ritiro di sofferenza.

Era stata una delle telefonate più lunghe di tutta la vita del barese, in cui si era sfogato, aveva pianto, aveva urlato e aveva sorprendentemente anche riso, ma soprattutto, dopo tanto tempo, aveva avuto il coraggio di confessare cosa nel corso degli anni l'avesse spento, spingendolo a prendere la dolorosissima decisione di lasciare Davide.

I due parlarono per almeno tre ore di fila prima che la persona all'altro capo del telefono decidesse di chiarire le cose mettendo Giò di fronte a una scelta e chiudendo questa storia una volta per tutte.

*Lo rivuoi?*

*Non credo che lui rivoglia me, insomm-*

*Lo rivuoi?*

Chiese ancora la voce interrompendolo.

*Si, si lo rivoglio*

*Bene, perché ho già prenotato un biglietto aereo per Amsterdam a tuo nome, parti domani sera con il volo delle sette*

*Grazie, davvero non so come ringraziarti*

*Rendilo felice, come ringraziamento sarà più che sufficiente*

*Lo farò, te lo prometto*

E la telefonata si concluse così, in fretta e furia.
Per i ringraziamenti ci sarebbe stato tempo l'indomani, ora Giò aveva una valigia da preparare.
Il treno -o per meglio dire l'aereo- delle opportunità finalmente gli aveva dato la possibilità di salire e realizzare i suoi sogni.

Era il momento di mettersi in viaggio, direzione: Amsterdam.

Amsterdam, esatto.

Perché era proprio lì, nella città dei mulini a vento e dei prati verdi che il riccio era stato trascinato letteralmente con la forza dai suoi amici dopo la rottura con Giò.

Neanche a lui era stata data la possibilità di soffrire ma nel suo caso la situazione era stata un po diversa.

Teoricamente i due terzi del tempo da quando il barese era andato via li aveva passati strafatto, ma questi erano solo dettagli.

You can't fix a black soulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora