Capitolo 10

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Due settimane, due fottutissime settimane e quel deficiente non si era ancora svegliato. I medici non mi dicevano niente ma per fortuna avevo fatto amicizia con il padre di Tyler che era venuto sì o no due volte e che aveva detto alle infermiere che per via di motivi personali non poteva essere presente in qualunque momento così mi nominò ufficialmente sua tramite, dovevo mandargli dei messaggi se ci fossero state notizie o miglioramenti. Oggi dopo essere tornata da scuola, andai a trovarlo in ospedale. Era un lunedì molto caldo, speravo mi sentisse così passavo giornate a parlargli di tutto, dal cibo schifoso della mensa a Laura, una mia compagna di classe, che si era fidanzata con Jacopo. Aveva veramente tanti amici, tutti gli volevano bene. Erano venute in ospedale più ragazze di tre squadre di pallavolo ma non mi dava fastidio visto che non conoscevano neanche che fiori preferiva: le camelie. Ogni giorno passavo dal fioraio prima dell'ospedale per prendergliene una e metterla vicino alle altre che continuavo a comprare, ormai avevo fatto amicizia con tutti, con l'infermiera del turno di notte che portava il cuscino più morbido a Tyler. Il medico sostituto per il giorno invece aveva previsto uno speciale richiamo per quando si fosse risvegliato il mio paziente preferito, Cora per fortuna non mi fece domande ma ogni volta che mi vedeva in ospedale mi lasciava più del tempo possibile insieme al mio amico...che parola esagerata. Avevamo litigato, per colpa mia. Lui si era fatto sparare per salvare tutte quelle persone e aveva fatto mettere in carcere quel pericoloso omicida, non lo aveva ucciso ma sull'ambulanza aveva chiesto pietà perché era solo un uomo accecato dalla sconfitta come alcune volte lo era stato lui. La guardia all'ingresso mi salutò e io ricambiai con un cenno di capo, arrivata nella hall salutai tutte le lavoratrici intente a sostenere o a salvare vite. Feci rampe e rampe di scale visto che mi dispiaceva usare l'ascensore quando altre persone con più problemi o con familiari in condizioni gravi di me doveva aspettare le interminabili attese tra un piano e l'altro. Nella sua stanza c'era un profumo di vaniglia e biscotti, indizio che delle donne erano state lì prima di me e che avevano portato dei dolciumi fatti in casa. Sua madre non si faceva vedere
"Che stronza" pensai e intanto aggiustai le mille composizioni floreali che era sparse per le mensole o i ripiani.
"Jill come va la situazione?" Buttai la borsa sulla poltrona più scomoda al mondo, per le prime tre notti avevo dormito lì, per sostenere il ragazzo ormai guarito dalle ferite superficiali...allora perché non riprendeva i sensi e mi salutava?
"Meglio tesoro, tu? Ti sei riposata?" Non chiudevo occhio la notte per la paura di non riuscire a rispondere a qualche chiamata della clinica che mi annunciava l'unica notizia che volevo sentire, a scuola andava bene...diciamo. Il mio telefono era stato preso da quella stronza di letteratura inglese ma appena mi tolse quella scatolina argentata dalle mani iniziai ad elencarle i miei diritti e i fatti che sostenevano la mia innocenza: se non utilizzavo il cellulare lo potevo tenere acceso, se mi chiamavano dall'ospedale potevo risponde, bastava che non chiamassi io o non provassi a fare altre cose all'infuori di quelle. Come avrete capito l'ora scolastica che mi piaceva di più era diritto, prendevo bei voti e mi sentivo felice quando facevamo delle simulazioni di sentenze, che vincevo sempre. Scossi la testa rispondendo alla domanda dell'infermiera, che oltre ad essere una donna sulla cinquantina, si era presa cura di me tutto questo tempo.
"Da quanto state insieme?" Chiese lei questa volta indiscretamente
"Non siamo fidanzati, siamo amici" dissi io titubante, tutte le emozioni che provavo, tutte le battute di lui a cui avevo riso e tutte le gare in cui lui mi verrà a vedere.
"Stareste bene insieme" disse lei distrattamente mentre controllava i valori di Tyler, aveva gli occhi chiusi come se stesse dormendo e poi aveva i capelli più lungo che penzolavano da un lato, non aveva il piercing perché nella caduta aveva procurato alcuni graffi e così i medici hanno preferito toglierlo anche senza però era sempre sexy. Arrossì e mi nascosi tra le ginocchia
"Quindi a te piace?" Cercò di continuare la donna ma io ero diventata stranamente timida
"Forse ma lui non è quel tipo di ragazzo a cui piacciono le relazioni" dissi io vagamente, non volevo dire che era un puttaniere in sua presenza, lei ci lasciò soli e così iniziai a parlare
"Allora...oggi a scuola è stato più brutto del solito, oltre all'ora di diritto, in cui ho preso A per la mia eccellente esposizione del reato, le altre lezioni hanno fatto veramente schifo. Poi tutte le ragazze che scoppiano a piangere davanti al tuo armadietto ceh, dio mio gli hai dato solo il cazzo mica un anello e una casa" dopo un po' iniziai a pettinargli i capelli scomposti cantando.
"Che bella voce!" Disse Morgan, era il famoso inventore nonché padre di quel cretino disteso
"Mi ha spaventata" dissi io guardandolo negli occhi, nessuno veniva in quelle ore e lui non si era più visto da circa una settimana
"Sai ora capisco perché piaci tanto a mio figlio...il modo freddo di sostenere una conversazione è uguale al suo." Rise di nuovo e sembrava un po' disorientato, era appoggiato allo stipite della porta e non si muoveva.
"Suo figlio ha davvero un cuore grande!" Ribattei io, che coglione...forse tutti i padri alla fine sottovalutano i propri figli.
"Lo so, solo che non lo riesco a dimostrare. Sua madre ci ha lasciati quando lui aveva appena cinque anni e fu difficile per me..." Si appoggiò alla parete e continuò il discorso. "Lei era così bella e così libera, ci siamo conosciuti ad un bar, lei faceva la cameriera in una piccola baita sopra la collinetta difronte lo Skyline." Ricordai il primo giorno che io e Tyler eravamo andati a colazione, quella piccola casetta poteva essere un posto importante per lui e io per dei capricci l'ho allontanato da quel ricordo.
"Era come Tyler, determinata e semplice, ciò che io non sono mai stato. Ha lasciato questa città per le troppe responsabilità, ogni giorno mi chiedo il perché di questa fuga e poi ricordo che sono io, i miei continui fallimenti hanno portato per un periodo di tempo in bancarotta la famiglia. Non ero abituato alla sua lontananza così sono andato a fondo con il lavoro per poi riuscire a sbocciare e rendere una mia passione, un'attività anche ben pagata" sembrava un complimento a se stesso, comunque tralasciando l'ammirazione verso l'uomo davanti a me, ripensai a cosa aveva detto. Sua moglie era scappata dai fallimenti lasciando il figlio e andandosene...che codarda pensai a tutti ciò che neanche Tyler aveva vissuto.
"Aveva un soprannome per tutti, il mio era Grigio, perché diceva che il cielo quando ero arrabbiato prendeva le sfumature di quel colore. Non dava più di un soprannome alle persone, anche se le vedeva una volta e basta trovava sempre una caratteristica che la colpiva. L'unica eccezione era proprio il suo piccino, lo chiamava con mille diversi nomignoli ad esempio: dinosaurino, magetto, gnometto e altri. Ma quello che preferiva era..." Si fermò a pensare, in quel momento sembrò Tyler tra venti anni "o scusami ma non ricordo proprio, non mi ricordo tanto ormai" disse con aria triste per poi guardare fuori dalla finestra.
"Tyler il mag-nifico" sussurrò qualcuno dietro di noi, con un colpo al cuore mi girai e fui investita da un senso di gioia mai provato prima, ecco lì che con un sguardo nel nulla e un sorriso storto cercava di ambientarsi nella stanza bianca e illuminata
"Dove cazzo mi trovo?"
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Eccomi, spero vi piaccia!
Volevo dirvi che Charlotte ha 18 anni e se ho scritto diversamente nel testo mi sono sbagliata sorry

My beautiful disaster.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora