Capitolo 9

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Tyler
Che rabbia quella ragazza! Io per tutto questo tempo ero stato così apprensivo, volevo averla veramente come amica. Ma chi non lo vorrebbe? Lei è bellissima e simpatica ma troppo dura e fredda quasi sempre, volevo che fosse un po' come nei film, tipo che io entravo nella sua vita e lei cambiava. Volevo ma non ho fatto niente e sto più di schifo io che lei in questo momento, come non mi ero accorto che quella coltellata c'entrava con la sua famiglia? Come faceva a sopportare un tale dolore? Altre domande mi giravano per la testa e solo allora mi accorsi che era già pomeriggio e che avevo distrutto metà del mio appartamento per sfogare quella rabbia che mi pulsava dentro. Lasciai tutto com'era e corsi in palestra nel piano inferiore, ero proprio un codardo, un coglione. L'ho lasciata lì, da sola a piangere. Ero scappato anche se lei non mi voleva dove starle accanto ma ora sembrava tutto stupido...diventare amici lo era, essere diverso per lei lo era. Ma allora perché mi sembrano gli errori più giusti della mia vita? Erano solo azioni impulsive ecco! Io non tenevo a lei come nessuno teneva a me da bambino ma anche adesso. Josh era il mio migliore amico, mio fratello e anche l'unica persona che mi conosceva. Con lui facevo tutto, fino a quando non è arrivata Michele, non lo ammetterò mai ma lei è stata la salvezza di tutti e due, ci stavamo spingendo al limite e non era per niente salutare. Lei è la luce degli occhi del mio amico ora, non fanno niente da soli. Era davvero una cosa fastidiosa ma anche dolce se ci si pensa a lungo. Presi i guantoni e iniziai a tirare colpi al sacco, sentivo bruciare tutto. I muscoli erano andati a puttane come le mani che erano rosse sotto lo strato della pelle nera. Non lasciai mai il posto sul ring allestito tra un attrezzo e l'altro però dopo un paio d'ore dovetti smettere e quel calore che mi bloccava lo stomaco ritornò come i quesiti sull'enigma "Charlotte". Mi preparai per la gara, ogni domenica cambiava location, una volta il raduno era vicino il treno per questo dovemmo fare molta attenzione a non farci beccare. Ma questa sfida non era come le altre, era l'ultima del campionato invernale. Era la più difficile perché partecipavano tutti quei gradassi che volevano soltanto i soldi e non il brivido di correre a 130 chilometri orari. Ma io non ero da meno, mettevo da parte i soldi per guadagnarmi una vita più felice nel futuro. Avrei voluto avere dei figli a cui non avrei fatto guidare nessuna macchina fino ai venti anni e volevo anche una bambina, che avrei difeso da tutti quei ragazzi ubriachi e eccitati che volevano portarmela via. In poche parole chiedevo una vita migliore per loro, un padre presente non come il mio e una madre stupenda e dolce. Ma non quelle che ti prendevano la giacca appena arrivato a casa o che cucinavano e basta, volevo una che sapeva il fatto suo, che insegnava a lottare per ciò che si vuole e soprattutto che con la sua presenza spiazzi tutti in qualunque ambito. Questa volta non avrei potuto fare alcuni errori, la stradina di montagna dove avveniva la gara era davvero pericolosa poi avrei fatto un passo di auto strada per poi passare per una cittadina assai piccola ma complessa. Non sembrava difficile ma appena vidi i miei avversari pregai per rimanere vivo, avevano molti anni di esperienza alle spalle e soprattutto erano ben forniti di tranelli. Mi avvicinai con la macchina verso il segnale di partenza e aspettai lo sparo per partire, ci volle un'eternità perché tutti si erano schierati uno dietro l'altro e cominciarono a litigare per chi doveva partire per primo. Al via le mie gomme partirono sul terreno bagnato, era una giornata brutta sia fuori che dentro di me. Sorrisi quando un tizio con una Porsche nera andò fuori strada, lasciandomi spazio per superare una Mercedes grigia metallizzata. Andavo alla grande, sfrecciavo sulla strada con un minimo orario di 160 e non sentivo niente né pensavo. Però la parte complicata doveva ancora arrivare davanti a me vidi un duello tra due macchine e quella bianca venne trasudata dall'altra verso il burrone, in un attimo avvenne l'impensabile... L'auto cadde e si sentì un forte impatto, mi preoccupai perché questi piloti non erano giusti. Continuai la mia corsa e notai che ero secondo ma io vincevo sempre quindi premetti il piede sull'acceleratore incurante del pazzo che guidava la macchina davanti a me. Presi coraggio e mi avvicinai sempre di più a quello, intanto avevamo passato la montagna e ora eravamo a metà del percorso sull'autostrada. Questa gara era da pazzi, oltre ad essere illegale, era anche troppo pericolosa per gli uomini, tutti avevano una famiglia o un team da cui ritornare anche da sconfitti invece io non avevo nessuno e questo era a mio vantaggio. Guardai fuori il finestrino e notai che al volante del veicolo ormai in linea con me, si trovava un uomo con solo un occhio. Veniva chiamato The Killer perché nella sua "carriera" uccise ben trenta partecipanti, un brivido mi assalì la schiena ma scossi la testa e pensai ai miei successi. Con la metà degli anni dei corridori avevo raggiunto vette esclusive, per ben sei volte ero stato il campione indiscusso e ho partecipato a solo sei campionati quindi era un buon risultato. Avevo intrapreso questa "carriera" cinque anni fa quando avevo solo 13 anni, non ero andato sempre bene anzi alcune volte mi era toccato l'ultimo posto ma quando sono cresciuto ho capito che basta essere più cazzuti degli altri e crederci fino in fondo per vincere. Ormai le nostre due macchine si toccavano e l'uomo non dava segno di preoccuparsi di me, con una sterzata esaltante entrai nella città con meno abitanti di tutta l'America. Nessuno conosceva le sue origine né tanto meno le voleva sapere, preoccupandomi di non andar a sbattere contro un albero che spuntavano dovunque mi dovetti allontanare un po' dalla mia preda. Ma appena ebbi campo libero lo riavvicinai superandolo anche...mancavano alcuni metri alla mia vittoria e sapevo di potercela fare, lo facevo per sentirmi libero e volevo vincere per quel povero guidatore che era caduto nel dirupo per colpa di quello spietato e masochista. Con un colpo alla fiancata da parte di The Killer sobbalzai ma tenni duro e restituii la botta andando con il parabrezza contro il lato della macchina causando un sobbalzo. Risi tra me e me e mi avvicinai sempre di più al traguardo, notai una decina di persone tra cui Josh e... Charlotte. Il mio cuore si riprese e il mio stato da spaccatutto e non ricordare niente si volatilizzò, ora volevo solo andare da lei come un vincitore. Presi le ultime forze rimaste e superai quel coglione che intanto non mollava. Successe tutto in un attimo, appena tagliato il traguardo con solo 6,3452 secondi di anticipo su The Killer, scesi dalla macchina per andare dai due miei amici e soprattutto per chiarire con la ragazza ma qualcosa mi colpì alle gambe, mi girai di scatto e notai lo sconfitto che teneva una mano su una pistola e che mirava alla mia testa, guardai dall'altra parte e c'era Char che veniva trattenuta dal mio amico, lo ringraziai mentalmente perché non volevo che accadesse niente alla mia amica. Ormai l'uomo con un occhio solo era fuori di sé, sbraitava cose senza senso dicendo che aveva vinto lo stesso lui e che io dovevo pagare per quello che avevo fatto, avevo imbrogliato. Aspettai che si distrasse a parlare di alcune sue vittorie e mi alzai da terra dove in fiumi di sangue usciva dalla mia gamba, il proiettile aveva toccato il femore ma per fortuna non l'arteria femorale. Con un balzo mi buttai sopra di lui, incurante del dolore, stava puntando la pistola su alcuni innocenti meccanici che si trovavano vicino ai garage. Iniziai a lottare per il possesso dell'arma e notai che aveva la mano ancora premuta sul grilletto, alcuni colpi furono sparati ma nessuno toccò la gente che sembrava ipnotizzata da ciò che stava accadendo, trattenni il fiato e mi accorsi di sanguinare anche vicino il braccio, ma non sentivo dolore. Ormai l'adrenalina era in circolo e pensai fosse giusto utilizzarla, sterrai un pugno a quella montagna e poi una ginocchiata nel gioielli di famiglia. Lui si accasciò e su allora che presi la pistola per poi colpirlo con essa sulla testa, facendolo svenire. Tutti applaudirono e io per alcuni secondi mi guardai intorno, lei non c'era ma era meglio così. Ormai distrutto mi buttai quasi svenendo sul terreno, avevo gli occhi doloranti che chiedevano di essere chiusi, sentii dei lamenti e poi delle urla, mi ritrovai dopo poco la faccia triste di Charlotte che piangeva e che bagnava il mio viso
"Tranquilla..." trascinai delle lettere perché non riuscivo più a rimanere sveglio
"Scusami, non morire ti prego, ti racconterò tutto, ti sarò sempre affianco e soprattutto non ti lascerò mai più andare" altre piccole gocce mi caddero sul viso e io raccolsi le ultime forze e sollevai il braccio per accarezzare il suo viso e quei splendidi capelli setosi
"Non morirò, non ti libererai così facilmente di me" lei sorrise ma io non vidi più niente dopo di quello, udii soltanto delle sirene e delle mani sopra il mio corpo che cercavano di sollevarlo...poi il vuoto mi trascinò nell'oscurità.
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Appena finito di scrivere, spero vi piaccia e scusatemi per gli errori
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